MASSIMA: “In tema di sinistri stradali l'obbligo di moderare adeguatamente la velocità in relazione alle caratteristiche del veicolo e alle condizioni ambientali deve essere inteso nel senso che il conducente deve essere non solo sempre in grado di padroneggiare assolutamente il veicolo in ogni evenienza, ma deve anche prevedere le eventuali imprudenze altrui e tale obbligo trova il suo limite naturale unicamente nella ragionevole prevedibilità degli eventi, oltre il quale non è consentito parlare di colpa. Dunque, il conducente di un veicolo deve prefigurarsi anche l'eccessiva velocità o la guida anomala e scorretta da parte degli altri veicoli che possono sopraggiungere, onde porsi nelle condizioni di porvi rimedio, atteso che tale accadimento rientra nella normale prevedibilità.”
IL CASO: La vicenda all’esame della Corte di Cassazione trae origine da un incidente stradale a seguito del quale l’imputato è stato incriminato per il reato di cui all’art. 589 c.p., per aver travolto la vettura della vittima, cagionandone il decesso, dopo che quest’ultima, proveniente dalla corsia opposta, aveva effettuato una svolta a sinistra senza rispettare la precedenza e, dunque, tagliandogli la strada. Nell’ambito dei giudizi di merito, la difesa dell’imputato ha dedicato particolare attenzione al tentativo di dimostrare che egli non avesse ecceduto il prescritto limite di velocità, adducendo la conseguente impossibilità di individuare un comportamento alternativo lecito su cui fondare la responsabilità colposa.
LA QUESTIONE: La questione indagata dalla Suprema Corte attiene alla possibilità di configurare la responsabilità dell’imputato per il reato di cui all’art. 589 c.p., pur in presenza di un comportamento negligente e imprudente della vittima, nonché alla necessità di perimetrare gli obblighi di cautela e diligenza cui ogni conducente è tenuto, individuando gli opportuni temperamenti al principio di affidamento e di rischio consentito. Il principio di affidamento permette all’agente di confidare sulla correttezza delle altrui condotte, così da limitare il dovere di ciascuno di neutralizzare gli altrui comportamenti rischiosi. Tale principio si fonda sul rilievo che l’obbligo di tenere continuamente conto delle altrui possibili violazioni finirebbe per paralizzare ogni azione i cui effetti dipendono anche dai comportamenti dei terzi. L’affidamento, quindi, è funzionale a consentire il migliore adempimento delle prestazioni richieste a ciascun individuo, in particolare nelle ipotesi, sempre più diffuse, di distribuzione e parcellizzazione dei compiti e delle relative responsabilità. Nell’ambito della circolazione stradale, l’operatività del principio di affidamento consente la regolarità della circolazione stessa, evitando l’effetto paralizzante che deriverebbe dall’obbligo di agire prospettandosi ogni possibile altrui imprudenza. D’altra parte, il principio di affidamento è inscindibilmente connesso anche al carattere personale e rimproverabile della responsabilità colposa, poiché circoscrive l’obbligo di rapportarsi alle altrui condotte entro il limite della ragionevole esigibilità sicché costituisce “pietra angolare” della tipicità colposa. Tanto premesso, non può sottacersi che, secondo orientamento costante della giurisprudenza, di legittimità, l’affidamento viene meno quando l'agente è gravato da un obbligo di controllo o sorveglianza nei confronti di terzi ovvero quando, in relazione alle peculiarità del caso concreto, sia ragionevolmente prevedibile l’altrui violazione delle regole cautelari. Con particolare riferimento alla circolazione stradale, è pacifica la tendenza giurisprudenziale ad escludere o comunque a limitare al massimo l’operatività del principio di affidamento, che trova un fondamentale temperamento nell'opposto principio secondo cui l'utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purchè questo rientri nel limite della prevedibilità. E invero, le norme dettate dal codice della strada impongono di tenere una condotta particolarmente prudente e diligente allo scopo di evitare o neutralizzare ogni situazione di pericolo, comprese quelle determinate dall’altrui condotta irresponsabile, sicchè il comportamento del conducente che ciecamente confidi nell’altrui correttezza costituisce ex se condotta negligente. Il proprium della questione, quindi, attiene alla precisa individuazione dei confini dell’affidamento e, di conseguenza, di quelli del suo necessario temperamento, con specifico riferimento all’ambito della circolazione stradale. Sul punto, la Corte di Cassazione evidenzia che le norme del codice della strada sembrano estendere al massimo l'obbligo di attenzione e prudenza, limitando, se non addirittura escludendo, l’operatività dell’affidamento, con conseguente dovere di ciascun conducente di prospettarsi le altrui condotte irregolari. Il riferimento è, nello specifico, all'art. 141, che impone di regolare la velocità in relazione a tutte le condizioni rilevanti, in modo che sia evitato ogni pericolo per la sicurezza e di mantenere condizioni di controllo del veicolo idonee a fronteggiare ogni "ostacolo prevedibile", all’art. 145, che pone la regola della "massima prudenza" nell'impegnare un incrocio, all’art. 191, che prescrive la massima prudenza nei confronti dei pedoni, sia che si trovino sugli appositi attraversamenti, sia che abbiano comunque già iniziato l'attraversamento della carreggiata. Dalle disposizioni sopra citate emergono obblighi di ampio respiro, la cui portata è particolarmente estesa, atteso che essi riguardano evidentemente anche la gestione del rischio connesso alle altrui condotte imprudenti. Sul punto, occorre evidenziare che, nell’ambito della circolazione stradale, l’imprudenza è così frequente da costituire un rischio tipico che, quindi, deve essere previsto e governato, nei limiti di quanto concretamente possibile. Prevedibilità ed evitabilità, tuttavia, vanno valutate in concreto, avendo essere rilievo decisivo sia nella conformazione del rischio cautelato che in relazione al profilo soggettivo della rimproverabilità personale, e sono tanto più incisive quanto più elastica è la norma cautelare, il cui contenuto effettivo non può che dipendere dalle circostanze verificatesi in concreto. E invero, la condotta inosservante delle regole cautelative può non essere soggettivamente rimproverabile a causa dell’imprevedibilità del comportamento altrui, sicchè all’atteggiamento più rigoroso, che mira ad escludere l’affidamento, deve pur sempre apporsi il limite dell’imprevedibilità.
LA SOLUZIONE:
Da tutto quanto sopra esposto emerge la necessità di indagare le circostanze del caso concreto onde verificare se la condotta impudente della vittima possa porsi quale circostanza del tutto imprevedibile, sottratta all’obbligo giuridico, gravante sull’agente, di prevederla e di neutralizzarne i rischi.
In concreto, non appare particolarmente rilevante la circostanza, comunque controversa, che l’imputato procedesse alla velocità prescritta, atteso che ciascun conducente è chiamato ad adeguare la velocità a tutte le circostanze rilevanti e complessivamente considerate, così da poter compiere tutte le manovre necessarie a neutralizzare ogni prevedibile rischio.
In diversi termini, “l'obbligo di moderare adeguatamente la velocità in relazione alle caratteristiche del veicolo e alle condizioni ambientali deve essere inteso nel senso che il conducente deve essere non solo sempre in grado di padroneggiare assolutamente il veicolo in ogni evenienza, ma deve anche prevedere le eventuali imprudenze altrui e tale obbligo trova il suo limite naturale unicamente nella ragionevole prevedibilità degli eventi, oltre il quale non è consentito parlare di colpa”.
Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto che, date le condizioni stradali e di ridotta visibilità, nonché la presenza di numerose intersezioni a destra con accessi a proprietà private, la condotta della vittima fosse ragionevolmente prevedibile, atteso che “il conducente di un veicolo deve prefigurarsi anche l'eccessiva velocità o la guida anomala e scorretta da parte degli altri veicoli che possono sopraggiungere, onde porsi nelle condizioni di porvi rimedio, atteso che tale accadimento rientra nella normale prevedibilità”.
Segnalazione a cura di Margherita de Masi
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