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Diritto Penale

REVOCA DELLA PATENTE - Cass. I Sez. Penale, 9/06/2020, n. 17506

MASSIMA


La natura formalmente e sostanzialmente amministrativa delle sanzioni previste dall’art. 222 cod. strada, determina che esse, in quanto tali, non rientrino nell’ambito di operatività dell’art. 30, quarto comma, l. n. 87/1953, che circoscrive soltanto alle pene la retroattività degli effetti favorevoli delle sentenze di illegittimità costituzionale oltre i limiti dei rapporti esauriti.

(Fattispecie in cui la Corte ha rigettato il ricorso avverso l’ordinanza del G.I.P. con cui veniva respinta l’istanza volta ad ottenere la sostituzione – con la sanzione accessoria della sospensione della patente – della più afflittiva misura della revoca disposta con sentenza irrevocabile di applicazione della pena per il reato di cui all’art. 589 bis, comma primo, cod. pen., a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale n. 88/2019, che ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 222, comma 2, quarto periodo, d. lgs. N. 285/1992, nella parte in cui ne aveva reso obbligatoria l’applicazione).


IL CASO


Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, adito quale giudice dell’esecuzione, con ordinanza ha respinto l’istanza del ricorrente finalizzata ad ottenere la sostituzione della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente – disposta con sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 589 bis, comma primo, cod. pen., divenuta irrevocabile – con la meno afflittiva sanzione della sospensione del titolo abilitativo alla guida.

L’interessato aveva invocato, a sostegno della sua pretesa, la sentenza n. 88/2019 con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 222, comma 2, quarto periodo, d.lgs. n. 285 del 1992, in relazione alla mancata previsione del potere da parte del giudice di disporre, alternativamente alla revoca, la sospensione del titolo abilitativo alla guida allorché non ricorrano le circostanze aggravanti, di cui ai commi secondo e terzo degli artt. 589 bis e 590 bis c.p.

In particolare, il giudice delle indagini preliminari – nel respingere l’istanza proposta dall’interessato – ha evidenziato che, nel caso di specie, non vi fossero i presupposti per procedere alla rideterminazione della sanzione amministrativa accessoria, giacché il provvedimento di revoca della patente avrebbe esaurito i suoi effetti nel momento dell’esecuzione disposta dal Prefetto.

Avverso tale provvedimento, l’interessato a mezzo del difensore ha proposto ricorso per Cassazione. Con la doglianza sollevata, la difesa ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato per violazione di legge, relativamente all’art. 222 cod. strada, così come risultante dalla pronuncia di incostituzionalità.

L’interessato, nello specifico, si doleva dell’erroneità della soluzione adottata dal giudice per le indagini preliminari, che nel ritenere esaurito il rapporto esecutivo, a seguito dell’applicazione della sanzione amministrativa accessoria da parte del Prefetto, avrebbe omesso di considerare l’ulteriore effetto conseguente al provvedimento di revoca, consistente nel divieto di conseguire una nuova patente nell’arco temporale di cinque anni a partire dalla revoca.

Sicché la sostituzione della sanzione amministrativa della revoca con la sospensione, avrebbe altresì escluso l’anzidetto effetto inibitorio.

Inoltre, il giudice di merito nel respingere l’istanza, avrebbe omesso di considerare la natura afflittiva della misura imposta, alla luce dei criteri delineati dalla Corte di Strasburgo, violando così i principi di proporzionalità, uguaglianza e necessaria individualità del trattamento sanzionatorio.


LA QUESTIONE


La 1° Sez. Pen. della Suprema Corte di Cassazione ha dichiarato l’infondatezza del ricorso proposto dal ricorrente, ponendo alla base di tale decisione numerosi precedenti giurisprudenziali.

I giudici di legittimità dunque, facendo riguardo alle doglianze sollevate dalla difesa dell’interessato, hanno posto in evidenza la questione di diritto concernente la natura delle sanzioni previste dall’art. 222 cod. strada – sia essa penale o meno – e la possibilità che le stesse rientrino negli effetti penali della sentenza di condanna.

A tal proposito, la Corte, ha preso in considerazione la motivazione contenuta nella pronuncia delle Sezioni Unite Bosio, in cui i giudici di legittimità hanno sottolineato come le sanzioni amministrative accessorie – a differenza delle sanzioni in senso stretto – svolgano una funzione riparatoria nell’ottica dell’interesse pubblico violato. Si è così riconosciuta l’esistenza di un doppio binario di deterrenza, per cui le pene criminali affiancano le sanzioni amministrative accessorie, offrendo in contemporanea una soluzione di tipo repressivo – preventiva.

In tal senso, con riferimento al codice della strada, le sanzioni amministrative accessorie della sospensione o revoca della patente, ivi previste, svolgono essenzialmente una funzione preventiva.

Sicché la Corte ha inoltre affermato come la natura amministrativa della sanzione non subisca alcun mutamento, qualora il potere di disporla sia affidato al giudice; dal momento che la sanzione in esame mantiene i suoi connotati “che contraddistinguono la sua peculiare essenza, incentrata tutta sulla tutela di un interesse di spettanza della pubblica amministrazione”.

Inoltre, a sostegno di tale considerazione, i giudici di legittimità hanno ribadito l’assunto secondo cui, allorché venga meno la competenza del giudice penale per estinzione del reato, la stessa permanga in capo al Prefetto. Alla luce di tali argomentazioni, la Corte ha sostenuto come non si possa riconoscere alle sanzioni amministrative accessorie la natura di pene accessorie, e allo stesso tempo, ha escluso la riconducibilità delle stesse nell’alveo degli effetti penali della sentenza di condanna.

I giudici di legittimità hanno posto altresì l’attenzione sul criterio utile a distinguere l’effetto penale della condanna dall’effetto non penale della stessa. In particolare, si è affermato nella sentenza delle Sezioni Unite Volpe, che tale criterio debba tener conto della natura sanzionatoria – ossia penale – delle conseguenze scaturenti dalla condanna; nonché della finalità perseguita dalla norma, sia essa di punizione ovvero di tutela degli interessi pubblici previsti dall’ordinamento giuridico.

In linea con tale soluzione, sono state individuate altresì talune pronunce della Consulta, in cui il Giudice delle leggi ha sostenuto che solamente alle sanzioni amministrative che presentino una natura e finalità punitiva si possano applicare i principi espressi dalla Corte di Strasburgo, e in particolare il principio di retroattività della lex mitior.

Inoltre, la Corte ha rammentato come la Consulta abbia riconosciuto la natura punitiva della sanzione amministrativa dell’art. 187 bis d.lgs. 58/1998, ponendo l’accento su due caratteri: l’elevato grado di afflittività della sanzione e la finalità di deterrenza propria delle pene.

In conclusione, i giudici di legittimità hanno riportato all’attenzione la motivazione della recente sentenza Gentile, in cui la Corte, nel valutare le ricadute della pronuncia di incostituzionalità n. 88/2019 sulla revoca della patente disposta con sentenza di condanna o di pena patteggiata, divenuta irrevocabile, ha sottolineato che la natura formalmente e sostanzialmente amministrativa delle sanzioni previste dall’art. 222 cod. strada, escluderebbe l’applicazione dell’art. 30, quarto periodo, l. n. 87/1953, che ammette unicamente per le pene, la retroattività degli effetti favorevoli delle sentenze di illegittimità costituzionale.

Pertanto, i giudici di legittimità hanno chiarito come la natura amministrativa delle sanzioni si possa desumere dall’analisi delle finalità perseguite e dal relativo grado di afflittività.

Invero, riprendendo la pronuncia del giudice delle leggi n. 88/2019, è emerso come la stessa avrebbe escluso l’esistenza di una vis attrattiva penale della sanzione amministrativa della revoca, dando risalto alla necessità di riconoscere al giudice della cognizione la facoltà di scegliere, in concreto, quale sanzione amministrativa applicare; ciò nell’ottica di garantire una risposta individualizzata, e allo stesso tempo, superare l’irragionevolezza dell’applicazione automatica della revoca.


LA SOLUZIONE


La 1° Sez. Pen. della Corte di Cassazione, facendo richiamo agli orientamenti giurisprudenziali anzidetti, ha riconosciuto la natura amministrativa della sanzione di revoca del titolo abilitativo alla guida, essendo la stessa rivolta al perseguimento della finalità preventiva.

In tal senso, i giudici di legittimità hanno affermato come la declaratoria d’incostituzionalità non abbia alcuna ricaduta sul giudicato in esame, dal momento che la sanzione della revoca, in base alle proprie caratteristiche, non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 30, quarto comma, l. n. 87/1953.

Pertanto la Corte ha concluso per il rigetto del ricorso e la condanna alle spese processuali.


Segnalazione a cura di Marina Albisinni





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