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Diritto Penale

RECIDIVA QUALIFICATA - PROCEDIBILITÀ - Cass. Sez. Un. 29 gennaio 2021, n. 3585


LA MASSIMA

“Il riferimento alle aggravanti ad effetto speciale contenuto nell'art. 649-bis c.p., ai fini della procedibilità d'ufficio, per i delitti menzionati nello stesso articolo, comprende anche la recidiva qualificata - aggravata, pluriaggravata e reiterata - di cui all'art. 99 c.p., commi 2, 3 e 4.”


IL CASO

La pronuncia ha tratto origine dal ricorso immediato per Cassazione presentato avverso una sentenza con cui è stata dichiarata l’estinzione del reato di appropriazione indebita continuata, aggravata dall’abuso di relazioni di prestazione di opera e dalla recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale, per remissione di querela. La decisione del Tribunale è stata fondata sul rilievo che, a fronte della remissione di querela, il delitto contestato non sia più perseguibile d’ufficio per effetto del nuovo regime di procedibilità a querela introdotto dal D.Lgs. n. 36/2018. Ne è dunque scaturita la pronunzia di improcedibilità dell’azione penale.


LA QUESTIONE

Nel ricorso è stato evidenziato che lo stesso D.Lgs. n. 36/2018 ha introdotto l’art. 649-bis c.p., norma derogatoria che stabilisce che, per i fatti perseguibili a querela previsti dagli artt. 640, co. 3, 640-ter, co. 4, e 646, co. 2, c.p. o aggravati dalle circostanze di cui all’art. 61, co. 1, n. 11, c.p., si procede d’ufficio qualora ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale. Considerato che nel caso di specie è stata contestata la recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale che è una circostanza aggravante speciale e comporta un aumento di pena superiore ad un terzo, ne conseguirebbe la procedibilità d’ufficio del reato.

Ravvisando “la genesi di un contrasto” sull’interpretazione dell’art. 649-bis c.p., è stata rimessa alle Sezioni Unite la seguente questione di diritto: “se il riferimento alle aggravanti ad effetto speciale, contenuto nell’art. 649-bis c.p. ai fini della procedibilità d’ufficio per taluni reati contro il patrimonio, vada inteso come riguardante anche la recidiva qualificata di cui all’art. 99 c.p., commi 2, 3 e 4”.


LA SOLUZIONE

Le Sezioni Unite hanno rinvenuto la ratio del D.Lgs. n. 36/2018 nel fine di migliorare l’efficienza del sistema penale, in una logica di riduzione dei carichi processuali, mediante l’ampliamento delle ipotesi di procedibilità a querela, facendo emergere l’interesse privato alla punizione del colpevole nell’ambito di delitti caratterizzati dall’offesa a beni strettamente individuali.

Il rapporto tra procedibilità e recidiva è già stato al centro di un dibattito composto dalle Sezioni Unite Paolini che, in materia di truffa, hanno affermato il principio secondo cui la recidiva non è compresa nelle circostanze aggravanti che rendono tale delitto perseguibile d’ufficio, in quanto essa non incide sul fatto-reato, poiché inerisce esclusivamente alla persona del colpevole. Secondo tale pronunzia, avallata dalla successiva giurisprudenza, la recidiva incide sulla quantità della pena da infliggere in concreto, ma non sulla tipicità del reato, trattandosi di una circostanza aggravante sui generis. Nell’individuare la ratio della perseguibilità a querela di determinati reati, come la truffa, nei sottostanti aspetti civilistici, che recedono a fronte di interessi pubblicistici qualora sussista una circostanza aggravante, tale orientamento ha evidenziato l’incongruenza di sottrarre la perseguibilità penale al potere dispositivo della persona offesa sulla base di una mera presunzione di maggiore capacità a delinquere del recidivo, che tuttavia può in concreto essere esclusa dal giudice.

La contrapposta tesi nasce da due recenti pronunzie della Corte di Cassazione che hanno ritenuto la recidiva qualificata una circostanza aggravante ad effetto speciale che determina la procedibilità d’ufficio del reato di appropriazione indebita (Sez. 7, n. 11440/2020) e di truffa (Sez. 2, n. 17281/2019). Questa tesi si fonda sugli approdi della giurisprudenza di legittimità e costituzionale che, superando la soluzione interpretativa espressa dalle Sezioni Unite Paolini, riconosce alla recidiva la natura di circostanza aggravante inerente alla persona del colpevole ed il carattere discrezionale. Non può ritenersi conforme ai principi costituzionali di ragionevolezza, proporzione e funzione rieducativa della pena una concezione della recidiva quale status soggettivo desumibile dal certificato penale. In particolare, la recidiva qualificata ex art. 99, commi 2, 3 e 4, c.p. deve essere ricondotta alla categoria delle circostanze aggravanti ad effetto speciale, poiché comporta un aumento della pena superiore ad un terzo (Sez. Un., n. 20798/2011, Indelicato). In caso di contestazione della recidiva, spetta al giudice verificare in concreto se alla reiterazione dell’illecito corrisponda la riprovevolezza della condotta e la maggiore pericolosità dell’agente, avuto riguardo alla natura dei reati e al grado di offensività dei comportamenti, nonché alla distanza temporale tra i fatti e, più in generale, ad ogni parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, con una valutazione che non può arrestarsi al mero riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali.

Nella sentenza in commento, le Sezioni Unite hanno aderito alla tesi favorevole alla incidenza della recidiva qualificata sulla procedibilità d’ufficio dei reati interessati dalla citata riforma del 2018.

L’art. 649-bis c.p. attribuisce rilievo alle circostanze aggravanti ad effetto speciale ai fini della procedibilità d’ufficio. Risulta oggi corrispondente al diritto vivente l’affermazione che “la recidiva costituisce una circostanza aggravante del reato, inerente alla persona del colpevole, che non differisce nei suoi meccanismi applicativi dalle ulteriori circostanze del reato e che la stessa, nella sua espressione "qualificata", è una circostanza aggravante ad effetto speciale.”

Allorquando la recidiva sia ritenuta sussistente, rientra nel giudizio di bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti ai sensi dell’art. 69 c.p. Qualora venga operato un giudizio di equivalenza o di subvalenza della recidiva rispetto alle circostanze attenuanti, non vengono comunque meno la sussistenza della recidiva e i suoi effetti ai fini del regime di procedibilità, quindi ciò non rende il reato perseguibile a querela di parte, ove questa sia prevista per l’ipotesi non circostanziata.

La Suprema Corte ha evidenziato che la Consulta ha definito non arbitraria la scelta legislativa di escludere l’influenza del giudizio di comparazione tra le circostanze sul regime di procedibilità del reato, in quanto basata sul bilanciamento di interessi e opzioni di politica criminale complessi.

In conclusione, le Sezioni Unite hanno statuito che il riconoscimento giudiziale della sussistenza della recidiva qualificata determina la procedibilità d’ufficio per i reati indicati nell’art. 649-bis c.p.


Segnalazione a cura di Francesca Zinnarello


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