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Diritto Penale

REATI EDILIZI - RESPONSABILITÀ DATORE DI LAVORO - Cass. Sez. IV 16 settembre 2020, n. 27574

LA MASSIMA

“Nell'ambito di un cantiere il direttore tecnico risulta garante non soltanto della sicurezza dei lavoratori e di coloro che possono entrare fisiologicamente in contatto con loro nella fase dinamica della costruzione, ma anche della sicurezza dei terzi fruitori, a qualunque titolo, dell'opera, una volta essa sia realizzata, ove non siano stati rispettati i corretti canoni di costruzione”.


IL CASO

La Corte d'appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riconosceva l'imputato, direttore tecnico dell'impresa esecutrice dei lavori di ristrutturazione di un hotel, colpevole di omicidio colposo, in cooperazione colposa con altri imputati, per non avere rispettato i requisiti di sicurezza rispetto al rischio di caduta, in relazione al rifacimento di un terrazzo. Quest'ultimo, infatti, presentava un parapetto di altezza inferiore a quanto consentito e numerosi appigli ed aperture che avevano consentito ad un bambino di 18 mesi di scavalcarlo, raggiungendone la cima ed infine perdendo l'equilibrio e precipitando nel vuoto.

La Corte territoriale, peraltro, dichiarava non doversi procedere per estinzione del reato a causa della prescrizione, pur confermando le statuizioni civili.

Avverso la sentenza l'imputato ricorreva per Cassazione, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione.


LA QUESTIONE

La Suprema Corte era chiamata a pronunciarsi su una duplice questione sollevata dalla difesa: da una parte, il ricorrente sottolineava come la Corte d'appello avesse riconosciuto in capo all'imputato una posizione di tutela dei terzi, nonostante egli fosse stato nominato direttore tecnico di cantiere e responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Dall'altra parte, la difesa sottolineava come non fosse immediatamente percepibile, anche da parte di un soggetto dotato di competenze in materia edilizia quale l'imputato, la difformità del parapetto dalle prescrizioni di legge.


LA SOLUZIONE

La Suprema Corte condivideva le conclusioni della Corte territoriale in relazione alla sussistenza di una posizione di garanzia dell'imputato nei confronti dei fruitori dell'opera finita; riteneva inoltre che la doglianza relativa alla non avvertibilità della difformità dell'opera rispetto alle prescrizioni di legge fosse manifestamente infondata. Pertanto, il ricorso veniva rigettato ed il ricorrente veniva condannato al pagamento delle spese processuali.

Per giungere alla suddetta decisione, la Suprema Corte rilevava, anzitutto, come l'imputato fosse stato altresì nominato responsabile del servizio di prevenzione e protezione, in linea con quanto previsto dall'art. 18, comma 1, d.lgs. n. 81/2008 che attribuisce anche ai dirigenti una posizione di garanzia relativamente alla sicurezza dei lavoratori.

Il Collegio si domandava quindi se il direttore tecnico dovesse altresì vigilare sulla conformità dell'opera alla normativa vigente, assumendo dunque una posizione di garanzia anche nei confronti di coloro che - a qualsiasi titolo - usufruiscano dell'opera una volta terminata.

Per rispondere a tale quesito, la Suprema Corte prendeva le mosse dall'art. 6, commi 1,2 e 3 del Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici n. 145/2000, a mente dei quali per il tramite del direttore di cantiere, l'appaltatore assicura «l'organizzazione, la gestione tecnica e la conduzione del cantiere».

Si evidenziava, poi, come la stessa Giurisprudenza di Legittimità avesse specificato come i summenzionati compiti del direttore di cantiere comportassero, tra l'altro, «la verifica dell'impiego dei materiali, il controllo degli impegni contrattuali e la conformità delle opere al progetto» (Sez. IV, n. 2378 del 2006).

Ricostruito il quadro normativo, la Suprema Corte condivideva le conclusioni dei Giudici di merito, i quali avevano richiamato il comma 1 dell'art. 29 d.P.R. n. 380/2001 che prevede la responsabilità del titolare del permesso di costruire, del committente e del costruttore per la conformità delle opere alla normativa urbanistica. Tale disposizione, inoltre, era altresì richiamata nella concessione edilizia relativa al caso di specie.

Secondo la Suprema Corte tale disposizione dovrebbe essere collegata con il summenzionato art. 6 del D.M. n. 145/2000, da cui deriva che il direttore tecnico del cantiere - in quanto diretta emanazione del costruttore - ha demandato le attività inerenti la gestione del cantiere, ivi comprese quelle relative alla conformità delle opere alla normativa vigente, con la conseguenza che le responsabilità del costruttore ex art. 29 d.P.R. n. 380/2001 si estendono anche a tale figura.


Segnalazione a cura di Mattia Di Florio


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