A cura di Alessandra Fantauzzi
OMICIDIO PRETERINTENZIONALE: ART.584 C.P. Bene giuridico tutelato: coincide con l’interesse generale dello Stato a salvaguardare la sicurezza della persona fisica, in particolare la vita umana. Il legislatore, con la norma in esame, ha voluto proteggere il bene vita in modo forte, punendo tutte quelle condotte che, pur non dirette a uccidere la vittima, possano comunque provocarne la morte. Soggetto attivo: chiunque; si tratta di un reato comune. Soggetto passivo: titolare del bene vita. Condotta incriminata: atti diretti a percuotere o ledere una persona che involontariamente ne determinano la morte. Quest’ultima, quindi, rappresenta un quid pluris rispetto all’evento effettivamente voluto. Tra gli atti diretti a percuotere o a ledere e l’evento letale deve esistere un rapporto di causa ad effetto. Parte della dottrina e della giurisprudenza, interpretando l’espressione “atti diretti a” come sinonimo di univocità, ritiene che l’omicidio preterintenzionale sia configurabile anche quando la volontà di percuotere o di ledere non abbia avuto esito materiale essendo sufficiente che l’autore abbia commesso atti penalmente rilevanti integranti gli estremi del tentativo dei reati di lesione o percosse. Ritiene, inoltre, che tali atti non debbano necessariamente configurare un tipico tentativo in quanto l’art. 584 c.p. contempla una condotta atipica e non richiama espressamente la formulazione di cui all’art. 56 c.p. Secondo tale impostazione, dunque, può assumere rilevanza anche un comportamento minaccioso ed aggressivo sempre che sia diretto a percuotere o a ledere. Elemento psicologico: l’elemento soggettivo del reato è la preterintenzione. L’art. 43 c.p. rubricato “elemento psicologico del reato” qualifica come preterintenzionale (o oltre l’intenzione) il delitto che si verifica quando dalla condotta deriva un evento più grave rispetto a quello voluto dall’agente. Sulla ricostruzione del titolo di responsabilità dell’evento più grave nell’omicidio preterintenzionale, si sono succeduti nel tempo diversi orientamenti giurisprudenziali. Un primo orientamento ha ritenuto sufficiente la sussistenza del mero nesso di causalità materiale tra la condotta e l’evento più grave ravvisando un’ipotesi di elemento soggettivo composto da “dolo misto a responsabilità oggettiva”. Tuttavia, tale impostazione è stata ritenuta in contrasto con il principio di colpevolezza che, come precisato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 1085/1988, deve abbracciare ogni elemento costitutivo della fattispecie penale compreso l’evento lesivo derivato dalla condotta del reo. Altro orientamento ha ricostruito la preterintenzione come forma di dolo (per la condotta-base) misto a colpa (in relazione all’evento più grave). In particolare, è stato sostenuto che nei casi di preterintenzione occorre accertare se effettivamente il soggetto agente potesse prevedere la causazione dell’offesa più grave cagionata ed evitarla. Tale tesi è stata accolta dalla Corte di Cassazione con la sent. n. 19611/2006 secondo cui la preterintenzione richiede l’accertamento della colpa generica del reo in relazione all’evento. Infine, un terzo orientamento espresso dalla Corte di Cassazione con sentenza 13673/2006, ha affermato il carattere unitario dell’elemento soggettivo del delitto preterintenzionale. Quest’ultimo sarebbe costituito esclusivamente dal dolo dell’evento meno grave, che assorbirebbe, la prevedibilità dell’evento più grave. Invero, tale evento è stato qualificato come rischio insito nella condotta base che il reo prevede nel momento in cui decide di compiere gli atti diretti a ledere o percuotere. Tale impostazione è stata oggetto di critiche perché ritenuta una forma occulta di responsabilità oggettiva, come tale contrastante con il principio di colpevolezza. Pertanto, la prevalente dottrina ha preferito adottare la tesi del “dolo misto a colpa” in quanto maggiormente rispondente al principio di colpevolezza.
MORTE O LESIONI COME CONSEGUENZA DI ALTRO DELITTO: ART.586 C.P. Bene giuridico tutelato: la vita e l’incolumità individuale. Soggetto attivo: chiunque, si tratta di un reato comune. Soggetto passivo: parte della dottrina ritiene che possa non coincidere con il soggetto passivo del delitto doloso presupposto; altra parte nega tale possibilità. Condotta incriminata: commissione di un fatto preveduto dalla legge come delitto doloso, consumato o anche solo tentato, diverso dalle lesioni o dalle percosse. Secondo la dottrina e la giurisprudenza maggioritaria l’art.586 c.p. configura un’ipotesi speciale di aberratio delicti pluri-lesiva in cui, oltre all’offesa effettivamente voluta, vale a dire il delitto doloso diverso dalle lesioni o dalle percosse, si cagiona la morte o la lesione di una persona. Tuttavia tale interpretazione non tiene conto delle differenze tra le due fattispecie: nei casi aberratio ictus l’azione è unica e per via di un errore, nell’uso dei mezzi o di altra causa nell’esecuzione del reato, si produce un evento non voluto o ulteriore rispetto a quello voluto. Al contrario, l’art.586 c.p. prevede la realizzazione di un delitto doloso con perfetta coincidenza tra voluto e realizzato senza l’intervento di errori-inabilità o cause esterne nell’esecuzione del delitto. La norma, dunque, imputa al soggetto agente un evento ulteriore e non voluto che è conseguenza del delitto perpetrato. Elemento psicologico: il reato base voluto è imputato a titolo di dolo; l’imputazione dell’evento non voluto è stato oggetto di dibattito in dottrina e in giurisprudenza. Una prima tesi sostiene che tale imputazione sarebbe di carattere obiettivo e in riferimento alla colpa riguarderebbe solo gli aspetti sanzionatori. Altro orientamento ritiene che la colpa vada considerata elemento costitutivo della fattispecie. Essa però deve presumersi sussistente in quanto il soggetto agente pone in essere un comportamento contrario ad una norma penale cui va riconosciuta valenza sanzionatoria e cautelare. Entrambe le teorie sono state criticate perché ritenute in contrasto con il principio di colpevolezza: la prima sarebbe una forma di responsabilità oggettiva pura, la seconda occulta. Altra tesi richiede, invece, oltre al nesso eziologico tra delitto doloso e l’evento-morte, la prevedibilità dell’evento non voluto. Un ulteriore orientamento configura una responsabilità da rischio totalmente illecito: si richiede la prevedibilità e l’evitabilità dell’evento senza ravvisare il fondamento della responsabilità nella colpa quale violazione di regola cautelare, ma nell’assunzione del rischio insito nella condotta illecita posta in essere. La Corte di Cassazione, intervenuta sulla questione con la sentenza a S.U. n. 22676/2009, ha ravvisato, infine, una responsabilità per colpa generica ed in concreto. L’evento ulteriore sarà addebitabile all’agente nel caso in cui sia accertata la violazione di una regola precauzionale (distinta dalla norma incriminatrice) e l’evento più grave sia prevedibile ed evitabile, alla stregua dell’agente modello razionale, tenuto conto delle circostanze del caso concreto conosciute o conoscibili dall’agente reale.
ANALOGIE E DIFFERENZE TRA I REATI
La struttura delle due fattispecie delittuose è similare: in entrambe al soggetto agente viene addebitato un evento lesivo non voluto causalmente riconducibile a una condotta criminosa di minore gravità.
Tuttavia, esse differiscono, secondo la giurisprudenza maggioritaria, per la diversa natura del fatto doloso di base.
In particolare, il delitto di cui all’art.586 c.p. si differenzia dall’omicidio preterintenzionale in quanto nel primo l’attività del colpevole è diretta a realizzare un delitto doloso diverso dalle percosse o dalle lesioni personali, mentre, nel secondo, l’attività è finalizzata a realizzare un evento che, ove non si verificasse la morte, costituirebbe reato di percosse o lesioni (Cass. sent. n.23606/2018). Nell’omicidio preterintenzionale, inoltre, è necessario che la lesione si riferisca allo stesso genere di interessi giuridici (incolumità e vita) mentre nell’ art.586 c.p. la morte o la lesione deve essere conseguenza di delitto doloso diverso dalle percosse o dalle lesioni. Nel delitto previsto dall’art. 586 c.p. viene offeso un bene giuridico completamente diverso e viene conseguentemente commesso un delitto di diversa specie. (Cass. sent. n.13192/2019). Pertanto, mentre la fattispecie delittuosa di cui all’art. 586 c.p. ricade nel campo di applicazione del concorso di reati, data la eterogeneità dei due eventi (voluto e non voluto), il delitto previsto dall’art.584 c.p. richiama l’art. 15 c.p. poiché i due eventi omogenei sono accomunati da un unico elemento psicologico assorbente dei delitti sussidiari.
#cassazione #sentenza #sistemadirittopenale #magistratura #avvocato #concorsomagistratura #dirittopenale #giurisprudenza #recentissimecassazione #tribunale #legge #rivistagiuridica #temadiritto #temamagistratura
Comments