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Diritto Penale

TRUFFA CONTRATTUALE - Cass. Pen., Sez. II, 1 SETTEMBRE 2019, n. 3790

MASSIMA In tema di truffa contrattuale il reato è configurabile non solo nella fase di conclusione del contratto, ma anche in quella dell’esecuzione quando una delle parti, nel contesto di un rapporto lecito, induca in errore l’altra parte con artifizi e raggiri, conseguendo un ingiusto profitto con altrui danno.


IL CASO La Corte d’Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano, conferma in capo all’imputato la condanna per il reato di cui all’art.640 c.p., il quale si era fatto consegnare da C.G. e D.S. una somma quale acconto per la locazione di una villa, poi non consegnata nel termine pattuito. L’imputato ricorre in Cassazione e tra i motivi addotti viene eccepito il vizio di motivazione, non sussistendo gli artifici e raggiri in grado di indurre in errore le persone offese al momento della stipula del contratto, dunque la carenza di dolo da parte dello stesso e l’irrilevanza penale del fatto.


LA QUESTIONE Nel caso di specie la Corte di legittimità fa chiarezza sulla configurazione del reato di truffa contrattuale, in particolare sul momento in cui intervengono gli artifici e raggiri nel rapporto negoziale. L’art.640 c.p. stabilisce che commette il reato di truffa colui il quale, con artifizi e raggiri, induce taluno in errore, procurando a sé o ad altri un profitto ingiusto, con altrui danno. Dunque l’inadempimento può costituire reato ove si connoti dei su esposti elementi. In particolare si è sempre ritenuto che il mancato assolvimento dell’obbligo negoziale costituisca illecito ove accompagnato dal dolo iniziale, o meglio da una condotta che ha inciso sulla volontà dell’altro contraente, inducendolo alla stipula dell’accordo, condotta accompagnata da artifici e raggiri. La questione che nel caso de quo viene in rilievo è se la truffa sia configurabile anche in un momento successivo alla conclusione del contratto.


LA SOLUZIONE La Corte ritiene il ricorso dell’imputato infondato. In primo luogo i giudici di legittimità sottolineano come nel caso di specie non si tratti di un contratto ad esecuzione immediata, in quanto la consegna dell’immobile sarebbe dovuta avvenire in un momento successivo, rispetto al versamento dell’acconto da parte delle persone offese. Pertanto la condotta posta in essere durante l’esecuzione del contratto da una delle parti contraenti, può assumere rilievo penalistico, dunque costituire reato. Richiamando precedente giurisprudenza, la Corte evidenzia che la truffa contrattuale non si configura solo al momento della stipula del contratto, ma anche nella fase di esecuzione dello stesso nel caso in cui, una delle parti, all’interno di un rapporto lecito, induca l’altra in errore attraverso artifici e raggiri, e ritraendone un ingiusto profitto con danno altrui. Dunque il fatto che il soggetto agente non rispetti quanto pattuito rispetto alle modalità esecutive dell’accordo, e la presenza di artifizi e raggiri idonei ad indurre in errore l’altro contraente, consente di ritenere sussistente il reato di truffa contrattuale ex art. 640 c.p. In secondo luogo i giudici di legittimità precisano che in ogni caso l’elemento che deve sussistere è il dolo iniziale, o meglio, la volontà ingannatoria del soggetto agente, tale da incidere sul processo volitivo dell’altra parte negoziale inducendola a contrarre. La Corte ritiene infine che tutti i su menzionati elementi caratterizzino il caso di specie: l’imputato ha dapprima indotto le persone offese a contrarre ed a versare una somma in acconto, senza poi adempiere agli impegni assunti, non consegnando l’immobile. In particolare la condotta dell’imputato è da ritenersi dolosa in quanto lo stesso, nel caso de quo, ha approfittato delle relazioni amicali con le parti offese, ha inviato messaggi amicali rassicuranti alle stesse, inviato gli estremi di un bonifico, poi di fatto revocato e manifestato in seguito un comportamento sfuggente, nel momento in cui doveva essere portato ad esecuzione il contratto. Pertanto la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Segnalazione a cura di Erika Violante





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