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Diritto Penale

Pornografia minorile e detenzione di materiale pornografico

A cura di Gaya Carbone

PORNOGRAFIA MINORILE: ART. 600 TER C.P. Bene giuridico tutelato: il delitto di pornografia minorile tutela la libertà psico-fisica del minore. Tuttavia, alla luce della novella del 2006, la dottrina prevalente tende a qualificarlo come reato a natura plurioffensiva, idoneo a ledere o a mettere in pericolo anche il senso di pudore della collettività. Ed invero, la legge n. 38/2006 ha sganciato la punibilità dell’autore del reato dal requisito della sussistenza di una concreta ed effettiva offesa nei confronti del minore.

Soggetto attivo: trattasi di un reato comune, realizzabile da chiunque. Occorre, a questo punto, richiamare la sentenza della Corte di Cassazione, sez. III, n. 11675/2016 in base alla quale non risponde del reato ex art. 600 ter c.p il minore che, di propria iniziativa, produce materiale pornografico raffigurante sé stesso, in quanto verrebbe meno l’elemento costitutivo dell’utilizzo da parte di un soggetto terzo.

Soggetto passivo: un soggetto di età inferiore ai 18 anni.

La condotta incriminata: Innanzitutto, giova precisare che il materiale può definirsi pornografico ogni qualvolta vi sia la partecipazione di un minore a scene o contesti a sfondo sessuale. In un primo momento, da tale concetto veniva esclusa la mera rappresentazione della nudità in sé e per sé considerata, ovvero senza attinenza alla sfera sessuale. Successivamente, con la legge n. 172/2012, introduttiva dell’ottavo comma dell’articolo in esame, si è data rilevanza anche alla statica rappresentazione della nudità integrale del minore, purché sia finalizzata a scopi sessuali. Dal punto di vista oggettivo, il 600 ter c.p. si articola in plurime fattispecie. Prendendo le mosse dal primo comma, il n.1 sanziona la condotta di chi utilizzi il minore per realizzare esibizioni o spettacoli pornografici ovvero per produrre materiale pornografico sul punto. Nel 2013 la Cassazione, con pronuncia n. 41776, ha precisato i concetti di “utilizzazione”, “produzione” ed “esibizione”. Mentre le ultime due nozioni richiedono che la condotta sanzionata sia inserita in un contesto organizzato e finalizzato alla destinazione del materiale pornografico alla successiva fruizione da parte di terzi, il termine “utilizzazione” va inteso come “degradazione del minore ad oggetto di manipolazione, non assumendo valore esimente il relativo contesto”. Il reato si considera consumato, con riferimento al punto n. 1, nel momento di esibizione del minore, a prescindere da quando venga divulgato il materiale pornografico. Il n. 2, invece, punisce la condotta di chi induca il minore a prendere parte alle esibizioni o agli spettacoli di cui al n.1, nonché il reclutamento per tali fini o per conseguire un profitto. In questo caso, il delitto si considera consumato quando l’autore, in caso di induzione o reclutamento, realizzi un’azione idonea a vincere la resistenza del minore, o, nel restante caso, con l’effettivo conseguimento del profitto. Passando, poi, all’analisi dei commi successivi, il comma 2 sanziona la condotta di chi venda materiale erotico, prodotto con lo sfruttamento di un minore. Per potersi definire consumato, è necessario che si pervenga ad una quantità di materiale venduto o ceduto tale da configurare un vero e proprio mercato. Difatti, è richiesta il configurarsi di un’organizzazione dell’attività di commercio in forma imprenditoriale, non rientrando in questa previsione le vendite di tipo episodico. Il comma 3 prevede l’ipotesi di diffusione di materiale pornografico e di notizie relative all’addescamento dei minori nei confronti di un numero incontrollabile e indeterminabile di destinatari. Tale condotta può essere realizzata con qualsiasi mezzo, anche in via telematica, e deve essere tale da creare un pericolo concreto di diffusione. A tal proposito, la Cassazione ha escluso che si configuri la fattispecie de qua nel caso in cui la produzione pornografica sia destinata a restare nella sfera privata dell’autore. Con riferimento al momento consumativo, v’è chi ritiene che coincida con la messa a disposizione del materiale mentre, altra parte della dottrina lo individua nel momento del conseguimento del profitto illecito. Il quarto comma riguarda la cessione del materiale pornografico minorile, anche a titolo gratuito, mentre il quinto comma, introdotto con la novella del 2012 sulla falsariga dell’art. 21 della Convenzione di Lanzarote, punisce la visione delle esibizioni o degli spettacoli pornografici in cui siano coinvolti dei minori. Occorre precisare che, con riferimento alle condotte di cui al comma 1, non è configurabile il tentativo, trattandosi di un reato di pericolo concreto. Infine, nei casi di cui ai commi 3 e 4, è previsto un aumento della pena nel caso in cui il materiale sia di quantità ingente.

Elemento psicologico: è richiesto il dolo generico. In dottrina, si era posto il problema dell’accertamento del dolo qualora la condotta di diffusione fosse stata attuata mediante programmi di condivisione automatica in rete. A tal proposito, la Cassazione ha più volte ribadito il principio di diritto in base al quale: “pur potendosi atteggiare il dolo anche nella forma eventuale, dalle sole modalità di funzionamento di tali programmi e dalla semplice volontà di procurarsi un file illecito utilizzando questi sistemi telematici, non si può desumere in via diretta e necessaria anche la volontà di diffonderlo. È pertanto necessario acquisire ulteriori elementi, precisi ed univoci, desumibili dall’esperienza dell’imputato e dalla durata nel tempo del possesso di materiale pedopornografico, dell’entità numerica del materiale e dalla condotta”. Infine, con sentenza n. 16340/15, la Corte ha precisato che l’inserimento di materiale pornografico su un social network, come Facebook, esonera dalla necessità di uno specifico accertamento sulla potenzialità diffusiva in quanto “la piazza telematica” è aperta a tutti e la sua idoneità a diffondere quanto tutti vi versano integra, quanto meno a titolo di dolo eventuale, una consapevole volontà di divulgazione.

DETENZIONE DI MATERIALE PORNOGRAFICO: ART. 600 QUATER

Bene giuridico tutelato: tutela la libertà psico-fisica e l’integrità del minore. Secondo parte della dottrina, il 600 quater c.p. sarebbe finalizzato altresì alla tutela del buon costume e della morale pubblica.

Soggetto attivo: chiunque detenga o si procuri materiale pornografico, anche a titolo gratuito.

Soggetto passivo: il minore di 18 anni.

La condotta incriminata: l’art. 600 quater sanziona la condotta di chi detenga o si procuri materiale pornografico. Le due condotte non costituiscono fattispecie distinte, bensì due modalità diverse di realizzazione del medesimo delitto. Per tale ragione, possono concorrere qualora abbiano ad oggetto il medesimo materiale. Di contro, qualora si accerti che il materiale sia stato procurato in diversi momenti e successivamente detenuto, sarà configurabile solo la continuazione. Essendo un reato a natura permanente, si considera consumato nel momento in cui l’autore si procura il materiale e cessa quando ne perda la disponibilità. Al pari del 600 ter, anche l’articolo in esame prevede, al comma 2, un aumento della pena nel caso in cui il materiale sia di ingente quantità. Con specifico riferimento all’attività di quantificazione, la Cassazione con sentenza n. n. 39543/2017 ha imposto al giudice di tener conto del numero dei supporti informatici detenuti e del numero di immagini contenute in ognuno di essi. Le immagini in oggetto, sono da considerare come obiettiva unità di misura, perciò “l’ingente quantità” in esame, risulta configurabile nell’ipotesi di detenzione di almeno un centinaio di immagini pedopornografiche.

Elemento psicologico: è richiesto il dolo diretto, consistente nella volontà di procurarsi o detenere materiale pornografico proveniente dallo sfruttamento dei minori.

ANALOGIE E DIFFERENZE TRA I REATI

Entrambe le fattispecie delittuose sono poste a tutela della libertà e integrità psico-fisica del minore ma sanzionano tipologie di condotte differenti tra loro. Ed invero, mentre il 600 quater c.p. presuppone una detenzione del materiale pedopornografico fine a sé stessa, l’art. 600 ter c.p. punisce la produzione di tale materiale (comma 1), presupponendone altresì una detenzione qualificata in quanto non destinata ex se al mero soddisfacimento delle pulsioni sessuali dell’agente, bensì alla commercializzazione o alla diffusione (come si evince dai commi seguenti). Inoltre, “mentre il reato di cui all’art. 600 ter comma 1 ha natura di reato di pericolo concreto, il 600 quater richiede la mera consapevolezza della detenzione del materiale, senza che sia necessario il pericolo della sua diffusione ed infatti tale fattispecie ha carattere sussidiario rispetto alla più grave ipotesi delittuosa della produzione di materiale a scopo di sfruttamento” (Cass. Pen., sez. III, n. 20303/2006) Infine, con riferimento alla configurabilità di un concorso tra reati, la Cassazione, sez. III, con sentenza n. 29883 del 2015 ha precisato che: “non è configurabile il concorso tra il reato di detenzione di materiale pedopornografico ed il reato di pornografia minorile, dovendo applicarsi, in virtù della clausola di riserva di cui all’art. 600 quater c.p., la più grave fattispecie di cui all’art. 600 ter c.p., rispetto alla quale la detenzione costituisce un post factum non punibile”.


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