“La continuazione tra reato associativo e uno o più reati-fine va quindi riconosciuta solo ove si accerti che nel momento della condivisione, da parte del partecipe, del generale programma criminoso del sodalizio - che è il momento della consumazione del delitto associativo - fosse precisato, e noto al partecipe, non solo un indeterminato programma delittuoso, ma anche la futura commissione di reati che risultino specificati, se non nel tempo e nelle modalità esecutive, comunque in relazione ad uno specifico dato fattuale idoneo a caratterizzare l’oggettività del fatto”.
CASO Con ordinanza la Corte di appello, quale giudice dell’esecuzione, in accoglimento della richiesta presentata dall’imputato, riconosceva la continuazione fra i reati di estorsione continuata e aggravata e di partecipazione a sodalizio di stampo mafioso e ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Proponeva ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello, denunciando violazione di legge e difetto di motivazione del giudizio che aveva riconosciuto la sussistenza di medesimo disegno criminoso fra i reati associativi e i delitti di estorsione.
LA QUESTIONE La Suprema Corte, nella sentenza in esame, analizza l’istituto disciplinato all’articolo 81 c.p., affrontando in particolare la questione del riconoscimento della continuazione tra il reato associativo e uno o più reati-fine. Innanzitutto, i giudici rammentano che nel procedimento ai sensi dell’art. 671 c.p.p., al giudice dell’esecuzione è demandato un giudizio, proprio della sede di cognizione, in ordine alla riconducibilità dei reati oggetto della istanza ad un comune disegno criminoso. Quanto alla nozione di "medesimo disegno criminoso", è stato chiarito che si tratta della rappresentazione, in capo al soggetto agente, della futura commissione dei reati, e dunque di elemento che attiene alla sfera psicologica del soggetto, risalente a un momento precedente la commissione del primo fra i reati della serie considerata. La ratio propria dell’istituto del reato continuato risiede nella considerazione che l’esistenza di un unitario momento deliberativo di più reati giustifica un trattamento sanzionatorio più favorevole, non secondo i limiti edittali individuati da ciascuna fattispecie incriminatrice, bensì nel rispetto delle regole di cui all’art. 81 c.p.. In ordine al contenuto della rappresentazione delle future condotte criminose, va osservato che, da una parte, non può riguardare una scelta di vita, che implichi la reiterazione di determinate condotte criminose, nè una generale tendenza a porre in essere determinati reati. Dall’altra, la nozione di continuazione non può ridursi all’ipotesi che tutti i singoli reati siano stati dettagliatamente progettati e previsti, in relazione al loro graduale svolgimento, nelle occasioni, nei tempi, nelle modalità delle condotte, giacché siffatta definizione di dettaglio, oltre a non apparire conforme al dettato normativo, non considera la variabilità delle situazioni di fatto e la loro prevedibilità normalmente solo in via di larga approssimazione. Quello che occorre, invece, e che è sufficiente, è che si abbia una programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte delineate attorno ad uno specifico elemento oggettivo idoneo a caratterizzare in termini di concretezza la deliberazione, così da poterle distinguere rispetto ad una scelta criminosa solo generica. Ebbene, con particolare riguardo ai reati commessi da soggetto partecipe a sodalizio criminoso, si è posta la questione se la previsione del programma delittuoso del sodalizio, elemento costitutivo del reato associativo, significhi l’esistenza di un disegno criminoso comune alla partecipazione al sodalizio e alla commissione dei reati rientranti nel programma della associazione. Si deve osservare che la fattispecie associativa richiede l’elemento del fine di commettere più delitti, ed è stato precisato che si deve trattare di un programma criminoso indeterminato, mentre l’accordo per compiere una serie determinata di specifici delitti integra condotta di concorso morale in ciascun reato. Ed ancora, è stato precisato che la condivisione del programma criminoso del sodalizio, proprio perché indeterminato, non determina, di per sé, responsabilità concorsuale nei reati commessi per attuare l’originario programma. Quindi, la continuazione tra reato associativo e uno o più reati-fine va riconosciuta solo ove si accerti che nel momento della condivisione, da parte del partecipe, del generale programma criminoso del sodalizio - che è il momento della consumazione del delitto associativo - fosse precisato, e noto al partecipe, non solo un indeterminato programma delittuoso, ma anche la futura commissione di reati che risultino specificati, se non nel tempo e nelle modalità esecutive, comunque in relazione ad uno specifico dato fattuale idoneo a caratterizzare l’oggettività del fatto. Dunque, il giudizio sulla continuazione va rapportato al momento deliberativo del primo reato, che, nel caso di reato associativo, coincide con il momento in cui il soggetto inizia a partecipare al sodalizio, mentre la successiva condotta partecipativa, che si protrae nel tempo trattandosi di fattispecie di reato permanente, riguarda ancora la consumazione del reato, ma non il momento deliberativo. Si deve, quindi, escludere che la mera qualità di reato fine dell’associazione ovvero la mera strumentalità rispetto alla operatività del sodalizio siano elementi di per sé idonei a giustificare l’accertamento di un disegno criminoso comune al reato associativo, da una parte, e all’ulteriore e successivo reato, che sia fine o strumentale al sodalizio, dall’altra.
LA SOLUZIONE In definitiva, la Corte di Cassazione delinea alcuni principi di diritto che, in sede di rinvio, il giudice dell’esecuzione dovrà applicare: - "La nozione di medesimo disegno criminoso, di cui all’art. 81 c.p., comma 2, presuppone che il soggetto si sia, nel medesimo contesto, rappresentato, almeno nelle loro linee essenziali, la commissione di una pluralità di fatti - reato, e quindi va distinta da una generica ed astratta deliberazione criminosa, priva di riferimento a specifici dati fattuali concernenti l’oggettività del reato"; - "Nel caso di commissione di reati aggravati ai sensi dell’art. 416 - bis c.p., comma 1, il mero dato della strumentalità del reato rispetto al delitto associativo non è sufficiente a giustificare la sussistenza di un comune disegno criminoso, ravvisabile solo ove, con riferimento all’epoca di iniziale consumazione del delitto associativo, emergano dati significativi di una contestuale rappresentazione, nelle linee essenziali, dell’ulteriore fatto - reato ritenuto strumentale rispetto alla fattispecie associativa".
Segnalazione a cura di Giusy Morgese
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