LA MASSIMA
“La configurabilità del meno grave reato di cui all'art. 73 comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990 non è preclusa dall'attuazione della condotta in pieno periodo di restrizione della circolazione dovuta all'emergenza sanitaria Covid-19, posto che gli indici che il giudice è chiamato a valutare si palesano in maniera oggettiva, e devono essere esaminati esclusivamente alla luce dei parametri stabiliti dall' art. 73 comma 5, non essendo pertanto suscettibili di diversa valutazione solo perché l'attività illecita si svolga in periodo di emergenza sanitaria.”
IL CASO
Il Tribunale di Torino ha condannato il ricorrente per il reato di detenzione, a fini di cessione, di sostanze stupefacenti e in particolare di cocaina ed eroina suddivise in numerosi (118) involucri termosaldati per un peso complessivo pari a circa 27 grammi, esclusa la ricorrenza della meno grave ipotesi di reato di cui al comma 5 dello art. 73 stesso decreto.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’imputato il quale con un unico motivo deduce erronea applicazione della legge penale in relazione alla mancata applicazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 e vizi di motivazione sul punto, sostenendo che il dato ponderale esaminato non è di per sè incompatibile con l'ipotesi del piccolo spaccio e cita a sostegno le pronunce che hanno affermato la compatibilità anche in caso di dosi conteggiate a decine; del pari non incompatibile con l'ipotesi del piccolo spaccio è la circostanza della eterogeneità delle sostanze psicotrope detenute; irrilevante, infine, è da ritenere l'attuazione della condotta in pieno periodo di restrizione della circolazione dovuta all'emergenza sanitaria Covid-19.
LA QUESTIONE
La Corte di Cassazione è stata chiamata a stabilire se è legittima la decisione secondo cui va negata la configurabilità dell’ipotesi di lieve entità del delitto ex art. 73 cit. per aver l’imputato attuato la condotta in pieno periodo di restrizione della circolazione dovuta all'emergenza sanitaria Covid-19.
LA SOLUZIONE
La Corte di Cassazione ha reputato che l’aver individuato come elemento ostativo alla configurabilità del fatto di minore gravità l’aver il soggetto spacciato durante il c.d. lockdown, è un errore di diritto.
Infatti, i provvedimenti normativi emanati dal Governo, e convertiti in legge dal Parlamento a causa dell'attuale emergenza sanitaria da Covid-19, hanno stabilito sanzioni amministrative ed anche penali in caso di violazione delle misure di contenimento sociale e di comportamento individuale dettate per limitare la diffusione del contagio (art. 650, c.p., espressamente richiamato dall'art. 3, comma 4, d.l. n. 6 del 23 febbraio 2020, conv. in l. n. 13 del 5 marzo 2020; art. 260, r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, T.U. leggi sanitarie, richiamato dall'art. 4 del d.l. n. 19 del 25 marzo 2020, conv. in l. n. 35 del 22 maggio 2020) e deve ritenersi che tali previsioni esauriscano il quadro della risposta sanzionatoria dell'ordinamento in sinergia con le previsioni generali codicistiche in tema di epidemia dolosa (art. 438, c.p.) e colposa (art. 452, c.p.).
Non è stata, invece, prevista alcuna forma di aggravamento in caso di commissione di altri reati al tempo del confinamento e/o delle restrizioni comportamentali e, di conseguenza, non è possibile attribuire a tale specifica evenienza rilevanza penale diversa da quella ivi stabilita.
In conclusione, gli indici da prendere in considerazione da parte del giudice per verificare se si versi nel fatto di lieve entità o meno, si palesano in maniera oggettiva e vanno valutati esclusivamente alla luce dei parametri stabiliti dall'art. 73, comma 5, d.P.R. citato e non sono, pertanto, suscettibili di diversa valutazione solo perché l'attività illecita si svolga in periodo di emergenza sanitaria.
Segnalazione a cura di Maria Isotta Fermani
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