“Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione”.
CASO Il tribunale di sorveglianza, dovendo decidere sulla richiesta di affidamento in prova al servizio sociale, avanzata da soggetto detenuto per i reati di sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 del codice penale) e lesioni personali, solleva in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 “nella parte in cui non esclude dal novero dei reati ivi ricompresi quello di cui all’art. 630 c.p., allorché sia stata riconosciuta l’attenuante del fatto di lieve entità, ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale n° 68 del 23 marzo 2012”.
LA QUESTIONE Secondo il rimettente, l’articolo 4-bis comma 1 legge ord. penitenziario, si pone in contrasto con l’art. 3 Cost., nella parte in cui parifica irragionevolmente un condannato per sequestro di persona a scopo di estorsione di «lieve entità» al condannato «di ben superiore pericolosità pur nell’ambito dello stesso titolo di reato» Il riconoscimento dell’attenuante della lieve entità del fatto, oltre a determinare una diminuzione di pena, implica «logicamente una valutazione di minore pericolosità degli autori o almeno un’attenuazione della presunzione di pericolosità», tale da rendere ingiustificato un regime di maggior rigore anche in punto di esecuzione penale. Vi sarebbe altresì contrasto con l’art. 27 Cost., nella parte in cui preclude «al medesimo condannato» l’accesso alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, «impedendo anziché favorire quel progressivo reinserimento nella società» che realizza lo scopo rieducativo della pena, pur a fronte di un già intervenuto risarcimento del danno.
LA SOLUZIONE La corte Costituzionale osserva che nella prospettiva del rimettente a risultare in contrasto con i parametri costituzionali evocati è l’inclusione – tra i delitti cosiddetti ostativi all’accesso ai benefici penitenziari – del reato di sequestro di persona a scopo di estorsione, in quanto (e solo in quanto) assistito dal riconoscimento dell’attenuante del fatto di lieve entità. Per il giudice a quo, se la fattispecie di reato è assistita dall’attenuante di lieve entità, essa dovrebbe essere, per ciò solo, espunta dal catalogo di cui all’art. 4-bis ordin. penit., sul presupposto che il riconoscimento di quella attenuante escluderebbe la presunzione del collegamento del condannato con organizzazioni criminali. Al contrario, si osserva che la concessione dell’attenuante, nella logica dell’attuale art. 4-bis, comma 1, ordin. penit., non risulta idonea a incidere, di per sé sola, sulla coerenza della scelta legislativa di ricollegare al sequestro con finalità estorsive un trattamento più rigoroso in fase di esecuzione, quale che sia la misura della pena inflitta nella sentenza di condanna. Basti pensare che nell’elenco di cui all’art. 4-bis ordin. penit., figurano, ab origine, i reati commessi con finalità di terrorismo, tra cui il reato previsto dall’art. 289-bis cod. pen. (Sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione), fattispecie la cui invocazione ha determinato, con la sentenza n. 68 del 2012 di questa Corte, la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 630 cod. pen., nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita quando il fatto risulta di lieve entità. Ciò significa che il reato di sequestro a scopo di terrorismo e di eversione “nasce” comprensivo dell’attenuante di lieve entità di cui all’art. 311 cod. pen., per consentire al giudice di rendere le previsioni sanzionatorie, tutte di eccezionale asprezza, adeguate e proporzionate al reato commesso nel caso concreto. E allora, se la previsione dell’art. 311 cod. pen. in riferimento al sequestro a scopo di terrorismo o eversione non ha impedito l’inserimento del reato nell’elenco di cui all’art. 4-bis ordin. penit., non si vede perché, ora, l’estensione dell’attenuante della lieve entità all’“omologo” reato di cui all’art. 630 cod. pen., conseguente alla sentenza n. 68 del 2012, dovrebbe comportare, per necessità costituzionale, l’espunzione della fattispecie del sequestro estorsivo, in tale specifico caso, dal medesimo elenco» (sentenza n. 188 del 2019).
Segnalazione a cura di Benedetta Mauro
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