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Diritto Penale

Malversazione a danno dello stato e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche

A cura di Gaya Carbone

MALVERSAZIONE A DANNO DELLO STATO: ART. 316 BIS C.P. Bene giuridico tutelato: è costituito dall’interesse a che i finanziamenti, i contributi e le sovvenzioni, concessi dallo Stato, Unione Europea o altro ente pubblico per favorire attività economiche di pubblico interesse, vengano utilizzati dai beneficiari in maniera corretta e solo per i fini prestabiliti. Si tutela, così, la P.A. da eventuali atti contrari agli interessi della collettività. Inoltre, essendo leso non solo il buon andamento della P.A. ma anche l’aspetto patrimoniale del finanziamento pubblico, la dottrina prevalente ne afferma la natura plurioffensiva. Soggetto attivo: trattandosi di reato proprio, può essere posto in essere solo da chi, estraneo alla P.A., abbia ricevuto uno dei finanziamenti pubblici di cui all’art. 316 bis c.p.. Soggetto passivo: lo Stato, l’Unione Europea o ogni altro ente pubblico che abbia erogato tali finanziamenti, rientrando in quest’ultima categoria gli organismi di diritto pubblico di cui all’art. 3, comma 26, D.lgs. n.163/2006. La condotta incriminata: consiste nel destinare i finanziamenti ottenuti a finalità diverse da quelle per le quali erano stati erogati. Affinché la condotta sia considerata punibile, è necessario che il beneficiario abbia ottenuto concretamente i contribuiti, le sovvenzioni o i finanziamenti e che questi siano stati erogati al sol fine di favorire attività di pubblico interesse. Con riferimento alla natura della condotta posta in essere, parte della dottrina ha ritenuto che si trattasse di un reato di tipo istantaneo, di natura omissiva e con effetti permanenti. Di contro, taluni hanno osservato come non si trattasse di un’omissione, bensì di un utilizzo scorretto delle somme ottenute e pertanto di un reato di tipo commissivo, realizzabile anche mediante omissione. In relazione al momento consumativo, la Suprema Corte con sentenza n. 40375 del 2012 ha specificato che questo coincide con la scadenza del termine ultimo entro il quale avrebbero dovuto essere realizzate le opere per le quali erano stati concessi i pubblici finanziamenti. Inoltre, ha precisato come il perseguimento da parte del beneficiario di un interesse diverso da quello prestabilito, ma comunque di natura pubblica, non faccia venir meno la tipicità della condotta in quanto il finanziamento erogato risponde ad uno specifico interesse pubblico che non può essere modificato dal destinatario. Elemento psicologico: è richiesta la sussistenza del dolo generico dell’autore del reato, costituito dalla cosciente volontà di destinare le risorse ottenute a finalità diverse da quelle predeterminate.

TRUFFA AGGRAVATA PER IL CONSEGUIMENTO DI EROGAZIONI PUBBLICHE: ART.640 BIS C.P. Bene giuridico tutelato: consiste nel preservare l’integrità del patrimonio pubblico e comunitario, tutelandolo da atti di frode aggravata. Soggetto attivo: è un reato comune, realizzabile da chiunque. Soggetto passivo: la condotta delittuosa grava sul patrimonio pubblico. Condotta incriminata: trattandosi di una circostanza aggravante, l’elemento materiale coincide con quello incriminato dall’art. 640 c.p.. Si tratta, pertanto, di un reato a forma vincolata in base al quale si punisce il comportamento di chi, con artifici e raggiri, induce taluno in errore, determinandolo al compimento di un atto di disposizione patrimoniale con il quale produce un profitto ingiusto per sé e un danno patrimoniale per la vittima. Nello specifico, il profitto ingiusto è dato dall’indebito ottenimento di risorse pubbliche mentre l’oggetto materiale della condotta è costituito dai contributi, finanziamenti, mutui agevolati o qualsiasi altra forma di attribuzione agevolata concessa o erogata dallo Stato, da altri enti pubblici o dall’Unione Europea. Con riferimento al “danno”, limitato esclusivamente al danno emergente, parte della dottrina ne ha proposto una concezione di tipo statico in base alla quale il danno costituisce l’elemento concretizzante il disvalore della condotta fraudolenta tesa ad ottenere erogazioni pubbliche. Diverso orientamento, invece, ne evidenzia il carattere dinamico e funzionale, introducendo il concetto di “danno da sviamento” con riferimento alla condotta di chi sottrae le risorse pubbliche allo scopo cui erano destinate. Con riguardo al momento consumativo, qualora l’erogazione pubblica sia suddivisa in più rate, questo coincide con la percezione dell’ultima rata del finanziamento e, pertanto, si configura un’ipotesi di reato a consumazione prolungata. Elemento psicologico: è necessaria la sussistenza del dolo generico.

ANALOGIE E DIFFERENZE TRA I REATI Nonostante in entrambe le fattispecie delittuose si faccia riferimento a contributi e finanziamenti erogati o concessi dalla P.A., le differenze tra i due reati sono evidenti. Innanzitutto, sono diversi gli interessi protetti: mentre l’art. 640 bis c.p. tutela il patrimonio da atti di frode aggravata, l’art. 316 bis c.p. tutela la P.A. da atti contrari agli interessi della collettività, anche di natura non patrimoniale, salvaguardando il principio del buon andamento della pubblica amministrazione. Sulla base di tale diversità, l’orientamento giurisprudenziale prevalente sostiene la configurabilità, tra le due fattispecie, di un concorso, formale o materiale, di reati, non trovando applicazione il principio di specialità. Le due norme, infatti, incriminerebbero comportamenti diversi non solo oggettivamente intesi ma anche da un punto di vista cronologico: mentre l’art. 640 bis c.p. punisce la condotta di chi con artifici e raggiri ottiene illecitamente un finanziamento pubblico, il reato di malversazione a danno dello Stato si realizza in un momento successivo all’erogazione delle risorse pubbliche. E invero, la fattispecie ex art. 316 bis c.p. ha lo scopo di punire i beneficiari di erogazioni pubbliche qualora le utilizzino per finalità diverse da quelle per le quali erano state concesse. Non è richiesto, dunque, che tali fondi siano stati conseguiti con artifici o raggiri. Di contro, una parte, seppur minoritaria, della giurisprudenza considera applicabile il principio di sussidiarietà, ritenendo come le due fattispecie in esame sanzionino comportamenti sì diversi ma solo dal punto di vista quantitativo, in quanto ledono lo stesso bene, ma in misura e con intensità diverse. Pertanto, secondo tale tesi, non si potrebbe sanzionare un soggetto per entrambi i comportamenti in quanto “il diverso impiego del finanziamento pubblico conseguito, integrante la fattispecie ex art. 316 bis c.p., non è che una conseguenza naturale del conseguimento dell’erogazione pubblica ottenuta a seguimento del compimento del delitto di truffa” (Cass. Pen., sez. VI, 4 giugno 2009, n. 23063). Tuttavia, a sostegno della tesi prevalente, milita anche l’assenza di un’espressa clausola di sussidiarietà, manifestazione evidente della propensione del legislatore per l’applicazione del concorso di norme e quindi per la non necessaria interdipendenza tra le due norme.




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