LA MASSIMA
“Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti (art.2 D.L. n. 463 del 1983, conv. In l. n. 638 del 1983) è integrato, siccome a dolo generico, dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, sicché non rileva, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, la circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti più urgenti o abbia deciso di dare preferenza agli emolumenti dei dipendenti”.
IL CASO
Il caso sottoposto al vaglio della Corte trae origine dall’esercizio dell’azione penale nei confronti di un imprenditore, legale rappresentante di una s.r.l. Quest’ultimo, a causa di un’improvvisa crisi aziendale, non aveva versato all’INPS le ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti relative ai mesi da dicembre 2011 a gennaio 2012, da maggio 2012 a ottobre 2012, per un importo complessivo di euro 19.911,00.
LA QUESTIONE
La Corte d’Appello di Campobasso, in parziale riforma della pronuncia emessa dai giudici di prime cure, ritenuti sussistenti gli estremi della fattispecie delittuosa di cui all’art. 2 D.L. n. 463/1983, condannava il prevenuto a mesi due di reclusione ed euro 200 di multa.
L’imputato, tramite il proprio difensore di fiducia, proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza di secondo grado, adducendo tra i motivi l’erronea interpretazione e applicazione dell’art. 2 D.L. n. 463/1983.
Secondo la ricostruzione ermeneutica prospettata dalla difesa, non poteva dirsi sussistente nel caso di specie l’elemento soggettivo della fattispecie contestata.
Invero, la fase di criticità in cui la società versava nonché il successivo fallimento della stessa erano, di per sé, incompatibili con la possibilità di muovere all’imprenditore un rimprovero a titolo di dolo. Il prevenuto non aveva agito allo scopo di evadere le imposte.
A riprova di ciò, deponeva la circostanza che egli aveva integralmente destinato le risorse finanziarie residue al pagamento degli stipendi dei lavoratori.
LA SOLUZIONE
Con la sentenza in commento, la Cassazione si è pronunciata in ordine ai presupposti necessari, sul piano soggettivo, affinché possa configurarsi la fattispecie di cui all’art. 2 D.L. n. 463/1983.
Ci si è chiesti, in particolare, se l’insorgenza di una crisi aziendale determini, di per sé sola, il venir meno dell’obbligo di versare all’INPS le ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti.
I giudici di legittimità, aderendo sul punto a un orientamento consolidato, hanno escluso, salvi casi eccezionali, che lo stato di insolvenza del contribuente possa assumere rilevanza scusante in caso di mancato assolvimento dei richiamati oneri tributari.
Il reato di cui all’art. 2 D.L. n. 463/1983 è a dolo generico: affinché possa sussistere la fattispecie de qua, è sufficiente, sul piano psicologico, la consapevolezza da parte del prevenuto di omettere i versamenti dovuti; non occorre, per converso, che il medesimo abbia agito al precipuo fine di evadere le imposte.
La legge, nel momento in cui prevede in capo al datore di lavoro l’obbligo di corrispondere lo stipendio ai propri dipendenti, gli impone altresì di accantonare le somme necessarie al fine di adempiere il debito tributario.
I due doveri richiamati sorgono contemporaneamente e si fondano sul medesimo titolo.
Sulla scorta di tale premessa, la Corte ha escluso che, come avvenuto nel caso di specie, il datore di lavoro potesse legittimamente decidere di dare la precedenza alla corresponsione degli stipendi rispetto al pagamento del debito verso l'Inps, onde poi invocare a propria discolpa l'impossibilità di adempiere per mancanza della necessaria liquidità.
I giudici di legittimità hanno, pertanto, dichiarato inammissibile il ricorso e condannato il prevenuto al pagamento delle spese processuali.
Segnalazione a cura di Annarita Sirignano
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