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Diritto Penale

SOMMINISTRAZIONE SOSTANZE VENEFICHE - LESIONI - Cass. IV Sez., 29 marzo 2021, n. 11734

LA MASSIMA

“La somministrazione di sostanza stupefacente ad un soggetto inconsapevole o non consenziente non è riconducibile nell'alveo di cui art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 ma nella fattispecie di cui all'art. 613 c.p. che punisce la condotta di colui il quale, mediante somministrazione di sostanze stupefacenti, pone una persona, senza il suo consenso, in stato d'incapacità d'intendere e di volere e che risulta assorbita, ex art. 84 c.p., nel reato di lesioni personali di cui all’art. 582 c.p., aggravate ex artt. 585 e 577 c.p. dall’uso di sostanza venefica.”


IL CASO


La Corte di appello territorialmente competente ha confermato la condanna dell’imputato per i reati di cui agli artt. 582, 585, 577, primo comma, n. 2, c.p., per aver cagionato una malattia guaribile in 4 giorni alla persona offesa, già affetta da altre patologie, somministrandogli sostanza stupefacente di tipo metadone, aggiunta al caffè, con l'aggravante di aver commesso il fatto con il mezzo di sostanze venefiche ed ex art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309, per aver somministrato alla suddetta persona offesa, senza l'autorizzazione prevista dalla legge, sostanza stupefacente.

Avverso tale statuizione veniva proposto ricorso per cassazione, a mezzo del quale, venivano dedotti, tra gli altri, i seguenti motivi: carenza di prove fondanti la condanna penale e violazione del principio dell'al di là del ragionevole dubbio; violazione dell'art. 131 bis c.p.; violazione dell'art. 163 c.p., essendo del tutto ingiustificata, a parere della difesa, la mancata concessione della sospensione condizionale; violazione dell'art. 175 c.p., per mancata concessione del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale; violazione dell'art. 62 bis c.p., non potendo fondarsi il diniego delle generiche sui precedenti penali non particolarmente gravi; 'eccessività della pena; inosservanza dell'art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, reato non configurabile, stante il difetto di consenso della persona offesa e l'assorbimento della condotta nell'aggravante di cui all'art. 577, primo comma, n. 2 c.p..; non corretta applicazione dell'art. 577, primo comma, n. 2 c.p., non potendo considerarsi il metadone sostanza venefica, trattandosi di un composto farmacologicamente attivo.


LA QUESTIONE

La problematica sottesa alla statuizione in esame che investe la Corte, attiene all’ascrivibilità della condotta di somministrazione di sostanza stupefacente ad un soggetto inconsapevole o non consenziente nel reato di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 o al suo assorbimento nella contestata aggravante di cui all'art. 577, primo comma, n. 2 c.p., nonché la corretta riconducibilità dello stupefacente impiegato, il metadone, nell’ambito delle sostanze venefiche.


LA SOLUZIONE


La Suprema Corte, dichiarando infondati la maggior parte dei motivi proposti, quanto alla censura avente ad oggetto la configurabilità dell'aggravante dell'uso del mezzo di sostanze venefiche, di cui all'art. 577, primo comma, n. 2, c.p., ha ritenuto del tutto congrua ed aderente al dato letterale ed al significato delle parole, l'impostazione dei giudici di merito, atteso che le sostanze venefiche sono tutte quelle che hanno effetti tossici sull'organismo umano o animale ed il metadone contiene principi che possono causare disturbi all'organismo.

Ha, altresì, osservato che l'art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 sanziona una pluralità di condotte tra loro alternative, più precisamente coltivare, produrre, fabbricare, estrarre, raffinare, vendere, offrire o mettere in vendita, cedere, distribuire, commerciare, trasportare, procurare ad altri, inviare, passare o spedire in transito, consegnare per qualunque scopo sostanze stupefacenti, importare, esportare, acquistare, ricevere a qualunque titolo o, comunque, illecitamente detenere, tutte strumentali alla circolazione ed al traffico delle sostanze stupefacenti, tra cui non risulta espressamente elencata la somministrazione di droga ad una persona non consenziente o addirittura inconsapevole.

Tale comportamento non può ritenersi coincidente, come sembra affermato nella sentenza impugnata, con l'offerta, che presuppone la manifestazione palese del prodotto al destinatario, o con la consegna, che richiede il coinvolgimento dell'accipiens nella ricezione del bene.

La somministrazione di sostanza stupefacente ad un soggetto inconsapevole o non consenziente non è, dunque, riconducibile all'art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, non potendo la sanzione penale essere estesa, in virtù del principio di legalità e, quindi di tassatività, espresso dall'art. 25, secondo comma, Cost. e 1 c.p., al di là delle condotte specificamente indicate nella disposizione penale o, comunque, con esse non coincidenti o ad esse non pienamente sovrapponibili.

Ad ulteriore conferma della mancata riconducibilità della condotta in esame all'art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 deve, inoltre, rilevarsi che è sanzionata da altra disposizione penale, cioè, dall'art. 613 c.p.. la condotta di colui che, mediante somministrazione di sostanze stupefacenti, pone una persona, senza il suo consenso, in stato d'incapacità d'intendere e di volere.

Nel caso di specie, la sostanza stupefacente è stata correttamente ricompresa nel più ampio genus delle sostanze venefiche, tossiche per l'organismo, sicché la sua somministrazione, integrando la modalità con cui si è procurata una lesione alla vittima, risulta configurata, per espressa previsione normativa, in virtù del combinato disposto degli artt. 585 e 577 c.p., come aggravante del reato di cui all'art. 582 c.p., in cui è assorbita ai sensi dell'art. 84 c.p.

In ragione del superiore assunto, nel dichiarare l’irrevocabile affermazione di responsabilità penale dell'imputato, è stato disposto l’annullamento della sentenza impugnata senza rinvio limitatamente alla condanna per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 e con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello territorialmente competente per la determinazione della pena relativamente al reato di cui agli artt. 582, 585, 577, primo comma, n. 2, c.p. che era stata quantificata, ai sensi dell'art. 81 c.p., come mero aumento rispetto alla pena applicata per la violazione più grave.


Segnalazione a cura di Marilena Sanfilippo


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