MASSIMA
“È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della sospensione del corso della prescrizione, disposta dall’art. 83, comma 4, del d.l. 18 marzo 2020, in quanto la causa di sospensione è di applicazione generale, proporzionata e di durata temporanea, e la deroga al principio di irretroattività della legge penale sfavorevole, previsto dall’art. 25, comma 2, Cost., risulta giustificata dall’esigenza di tutelare il bene primario della salute, conseguente ad un fenomeno pandemico eccezionale e temporaneo, dovendosi realizzare un ragionevole bilanciamento tra diritti fondamentali, nessuno dei quali è assoluto e inderogabile”.
IL CASO:
Con sentenza del 29 maggio 2019 la Corte d’Appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Rimini, riduceva la pena ad anni sette di reclusione all’imputato per i reati di cui agli artt. 81 comma 2, 609 bis commi 1 e 2 n. 1 cod. pen.
In particolare, al reo veniva contestato di avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con cadenza di due o tre volte a settimana, costretto la persona offesa, quale portatrice di un’invalidità accertata pari al 100%, a subire e a compiere atti sessuali. Il giudice d’appello, inoltre, riteneva condivisibile la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove operata dal giudice di prime cure, confermando, altresì, l’attendibilità della persona offesa sulla base di prove evidenti, quali, ad esempio le video riprese acquisite agli atti. Per di più, lo stesso imputato (ventitré anni più anziano della persona offesa), aveva, nel corso dell’esame dibattimentale, ammesso i fatti che gli erano stati contestati dal 2006 in poi, dichiarando che erano conseguenti all’iniziativa della donna e giustificando gli stessi, in ragione di una relazione amorosa intessuta con la stessa. Avverso la predetta pronuncia presentava ricorso in cassazione l’imputato, adducendo diversi motivi: in particolare, con il quinto motivo di ricorso deduceva la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett b) c.p.p. in relazione all’art. 157 c.p., per aver il giudice d’appello omesso di dichiarare prescritti i reati commessi fino alla data del 29.11.2006, tenuto conto del termine di prescrizione del reato di violenza sessuale e della data di pronuncia della sentenza di appello in data 20.05.2019.
LA QUESTIONE:
Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione, in occasione del ricorso presentato dall’imputato, ha affrontato un’attuale e importante tematica riguardante una causa di sospensione del corso della prescrizione di nuovo conio, introdotta dall’art. 83 comma 4 L. n. 27/2020. Preliminarmente, il giudice adito, nel percorso motivazionale, si è interrogato, circa la legittimità costituzionale dell’art. 83 comma 4 cit., avendo previsto la sospensione dei termini di prescrizione per lo stesso periodo di sospensione dei termini processuali, in ragione dell’emergenza sanitaria. In particolare, i dubbi di legittimità costituzionale prospettati dalla Corte hanno riguardato il profilo della violazione del principio di irretroattività sfavorevole di cui all’art. 25 comma 2 Cost., essendo l’art. 83 comma 4 cit. norma sfavorevole per il reo; nello specifico, il profilo della violazione atteneva alla prevedibilità per l’imputato dei termini di prescrizione dei reati commessi e del relativo computo degli stessi. Al fine di dare una soluzione alla problematica de qua, il collegio ha provveduto ad un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma, rimarcando il preciso dovere del giudice a quo di ricercare una interpretazione adeguatrice di una norma della cui legittimità costituzionale si dubita. Il giudice, inoltre, ha evidenziato che l’esegesi della norma e la sua interpretazione deve fare i conti con la sua capacità adattativa, di fronte alla situazione di emergenza generatasi da un fatto estraneo all’ordinamento giuridico, con il principio di cui all’art. 25 comma 2 Cost.
Orbene, il Collegio, in risposta ai dubbi sollevati, ha, innanzitutto, precisato la non riconducibilità della sospensione della prescrizione di cui all’art. 83 comma 4 alla disciplina generale dettata dall’art. 159 c.p., ed, inoltre, ha ritenuto la norma in esame destinata ad essere applicata ai processi penali pendenti e, quindi, ad avere efficacia retroattiva, in quanto norma di carattere generale, proporzionata rispetto allo scopo e, soprattutto, temporanea perché legata alla situazione di carattere emergenziale.
LA SOLUZIONE:
La suprema Corte, dunque, ritenendo praticabile un’interpretazione costituzionalmente orientata e reputata la questione di legittimità costituzionale manifestamente infondata, ha affermato che: la sospensione della prescrizione prevista dall’art. 83, comma 4, del d.l. 18 marzo 2020 opera dalla data dell’udienza (ricadente nel periodo 9 marzo-11 maggio 2020), di cui è stato disposto il rinvio, fino all’11 maggio 2020, mentre, per i procedimenti la cui udienza era fissata nel periodo 12 maggio-30 giugno 2020 e rinviati a data successiva, la prescrizione rimane sospesa, ai sensi 83, comma 9, del d.l. 18 marzo 2020, dalla data dell’udienza fino al 30 giugno 2020.
Per l’effetto, la Corte ha annullato la sentenza impugnata limitatamente alle condotte commesse fino al 13 settembre 2007, per essere i reati estinti per intervenuta prescrizione, con rinvio in ordine alla rideterminazione della pena ad altra Sezione della Corte d’Appello di Bologna.
Segnalazione a cura di Maria Rita Siani
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