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Diritto Penale

STUPEFACENTI - COLTIVAZIONE - USO PERSONALE - Cass. Sez. III, 11 gennaio 2021, n. 644

LA MASSIMA

“Può farsi questione di uso personale del prodotto della coltivazione solo laddove, anche in osservanza di quanto statuito a suo tempo da Sez. U., n. 28605 del 24/04/2008, Di Salvia, Rv. 239920, ciò discenda dalla possibilità di escludere in realtà la stessa condotta di coltivazione, la cui tipicità difetterebbe in presenza di indici, rappresentati dalle tecniche rudimentali e da uno scarso numero di piante, che denotino la natura “domestica” della condotta”.


IL CASO

L’imputato era stato ritenuto responsabile dei reati di coltivazione di quattro piante di marijuana e di detenzione di inflorescenze di marijuana, di sostanza essiccata tipo marijuana e hashish ai sensi del D.P.R. 309/1990, art. 73 comma 4. Successivamente alla decisione della Corte d’Appello che ne confermava la responsabilità penale, seppur rideterminando la pena inflitta in misura inferiore, l’imputato proponeva ricorso.

Le motivazioni erano incentrate sulla ritenuta erronea applicazione della legge penale quanto all’offensività della condotta e sulla mancata qualificazione della condotta alla stregua di coltivazione domestica ad uso personale. Infine, veniva altresì sostenuto che vi fosse stato un travisamento della prova, in quanto a fondamento della decisione era stata posta la circostanza che il ricorrente avrebbe utilizzato una serra con lampade UV ed un impianto di riscaldamento per coltivare la marijuana nonostante, secondo il ricorrente, non fossero state rinvenute piante di marijuana all’interno della suddetta serra.


LA QUESTIONE

La questione giuridica proposta dal ricorrente attiene alla qualificazione della condotta dell’imputato quale coltivazione di stupefacenti destinata ad uso esclusivamente personale.

Infatti, il ricorrente sostiene come la Corte sia incorsa in un errore nell’applicazione della legge penale, in relazione alla ritenuta offensività della condotta adducendo altresì la mancata qualificazione della condotta dell’imputato quale coltivazione domestica ai fini di uso personale.

Infine, viene sostenuto che vi sia stato un travisamento della prova, in quanto la Corte di merito avrebbe posto a fondamento della sua decisione la circostanza del rinvenimento di una serra con lampade UV ed impianto di riscaldamento per la coltivazione. Il ricorrente evidenzia come tale serra fosse, invece, destinata a svolgere attività di giardinaggio.

Ebbene, occorre rilevare come tra i più significativi orientamenti giurisprudenziali in materia vi siano state due pronunzie della Suprema Corte che hanno effettuato l’analisi della condotta in oggetto ponendo l’accento l’una sul principio di offensività e l’altra sulla tipicità della condotta.

Le Sezioni Unite n. 28605/2008, Di Salvia, hanno statuito che ai fini della punibilità del reato di coltivazione necessiti la verifica, ad opera del giudice, della concreta offensività della condotta ovvero dell’idoneità della sostanza, in termini di pericolo, a produrre un effetto drogante. Secondo tale orientamento sarebbe possibile escludere la punibilità di condotte di coltivazione che, per la loro modestissima entità, sarebbero prive di una carica offensiva tale da ledere o mettere in pericolo il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice.

Per converso, il recentissimo orientamento introdotto dalle Sezioni Unite n. 12348/2020, Caruso, pone l’accento sulla carenza di tipicità, affermando che devono essere ritenute escluse dall’ambito di applicazione della norma penale tutte quelle condotte di coltivazione connotate dall’utilizzo di tecniche rudimentali, da modestissima quantità di prodotto ricavabile dalla coltivazione e dalla mancanza di indici di un loro inserimento nel mercato degli stupefacenti e che, per queste ragioni, appaiono dunque destinate unicamente all’uso personale del coltivatore.

Sulla base di questo orientamento è quindi possibile affermare che, in presenza dei requisiti di cui sopra, la condotta di coltivazione non integrerà la fattispecie criminosa di cui all’art. 73 D.P.R. 309/1990 per carenza di tipicità del fatto.


LA SOLUZIONE

La Corte ha dichiarato inammissibili i primi due motivi di ricorso affermando, anche attraverso il richiamo alla sopra citata sentenza Caruso, che non integra il reato di coltivazione di stupefacenti, per mancanza di tipicità, una condotta di coltivazione che, in assenza di significativi indici di un inserimento nel mercato illegale, denoti un nesso di immediatezza oggettiva con la destinazione esclusiva all’uso personale, in quanto svolta in forma domestica attraverso tecniche rudimentali ed uno scarso numero di piante da cui sarebbe ricavabile un esiguo quantitativo di prodotto.

Dunque, secondo tale impostazione, può farsi questione di uso personale del prodotto della coltivazione solo laddove, anche in osservanza di quanto statuito dalle Sez. U. Di Salvia già citate, ciò discenda dalla possibilità di escludere la stessa condotta di coltivazione, la cui tipicità difetterebbe in presenza di indici, rappresentati dalle tecniche rudimentali e da uno scarso numero di piante che denotino la natura “domestica” della condotta.

Ebbene, nel caso di specie, la Corte evidenzia come non sia possibile ritenere che la condotta di coltivazione sia connotata da una tecnica rudimentale, ponendo l’accento sul rinvenimento, nell’abitazione dell’imputato, di una serra per coltivazione, con specifico impianto di aereazione, lampade UV e idoneo riscaldamento.

La Corte dichiara inammissibile anche il terzo motivo di ricorso asserendo che i giudici di merito non abbiano in alcun modo affermato la presenza delle piante di marijuana all’interno della serra bensì abbiano valorizzato la presenza della serra stessa al fine di evidenziare come la condotta di coltivazione difettasse del carattere della rudimentalità. A sostegno di questo suesposto, la Corte evidenzia, infine, che le dosi ricavabili dalle piante rinvenute nell’abitazione dell’imputato sono corrispondenti a 271, circostanza indicativa di per sé dell’impossibilità di una qualificazione della condotta dell’imputato alla stregua di coltivazione ad uso personale.


Segnalazione a cura di Consuelo Ciarlantini



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