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Diritto Penale

PARTICOLARE TENUITÀ DEL FATTO - 131 bis cod. pen. - Cass. Pen., Sez. I, 8 agosto 2019, n. 35843

MASSIMA “La negazione della particolare tenuità del fatto, ai fini dell'applicazione dell'art. 131-bis c.p., non impedisce la qualificazione di lieve entità del medesimo fatto, ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante prevista nella L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 3”.


IL CASO La Suprema Corte si è espressa in merito alla condanna dell’imputato per porto ingiustificato di un coltello a serramanico (con lama e manico lunghi, rispettivamente, 9.5 e 10 cm), consegnato spontaneamente agli agenti di Polizia durante un controllo. Nell'udienza di primo grado, celebrata con il rito abbreviato, l'imputato ha riferito di servirsi dell'oggetto per raccogliere erbe in campagna, senza convincere tuttavia il giudice per via dell'orario di perquisizione, non compatibile con i lavori campestri, né risultando che l'uomo fosse di ritorno da detti lavori. Benché la lesività dell'arma non consentisse d'inquadrare il fatto nell'art. 131-bis c.p. (esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto), quest'ultimo veniva comunque considerato di lieve entità ex art. 4, L. 110/1975, con concessione altresì delle circostanze attenuanti generiche. Avverso la sentenza di condanna, il difensore dell'imputato ha proposto ricorso per cassazione ed evidenziato l'erroneo e illogico operato del giudice di prime cure, per non aver applicato l'istituto ex art. 131-bis c.p. benché ve ne fossero gli estremi, ossia: la trascurabile lunghezza della lama; la spontanea consegna del coltello agli agenti da parte dell'imputato e la ritenuta “levità” di quanto commesso, sul presupposto di una ritenuta equiparazione tra l'istituto della lieve entità e quello della particolare tenuità del fatto.


LA QUESTIONE Nel rigettare il motivo di doglianza, la Suprema Corte ha ritenuto ingiustificata la sovrapposizione suddetta: si tratta, come si legge in sentenza, «di fattispecie strutturalmente e teleologicamente non coincidenti». Infatti, mentre ai fini dell'applicabilità dell'art. 4, L. 110/1975 il giudice è tenuto «a una valutazione dei mezzi, delle modalità e delle circostanze dell'azione criminosa», ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p. va, invero, effettuata un'analisi più macroscopica – per non dire complessa – del fatto illecito, considerando: il carattere non abituale della condotta, le sue modalità di estrinsecazione, il grado di colpevolezza del reo da ciò desumibile e l'entità del danno o del pericolo cagionati. «In effetti», precisano i Giudici, «le ipotesi di lieve entità di alcuni reati si giustificano alla luce della riconosciuta graduabilità del reato, intesa come proprietà del reato di presentare diversi gradi di gravità, i quali determinano l'escursione delle pene [...], ma anche lo stesso persistere o meno di una penale responsabilità». Si vuol dire cioè che «l'ente-reato propone una struttura graduabile in ogni sua componente, tanto da potersi parlare di grado del disvalore dell'evento, per indicare la misura variabile del giudizio di contrarietà all'ordinamento dell'offesa al bene; di grado di disvalore dell'azione, per indicare la misura variabile del giudizio di contrarietà all'ordinamento delle modalità della condotta; di intensità della colpevolezza, per indicare la variabile misura della colpevolezza per il fatto. Pertanto, è sempre possibile rinvenire fattori di dimensionamento della gravità dell'illecito», che tuttavia non incidono sulla sua offensività al punto di determinarne la non punibilità ex art. 131-bis c.p.


LA SOLUZIONE Se questo è vero, nel caso di specie la negazione della particolare tenuità del fatto non impedisce, allora, la qualificazione di lieve entità del medesimo ex art. 4, L. 110/1975. Infatti, «nella costruzione normativa, il fatto di particolare tenuità ha minore rilevanza offensiva rispetto a quello di lieve entità [...], e per questo al riconoscimento della prima qualità fa seguito il radicale effetto della non punibilità, mentre al riconoscimento della seconda fa seguito soltanto l'attenuazione della pena». Può quindi accadere che la rilevanza penale di un comportamento (ad es. il porto, fuori della propria abitazione, di un oggetto atto ad offendere) non sia così fievole da renderlo penalmente irrilevante come fatto di particolare tenuità, ma sia al tempo stesso “limitata”, in modo tale da consentire la sua qualificazione come fatto di lieve entità. Ciò può avvenire, conclude la Corte, quando «il fatto è munito di portata offensiva significativamente inferiore a quella del comportamento astrattamente previsto dalla norma incriminatrice nell'ipotesi base, cioè non attenuata. Dall'ordine di idee esposto deriva pertanto la conciliabilità, sul piano logico, della negazione della particolare tenuità di un fatto e dell'affermazione della sua lieve entità» (cfr., nello stesso senso, Cass., Sez. I, 9 novembre 2017, n. 51261).


Segnalazione a cura di Simona Metrangolo


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