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Diritto Penale

OMESSO VERSAMENTO IVA - DOLO - TENUITÀ FATTO - Cass. Sez. III, 18 gennaio 2021, sentenza n. 1768

LA MASSIMA

In tema di omesso versamento di IVA “la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p. è configurabile anche in relazione a fattispecie che contemplano una soglia di punibilità, non essendo, in astratto, incompatibile con il giudizio di particolare tenuità la presenza di tali soglie all’interno della fattispecie tipica”.


IL CASO

La questione sottoposta al vaglio della Suprema Corte di Cassazione prende origine da un pronunciamento della Corte d’Appello che, in parziale riforma a quanto deciso dal Giudice di prime cure, ha confermato la penale responsabilità dell’imputato in ordine al reato previsto dall’art. 10-ter d.lgs. 74/2000 per non aver versato, entro il termine stabilito dalla legge, l’imposta sul valore aggiunto sulla base della dichiarazione dei redditi annuale, seppur in ordine ad un modesto superamento delle soglie di punibilità previste dalla legge. Avverso la sentenza l’imputato, tramite il proprio difensore di fiducia, ha proposto ricorso per Cassazione in ordine a quattro motivi.


LA QUESTIONE

I motivi addotti dal ricorrente concernono, rispettivamente: a) la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione al d.lgs. 74/2000, art. 10-ter per non aver, il Giudice, considerato che “l’imputato non era entrato nella materiale disponibilità delle somme dovute al fisco, essendo l’effettiva apprensione delle somme riscosse il presupposto implicito per l’omesso versamento di dette somme e non potendo il contribuente essere sanzionato penalmente per non aver anticipato all’Erario somme non riscosse”; b) la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione all’art. 10-ter d.lgs. 74/2000 e dell’art. 45 c.p. poiché la Corte territoriale avrebbe erroneamente escluso la rilevanza della forza maggiore in ragione della mancanza di liquidità della società, nonostante quest’ultima non avesse riscosso il credito maturato nei confronti dei propri clienti, ragione ritenuta sufficiente al fine di integrare la scusante di cui all’art. 45 c.p.; c) la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione all’art. 10-ter d.lgs. 74/2000 con riguardo all’elemento soggettivo del reato, in ragione dell’assenza di liquidità da parte della società che non poteva comportare l’esigibilità di una condotta diversa da quella contestata; d) la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) in relazione all’art. 131-bis.


LA SOLUZIONE

I giudici di legittimità hanno accolto il ricorso limitatamente al quarto motivo di impugnazione, concernente la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. nel caso di specie.

Quanto alle prime tre doglianze, la Corte di Cassazione, pur segnalando l’orientamento minoritario ed isolato formatosi a seguito di un pronunciamento del 2017 (Cass. pen. Sez. III, sentenza 01.12.2017, n. 29873, Calabrò) secondo cui l’accertamento del dolo generico richiesto dal legislatore per il delitto di omesso versamento di IVA si ritiene soddisfatto qualora si dimostri la concreta possibilità di adempiere al pagamento nei termini stabiliti dalla legge, ne motiva il rigetto conformandosi al prevalente orientamento di legittimità che ritiene, invece, integrato il dolo generico con la semplice condotta omissiva posta in essere dal soggetto attivo (il contribuente), a nulla rilevando l’effettiva riscossione delle somme di denaro di cui egli risulti creditore, e definendo, inoltre, il mancato adempimento da parte del debitore un ordinario rischio di impresa, non solo non idoneo ad escludere il dolo, ma anche “evitabile con il ricorso alle procedure di storno dai ricavi dei corrispettivi non riscossi” di cui, nel caso di specie, l’imputato non ha dato dimostrazione.

Con riguardo al quarto motivo, la Corte di legittimità ha ritenuto la decisione della Corte d’Appello errata nella parte in cui ha escluso l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. per aver erroneamente confuso il concetto di tipicità della condotta con quello di tenuità dell’offesa. Se, infatti, è pacifico che il superamento della soglia di punibilità prevista dall’art. 10-ter d.lgs. 74/2000 (euro 250.000,00) costituisce la condotta tipica richiesta quale elemento costitutivo della fattispecie criminosa prevista, è altrettanto vero che, a fronte del modesto superamento di tale valore, il Giudice debba considerare esclusa la punibilità della condotta ex art. 131-bis c.p., come pacificamente già accade in tema di guida in stato di ebrezza, per cui si distingue tra illecito amministrato e reato a seconda del superamento del tasso alcolemico accertato. Per tali motivi, non potendo la Corte operare un giudizio di merito, ha cassato con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello giudicante, accogliendo la doglianza in ordine alla violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett b) ed e) in relazione all’art. 131-bis c.p.


Segnalazione a cura di Stefania Segato




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