Svolgimento a cura di Marilia Rita Bruno
La nozione di dolo presente nel nostro codice costituisce derivazione diretta del concetto di dolo elaborato dal diritto romano, nel quale veniva utilizzata l’ espressione ”prava voluntas”, che assegnava risalto ad uno stato di coscienza che sosteneva la volontarietà dell’azione.
Il dolo può essere definito come la più intensa adesione interiore al fatto ed opera come forma fondamentale e generale di colpevolezza.
Tale elemento soggettivo si costituisce di conoscenza e volontà in relazione agli elementi del fatto storico propri del modello legale descritto dalla norma incriminatrice, ovvero rappresentazione e voli-zione del fatto di reato.
L’elaborazione dogmatica ha inoltre tracciato alcune distinzioni con riferimento ai modi di manifesta-zione del dolo
Una distinzione che riveste particolare importanza è operata tra il dolo d’impeto e il dolo di proposito.
Il primo ricorre quando l’illecito è il risultato di una decisione istantanea e viene posto in essere senza alcun intervallo temporale tra il momento conoscitivo e quello volitivo, realizzando la risposta immediata ad uno stimolo esterno che, pur non escludendo la lucidità, non richiede neppure una immediatezza assoluta della risposta allo stimolo, essendo diversi, in ogni soggetto, i tempi di reazione.
Di contro, il dolo di proposito si configura quando trascorre un lasso di tempo tra la formazione del piano delittuoso e la sua attuazione concreta.
Con riferimento alla componente volontaristica del dolo, si possono distinguere funditus tre livelli crescenti di intensità dolosa.
Quando la condotta è finalizzata alla commissione del reato, sussiste il dolo intenzionale, che ne rappresenta la massima intensità.
Si configura invece il dolo diretto quando la commissione del reato è prevista come conseguenza certa della condotta del reo e dunque voluta quale evento accessorio e collaterale rispetto al fine perseguito.
Il gradino più basso della scala di intensità dolosa è occupato dal dolo eventuale.
Muovendo da una tradizionale impostazione dottrinaria e giurisprudenziale, versa in situazione di dolo eventuale chi agisce accettando il rischio che, per effetto della propria condotta, si produca un evento non direttamente voluto, sebbene rappresentato la possibilità dell’accadimento.
Tale forma di dolo richiede, oltre alla previsione dell'evento, l'accertamento di una presa di posizione volontaristica, di un atteggiamento psichico che indichi una qualche adesione all'evento per il caso che esso si verifichi quale conseguenza non voluta della propria condotta. Difatti, l'autore né respinge il rischio né adegua la propria condotta in maniera coerente e funzionale a manifestare il rifiuto dell'e-vento diverso rispetto a quello primariamente voluto.
Discussa in giurisprudenza è la compatibilità della fattispecie tentata con il dolo eventuale. La diversità di soluzioni riflette la differente concezione sulla struttura del delitto tentato rispetto a quello consumato; entrambi gli istituti si muovono a loro volta da una differente interpretazione di “atti diretti in modo non equivoco”.
Il Supremo Collegio ha, in alcuni casi, superato il problema tramite il ricorso alla figura del dolo diretto alternativo, che sussiste quando un soggetto prevede, come conseguenza della sua azione od omissione, il verificarsi di due eventi e agisce ignorando quale dei due si verificherà: il soggetto attivo del reato prevede e vuole alternativamente, con scelta equipollente, due eventi riconducibili alla sua condotta. Parte della dottrina classifica come autonoma questa forma di dolo mentre altri autori propendono per qualificarla come riflesso del dolo diretto o del dolo eventuale, in situazioni nelle quali il soggetto si rappresenta, come conseguenza del suo agire, più eventi, tra loro incompatibili.
Il dolo alternativo può essere considerato come una forma suppletiva di dolo rispetto alle predette tipologie atteso che il soggetto, in alternativa fra loro, può rappresentarsi due o più eventi come conseguenza certa o anche solo probabile della sua azione.
La Corte di Cassazione ha ravvisato il dolo alternativo in relazione agli episodi di lancio di sassi da cavalcavi, contro gli automobilisti in corsa, ritenendo che nel caso di specie il soggetto agente agisca con dolo eventuale, prefigurandosi invece e volendo alternativamente i diversi eventi che in concreto potrebbero verificarsi: la morte o le lesioni del conducente. Si legge, a tal riguardo, nelle sentenze intervenute in materia che è configurabile nei casi in questione il di dolo alternativo, non potendo il lancio di sassi essere diretto ad un fine diverso da quello di colpire una macchina in transito e la manifestazione di volontà dolosa definita.
Secondo la Corte, il dolo alternativo deve qualificarsi come forma di dolo diretto, in cui l’agente pone gli eventi su un piano di equivalenza.
Le Sezioni Unite hanno invece precisato, al riguardo, che ben può ravvisarsi il dolo alternativo nella forma del dolo eventuale, allorché i diversi fatti previsti sono incompatibili fra loro in quanto la realizzazione dell’uno esclude la realizzazione dell’altro.
Difatti gli elementi qualificanti il dolo alternativo sono, da un lato, l’ontologica incompatibilità degli obiettivi verso cui è diretta la condotta anti-doverosa del reo e, dall’altro, l’assoluta pariteticità di essi nella prospettiva volontaristica del reo.
Laddove dunque vi sia certezza in merito alla realizzazione alternativa tra gli eventi, potrà ravvisarsi un dolo alternativo diretto, compatibile con il tentativo di delitto, come già affermato dalla giurisprudenza di legittimità. Quando invece il soggetto abbia agito con dolo eventuale rispetto agli eventi al-ternativi, l’elemento soggettivo non sarà possibile punirlo a titolo di tentativo di delitto, in quanto il dolo eventuale contrasta con il requisito di univocità degli atti, di cui all’art. 56 c.p.
La giurisprudenza, su tali premesse, ha ad esempio ritenuto che si configurasse il dolo diretto alternativo e, come tale compatibile , nel caso sottoposto, con il tentativo di omicidio, in presenza di un’azione di accoltellamento la quale era idonea a cagionare la morte della vittima o, comunque, un evento di gravi lesioni. Il problema impone un’indagine del dato psicologico che si deve dipanare anche mediante il ricorso ai comportamenti pregressi dei soggetti agenti, che costituiscono sicuramente indici rivelatori di precise volontà. La verifica dell’elemento psicologico può avvenire anche attraverso l’accertamento dell’iter comportamentale dell’agente nel corso dell’atto illecito, facendo riferimento, a titolo esemplificativo, alla tipologia dell’arma usata, i numero dei colpi esplosi od inferti , la zona del corpo attinta dagli stessi.
Alla categoria del dolo alternativo si affianca infine quella, di matrice dottrinale, del dolo indeterminato, che ricorre quando il soggetto agente vuole, in modo alternativo o cumulativo, due o più risultati.
Trattasi di una sfumatura del dolo assai discussa in giurisprudenza che richiede necessariamente un’indagine da parte dell'organo giudicante attraverso la valorizzazione di tutte le circostanze che caratterizzano il caso concreto e tramite la valutazione, spesso problematica e ambivalente, di alcuni dei cc.dd. “indicatori del dolo”.
È stato pertanto sostenuto che la categoria in esame presenti valenza meramente descrittiva, priva di effetti pratici.
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