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Diritto Penale

TRUFFA CONTRATTUALE - Cass. Pen., Sez. II, sentenza 12 marzo 2020, numero 9938

Nella pronuncia in esame, i Giudici di Cassazione tornano a fare il punto sulle condotte idonee ad integrare il delitto di cui all'art. 640 c.p., rimarcando l'assunto a norma del quale, in materia di truffa c.d. contrattuale, l'esecuzione di un'obbligazione con modalità differenti da quelle inizialmente pattuite è indice rilevatore del dolo iniziale fraudolento.

MASSIMA “In materia di truffa contrattuale, il mancato rispetto da parte di uno dei contraenti delle modalità di esecuzione del contratto inizialmente concordate con l'altra parte, con condotte artificiose idonee a generare un danno con correlativo ingiusto profitto, integra l'elemento degli artifici e raggiri richiesti per la sussistenza del reato di cui all'art. 640 c.p.". IL CASO Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Perugia proponeva ricorso avverso la sentenza con la quale il Tribunale della medesima città, in composizione monocratica, aveva assolto S.C. dal reato di cui all'art. 640 c.p., attesa l'insussistenza del fatto contestatole. La vicenda processuale traeva origine dalla denuncia persona offesa che, a seguito di una breve trattativa, si era accordata con la S. per la conclusione di un acquisto online. Tuttavia, ricevuto il versamento del corrispettivo pattuito, l'imputata non provvedeva ad inviare la merce all'acquirente, sottraendosi, altresì, ai tentativi di costui di contattarla. Sosteneva il P.G. ricorrente che la S., contrariamente a quanto deciso in sentenza, non avrebbe posto in essere un mero inadempimento contrattuale di natura civilistica. Invero, attraverso la gestione della vendita ad un prezzo più basso rispetto a quello inizialmente offerto, e rendendosi irreperibile dopo l'accredito del prezzo (provvedendo, inoltre, al blocco dell'account Facebook dell'acquirente), avrebbe manifestamente palesato la propria mala fede. A ciò aggiungeva che la venditrice aveva posto in essere la descritta condotta truffaldina a mezzo internet e, pertanto, in circostanze tali da aggravare il delitto.

LA QUESTIONE La Suprema Corte, dunque, accogliendo le doglianze del Procuratore ricorrente, coglie l'occasione per delineare il confine oltre il quale il mero inadempimento contrattuale può assumere rilevanza penale. In particolare, spiega il Collegio, l'elemento che imprime al fatto dell'inadempienza il carattere di reato è costituito dal dolo iniziale che, influendo sulla volontà negoziale di uno dei due contraenti - determinandolo alla stipulazione del contratto in virtù di artifici e raggiri e, quindi, falsandone il processo volitivo - rivela nel contratto la sua intima natura di finalità ingannatoria. In tale prospettiva, pertanto, anche il prezzo ribassato richiesto dalla S. può integrare un artificio volto a trarre in inganno l'altro contraente, soprattutto o ve si consideri che, nel caso di specie, la venditrice, dopo aver ricevuto il versamento del prezzo, ha disattivato l'utenza telefonica e bloccato l'account Facebook dell'acquirente, rendendosi, di tal guisa, non rintracciabile. Siffatti elementi, sebbene, di per sé, possono non aver inciso sulla volontà contrattuale della persona offesa, devono essere comunque valutati quali indici rilevatori della sussistenza del dolo iniziale della condotta tipica del delitto di truffa contrattuale, da ravvisarsi nella volontà di non adempiere alle modalità di esecuzione del contratto sin dal momento dell'offerta pubblicata sul web.

LA SOLUZIONE Orbene, muovendo dalle su estese motivazioni, la Corte di Cassazione annulla la sentenza gravata con rinvio per il giudizio davanti alla Corte d'appello di Perugia. Segnalazione a cura di Nicola Pastoressa





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