MASSIMA “Ogni condotta colposa che intervenga sul tempo necessario alla guarigione, pur se non produce ex se un aggravamento della lesione e della relativa perturbazione funzionale, assume rilievo penale allorquando generi la dilatazione del periodo necessario al raggiungimento della guarigione o della stabilizzazione dello stato di salute”.
IL CASO Riformando la sentenza del giudice di prime cure, la Corte d’Appello assolveva per insussistenza del fatto tre medici dal reato di lesioni personali colpose ex art. 590 c.p., contestato loro per non aver diagnosticato ad un paziente l’esistenza di una frattura del corpo vertebrale L1, determinando di conseguenza un ritardo nell’individuazione della terapia adeguata a garantire a questi una celere guarigione. A seguito di una caduta dal motociclo il paziente veniva infatti sottoposto dal primo medico ad esami radiografici che evidenziavano una frattura che rendeva necessaria l’applicazione di un gambaletto gessato all’arto inferiore offeso. Stante il perdurante stato di dolore alla schiena, il paziente veniva quindi sottoposto ad una radiografia del torace da parte del secondo medico, senza che questi riscontrasse anomalie. Veniva dunque dimesso dal terzo medico con una diagnosi di frattura composta e applicazione del predetto gambaletto per trenta giorni. Decorsi i trenta giorni, il paziente, lamentando ancora dolori alla schiena, si recava dunque presso un altro ospedale ove, una volta rimossa l’ingessatura, veniva sottoposto ad una Tac della colonna vertebrale, a seguito della quale veniva rilavata la frattura pluriframmentata della vertebra L1, cui seguiva la prescrizione dell’uso per 30 giorni di un busto ortopedico, associato a sedute fisioterapiche.
LA QUESTIONE La Suprema Corte è stata chiamata a stabilire se la negligenza dei medici consistita nell'aver omesso l’espletazione di tutti gli esami diagnostici utili all'ottenimento di un quadro clinico completo, possa, a fronte del conseguente ritardo nella formulazione della corretta diagnosi, aver dato luogo alla configurazione di quella malattia, l’esistenza della quale costituisce presupposto fondamentale per l’applicazione del reato di lesioni personali colpose di cui all'art. 590 c.p.
LA SOLUZIONE
Per rispondere a tale quesito la Suprema Corte compie un’analisi della nozione di malattia richiamata dall’art. 582 c.p. risultando necessario capire quale sia quella malattia in conseguenza della quale possano configurarsi le lesioni personali indicate nell’articolo sopra richiamato. La Corte d’Appello aveva difatti escluso la rilevanza penale della sia pur censurabile condotta dei tre medici dal momento che, in ossequio alla nozione di malattia elaborata dalla giurisprudenza di legittimità, essa non aveva determinato nel paziente alcuna lesione, non essendosi verificato, a seguito dell’omissione dei medici, alcun processo patologico diverso da quello riscontrato dall’evento traumatico. In altri termini, ad avviso dei giudici d’appello, non avendo il ritardo nella diagnosi determinato alcun aggravamento delle funzionalità del paziente già lesionate a seguito della caduta, dalla condotta negligente dei medici non deriva dunque la manifestazione di quella malattia in presenza della quale si configura il reato di lesioni personali. La Suprema Corte, tuttavia, censura una siffatta ricostruzione della nozione di malattia, nella misura in cui la sua sussistenza viene ancorata ad un aggravamento della lesione, affermando come la malattia non costituisca un post factum della lesione, bensì il nucleo essenziale della lesione stessa. In altri termini, sussistendo la malattia nel momento stesso in cui avviene un’alterazione funzionale, essa non può parimenti che sussistere laddove tale alterazione permanga e dunque, conseguentemente, essa non può certamente venir meno nel caso di prolungamento del tempo necessario a riacquisire le piene funzionalità fisiche come appunto avviene nel caso di una diagnosi ritardata a causa della negligenza di un medico. È pertanto sulla durata della malattia che l’ordinamento misura la sanzione penale, graduandola a seconda del maggiore o minore tempo necessario a far riacquisire alla persona offesa un rinnovato stato di benessere. Alla luce di ciò, conseguentemente, la Corte afferma la rilevanza penale di ogni condotta colposa allorquando generi la dilatazione del periodo necessario al raggiungimento della guarigione, pur non producendo un aggravamento della lesione ex se.
Segnalazione a cura di Fabio Casaburi
#cassazione #sentenza #sistemadirittopenale #magistratura #avvocato #concorsomagistratura #dirittopenale #giurisprudenza #recentissimecassazione #tribunale #legge #rivistagiuridica #temadiritto #temamagistratura
Ci trovi anche
Comments