LA MASSIMA
“Integra l'elemento materiale della violenza, necessario ai fini della sussistenza del reato contestato, la condotta del soggetto che, per sfuggire all'intervento delle forze dell'ordine, si dia alla fuga, alla guida di un'autovettura, ponendo deliberatamente in pericolo, con una condotta di guida pericolosa, l'incolumità personale degli altri utenti della strada […] ovvero proceda ad una serie di manovre finalizzate ad impedire l'inseguimento da parte delle forze dell'ordine, così ostacolando concretamente l'esercizio della funzione pubblica e inducendo negli agenti operanti una percezione di pericolo per la propria incolumità.”
IL CASO
I giudici di merito di entrambi i gradi di giudizio hanno ritenuto l’imputato responsabile del delitto di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309/90 per aver detenuto, a fini di spaccio, sostanze stupefacenti in quantità idonee alla preparazione di numerose dosi singole, e del delitto di cui all’art. 337 cod. pen. per aver opposto resistenza nei confronti degli agenti di p.g. che procedevano al suo arresto.
L’imputato ricorre in cassazione articolando tre motivi di doglianza.
Con il primo motivo proposto per violazione di legge e difetto di motivazione lamenta in primo luogo che la sua identificazione quale soggetto agente dei reati a lui contestati, posto che la stessa era avvenuta esclusivamente da parte degli agenti operanti, in un luogo scarsamente illuminato, e che la dinamica dei fatti, in particolare il suo allontanamento repentino, era incompatibile con la sua difficoltà di deambulazione conseguita ad un incidente.
Con il secondo motivo proposto per inadeguatezza della motivazione, lamenta la qualificazione nel delitto di resistenza a pubblico ufficiale di cui all’art. 337 cod. pen. del comportamento assunto, posto che l’unica azione da lui eseguita subito dopo il riconoscimento da parte degli agenti era stata quella di tentare la fuga a bordo di un veicolo.
LA QUESTIONE
Tralasciando il primo motivo di ricorso, fondato su elementi meramente materiali, le questioni di natura giuridica attengono prevalentemente al secondo e al terzo motivo di ricorso.
Quanto al secondo motivo di ricorso, la giurisprudenza costante ritiene che ad integrare il reato di resistenza a pubblico ufficiale ex art. 337 cod. pen., sia sufficiente anche la semplice condotta del soggetto che, per sfuggire all’intervento delle forze dell’ordine, si dia alla fuga alla guida di una autovettura, ponendo deliberatamente in pericolo l’incolumità degli altri utenti della strada con una guida pericolosa (Cass., Sez. I pen., 9 ottobre 2019, n. 41408) ovvero proceda ad una serie di manovre finalizzate ad impedire o rendere difficoltoso l’inseguimento delle forze dell’ordine, ponendo altresì in pericolo la loro stessa incolumità (Cass, Sez. II pen, 5 novembre 2019, n. 44860).
LA SOLUZIONE
La Corte di cassazione ha rigettato il ricorso perché infondato.
Quanto al primo motivo, relativo al riconoscimento dell’imputato al momento del fatto, ha precisato che esso è avvenuto sulla base di diversi elementi: il volto era illuminato dalla luce dell’abitacolo dell’autovettura all’interno della quale l’imputato si introduceva per darsi alla fuga; il veicolo risultava appartenere alla sorella dell’imputato; l’imputato era risultato irreperibile presso la propria abitazione; in sede di interrogatorio, non aveva indicato il luogo nel quale si trovava al momento del fatto.
Tali elementi, unitariamente considerati, sono stati ritenuti sufficienti ad escludere qualsiasi dubbio in merito all’identità dell’imputato.
La Corte di cassazione, inoltre, ha precisato che le condizioni cliniche dell’imputato non risultavano incompatibili né con una deambulazione veloce, nè con la possibilità di guidare una autovettura.
Quanto al secondo motivo, alla luce dei consolidati orientamenti espressi dalla giurisprudenza, la Corte ha ritenuto che rientra a pieno titolo nella fattispecie di reato di cui all’art. 337 cod. pen., la condotta del soggetto che, nel darsi alla alla fuga, proceda ad altissima velocità a bordo di un’autovettura, cercando di travolgere i pubblici ufficiali nell’esecuzione della loro funzione pubblica.
Segnalazione a cura di Davide Vaira
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