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Diritto Penale

VIZIO PARZIALE MENTE - CIRCOSTANZE - Corte Cost., 24 aprile 2020, n. 73.

MASSIMA “Nonostante il carattere facoltativo dell’aggravante”, il divieto di prevalenza ex art. 69, comma 4 c.p. “non può essere ritenuto compatibile con l’esigenza, di rango costituzionale, di determinazione di una pena proporzionata e calibrata sull’effettiva personalità del reo, esigenza che deve essere considerata espressiva – con le parole della sentenza n. 251 del 2012 – di precisi «equilibri costituzionalmente imposti sulla strutturazione della responsabilità penale».”

IL CASO La pronuncia in esame trae origine da un’ordinanza di rimessione del Tribunale ordinario di Reggio Calabria, chiamato a pronunciarsi in merito alla responsabilità penale di due soggetti, imputati in concorso del reato di furto pluriaggravato. Nel caso di specie, ad entrambi gli imputati è stata contestata la recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale, risultando gli stessi già attinti da diversi precedenti penali per reati contro il patrimonio. A seguito di perizia psichiatrica disposta dal Giudice di prime cure, entrambi i soggetti sono risultati affetti da patologie mentali tale da ridurre sensibilmente, senza escluderla, la loro capacità di intendere e volere. Riscontrata la necessità di bilanciare le suddette circostanze di reato, il Tribunale di Reggio Calabria solleva, in riferimento agli artt. 3, 27, comma primo e terzo, e 32 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 69, comma 4, c.p. “nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante del vizio parziale di mente di cui all’art. 89 cod. pen. sulla circostanza aggravante della recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen.”. LA QUESTIONE La commissione di una serie di reati della stessa indole in un arco di tempo circoscritto è indice sintomatico dell’elevata capacità a delinquere dell’imputato e della sua “peculiare insensibilità” nei confronti delle condanne precedentemente riportate. In tale prospettiva, il riconoscimento dell’infermità parziale in capo ai due imputati non è sufficiente a escludere l’applicabilità della recidiva contestata. Ad avviso del rimettente, infatti, l’esclusione della circostanza aggravante della recidiva, a causa della ridotta capacità di intendere e volere degli agenti, comporterebbe una rinuncia ad adeguare l’addebito penale all’effettiva gravità oggettiva del fatto. A riprova di quanto sostenuto, il Tribunale di Reggio Calabria osserva che la patologia mentale che riduca solo parzialmente la capacità di intendere e volere del soggetto infermo attiene non soltanto all’elemento dell’imputabilità, ma anche alla colpevolezza del reato. Se non si tenesse conto della duplice rilevanza che il vizio parziale di mente assume nella struttura del reato, non si coglierebbe alcuna differenza, in termini di colpevolezza e quantificazione della pena, tra il soggetto incensurato affetto da una malattia mentale e il soggetto recidivo affetto dalla medesima patologia. Ai fini della corretta determinazione del trattamento sanzionatorio da applicare ai due imputati bisogna, dunque, tener necessariamente conto di ambedue le suddette circostanze di reato. L’impossibilità di procedere all’operazione di bilanciamento, stante il divieto fissato dall’art. 69, comma 4, c.p., non consente di graduare il trattamento sanzionatorio al grado di responsabilità personale dei suoi autori, traducendosi in una violazione dei principi di ragionevolezza e individualizzazione della pena nonché del principio della finalità rieducativa della stessa.

LA SOLUZIONE Come più volte chiarito dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità, il divieto di prevalenza della circostanza attenuante sulla recidiva ex art. 99, comma 4, c.p. si giustifica in considerazione della pericolosità sociale del soggetto attivo del reato e del suo maggior grado di colpevolezza, insito nella scelta di violare nuovamente la legge penale nonostante le precedenti sanzioni. La maggiore rimproverabilità del recidivo non può essere desunta in via generale ma deve essere ampiamente motivata dal Giudice che ritiene di dover applicare la circostanza aggravante in discussione. Nella fattispecie in esame, il rimettente si sofferma ampiamente sulle ragioni da cui si desume che gli imputati, nonostante il vizio parziale di mente, abbiano consapevolmente deciso di violare ancora una volta la legge penale, dimostrandosi insensibili agli ammonimenti già ricevuti. Tanto premesso, ritenuta non manifestamente infondata la questione d’illegittimità dell’art. 69, comma 4, c.p., la Corte Costituzionale muove dall’assunto che le deroghe al regime ordinario di bilanciamento rientrano nell’ambito delle scelte discrezionali del Legislatore. Tali scelte non sono sindacabili salvo che le stesse risultino irragionevoli e arbitrarie. Il principio di proporzionalità della pena, il quale trova fondamento negli artt. 3 e 27, comma terzo, Cost. esprime una funzione di garanzia richiedendo che la risposta sanzionatoria sia rapportata e adeguata al disvalore sociale del fatto di reato e alla rimproverabilità soggettiva dell’agente. Nel caso di specie, nonostante il carattere facoltativo dell’aggravante della recidiva, il divieto sancito dall’art. 69, comma 4 c.p. non consente al Giudice di assicurare una risposta sanzionatoria individualizzata e calibrata sulla personalità del reo. Tale impossibilità, come opportunamente evidenziato dal rimettente, comporta un’indebita parificazione tra situazioni che richiederebbero trattamenti differenziati, tenuto conto della diversa personalità del reo, delle eventuali patologie da cui risultano affetti e dalla pregressa commissione di reati della stessa specie. In questa prospettiva, il divieto stabilito dall’art. 69, comma 4, c.p. risulta irragionevole e si pone in contrastato con gli artt. 3 e 27, comma 1 e 3, Cost. La sopra riportata conclusione non è osteggiata dalla natura di “circostanza ad effetto comune” dell’attenuante prevista dall’art. 89 c.p. La riduzione della pena fino ad un terzo non si traduce necessariamente in un sacrificio delle istanze di tutela della collettività in relazione ad un fatto compiuto da un soggetto recidivo reiterato. A tal proposito, la Corte evidenzia che il diritto vigente consente di applicare la misura di sicurezza nei riguardi dell’infermo che abbia beneficiato, in ragione della sua condizione psichica, di una diminuzione di pena. L’applicazione sinergica della misura di sicurezza e della sanzione penale, ancorché ridotta ex art. 89 c.p., consente di applicare una pena proporzionata alla condizione soggettiva dell’agente e di garantire, al contempo, un efficace contenimento del soggetto dimostratosi socialmente pericoloso e incline alla commissione di reati. Alla luce delle suesposte considerazioni e argomentazioni, la Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, comma 4, c.p. nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 89 c.p. sulla circostanza dell’aggravante della recidiva di cui all’art. 99, comma 4, c.p.

Segnalazione a cura di Vincenzo Minunno


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