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Diritto Penale

SPECIALE TENUITÀ - STUPEFACENTI - Cass. Sez. Un., 2 settembre 2020, n. 24990

LA MASSIMA

"La circostanza attenuante del lucro e dell’evento di speciale tenuità è applicabile, indipendentemente dalla natura giuridica del bene oggetto di tutela, ad ogni tipo di delitto commesso per un motivo di lucro, compresi i delitti in materia di stupefacenti, ed è compatibile con la fattispecie di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990".


IL CASO

Ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 73, co. 5, d.P.R. n. 309/90, in riferimento alla cessione di 2,2 grammi di hashish per il corrispettivo di 10 Euro, l’imputato ricorreva in Cassazione lamentando il mancato riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62, n. 4, c.p. La Sez. IV, cui il ricorso veniva assegnato, ne rimetteva la trattazione alle Sezioni Unite, rilevando l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale in merito alla applicabilità della circostanza attenuante del conseguimento del lucro di speciale tenuità al reato di cessione di sostanze stupefacenti e alla compatibilità di detta attenuante con l'autonoma fattispecie del fatto di lieve entità prevista dall'art. 73, co. 5, d.P.R. n. 309/90.


LA QUESTIONE

La questione prospettata nell'ordinanza di rimessione si compone di due nuclei problematici, collegati tra loro:

1) il primo attiene alla applicabilità della circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 4, c.p. ai reati in materia di stupefacenti;

2) il secondo – e consequenziale – riguarda la compatibilità dell'attenuante in parola con l'autonoma fattispecie "di lieve entità", prevista dall'art. 73, co. 5, d.P.R. n. 309/90.

Rispetto al primo profilo della questione: un più risalente orientamento giurisprudenziale negava l’applicabilità della circostanza attenuante del conseguimento di un lucro di speciale tenuità ai reati in materia di stupefacenti. Tale lettura si basava su un duplice ordine di considerazioni. In particolare, si riteneva che nonostante il generico riferimento operato dall'art. 62, n. 4, c.p. ai "delitti determinati da motivi di lucro", l'evento dannoso o pericoloso di speciale tenuità dovesse sempre essere riferito ai soli fatti di reato offensivi del patrimonio, nei quali non rientrano i reati in materia di sostanze stupefacenti. Inoltre, anche volendo ammettere l'astratta riferibilità dell'art. 62, n. 4, c.p. a reati diversi da quelli contro il patrimonio ma determinati da motivi di lucro, l'applicabilità dell'attenuante ai reati in materia di stupefacenti rimarrebbe preclusa per l'impossibilità di configurare un evento dannoso di speciale tenuità là dove i beni tutelati siano di rango costituzionale (così come quelli della salute pubblica, della salvaguardia del sociale, della sicurezza e dell'ordine pubblico tutelati dalla disciplina in materia di stupefacenti).

Con riferimento al secondo profilo della questione: si affermava l’incompatibilità della circostanza attenuante comune in esame con l'autonoma fattispecie di reato prevista dal V comma dell'art. 73, d.P.R. n. 309/90 sulla base del fatto che, al ricorrere della fattispecie di "lieve entità", la concessione dell'attenuante del lucro e dell’evento di speciale tenuità determinerebbe una duplice valutazione degli stessi elementi e una conseguente indebita duplicazione dei benefici sanzionatori.


Alla luce di una diversa lettura delle norme in menzione, un orientamento più recente, di segno opposto, afferma la configurabilità dell'attenuante di cui all’art. 62, n. 4, c.p. in relazione ad ogni tipo di delitto purché commesso per motivi di lucro, a prescindere dalla natura dell'offesa prodotta e dal bene protetto dalla norma incriminatrice violata. Ritenere ex lege presuntivamente esclusa tale attenuante per alcune categorie di fattispecie criminose considerandola circoscritta ai soli reati offensivi del patrimonio sarebbe – infatti – contrario al chiaro tenore letterale della disposizione che, a seguito della modifica introdotta con l. n. 19 del 7 febbraio 1990, non opera più alcuna distinzione fra categorie di reati in base al bene giuridico protetto.

Avverso l’argomento negativo basato sulla paventata impossibilità di configurare un evento dannoso di speciale tenuità in materia di stupefacenti, tale diverso orientamento evidenzia come con l'introduzione del co. 5 dell'art. 73, d.P.R. n. 309/90 lo stesso legislatore abbia ritenuto possibile qualificare in termini di "lieve entità" anche i reati in questione nonostante il rango costituzionale dei beni protetti, rendendo – inoltre – astrattamente applicabile all’ipotesi di lieve entità la generale causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131 bis c.p.

Infine, relativamente alla compatibilità della fattispecie di lieve entità con la circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4 c.p., l’orientamento in parola ritiene non condivisibile l'argomento della ingiusta duplicazione di benefici sanzionatori. La trasformazione dell'attenuante speciale originariamente prevista all'art. 73, co. 5, d.P.R. n. 309/90 in ipotesi di reato autonomo (e come tale dotata di specifica cornice edittale), infatti, fa sì che l'attenuante comune in esame sia destinata ad incidere sull'ordinario trattamento punitivo riservato a quelle condotte senza che si verifichi alcun cumulo di benefici sanzionatori tra loro concorrenti. Inoltre, mentre la valutazione della "lieve entità" del fatto ai sensi del menzionato art. 73, co. 5 è relativa alla condotta (avuto riguardo ai mezzi, alla modalità e alle circostanze dell'azione) e all'oggetto materiale del reato (in relazione alla qualità e quantità delle sostanze), la verifica della "speciale tenuità" rilevante per il riconoscimento dell'attenuante di cui all’art. 62, n. 4 c.p. attiene ai motivi a delinquere (lucro perseguito), al profitto (lucro conseguito) e all'evento (dannoso o pericoloso) del reato.

A ciò deve aggiungersi – su un piano sistematico – che ove il legislatore ha voluto affermare l'incompatibilità di una specifica attenuante con la nuova fattispecie delittuosa lo ha fatto con espressa disposizione (es. art. 19, comma 5, d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448).


LA SOLUZIONE

Le Sezioni Unite – rilevando l’esistenza degli argomenti di ordine letterale, sistematico e teleologico sopra richiamati – ritengono condivisibile la soluzione prospettata dall'indirizzo giurisprudenziale più recente, secondo il quale la circostanza attenuante del conseguimento di un lucro di speciale tenuità di cui all'art. 62, n. 4, c.p. è applicabile ai reati in materia di stupefacenti in presenza di un evento dannoso o pericoloso connotato anch'esso da speciale tenuità, ed è compatibile con l'autonoma fattispecie del fatto di lieve entità, prevista dall'art. 73, co. 5, d.P.R. n. 309/90.

Tale soluzione – come evidenziato dalla Suprema Corte – appare del resto in linea con la ratio dell'evoluzione normativa, espressamente volta a dare consistenza ai principi costituzionali di proporzionalità e adeguatezza della pena in materia di stupefacenti ed emancipando il giudice, in tale ambito, da rigidi meccanismi di determinazione del trattamento sanzionatorio.


Segnalazione a cura di Benedetta Scarcella





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