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Diritto Penale

OLTRAGGIO A PUBBLICO UFFICIALE - Cass. Pen. sez. VI, 03 marzo 2020, n.9200

MASSIMA Ai fini della sussistenza del reato di oltraggio a pubblico ufficiale non è necessario che l'offesa sia stata percepita da più persone, oltre ai destinatari; è sufficiente, infatti, che le espressioni offensive possano essere udite dai presenti, poiché già questa potenzialità costituisce un aggravio psicologico, che può compromettere l'attività del pubblico ufficiale, facendogli avvertire condizioni avverse, per lui e per l'amministrazione di cui fa parte, ulteriori rispetto a quelle ordinarie. Pertanto, è necessaria soltanto la prova della presenza di più persone e, ove questa risulti accertata, sarà sufficiente a far ritenere integrato il reato la mera possibilità della percezione dell'offesa da parte dei presenti.

IL CASO Un uomo rivolge frasi da contenuto irriguardoso ed offensivo (Che c...o volete … Non mi rompete la m...a') a due agenti di Polizia municipale che lo avevano invitato a moderare la velocità del proprio veicolo; tutto ciò avveniva in una piazza piena di persone che partecipavano a una manifestazione religiosa. È oltraggio a pubblico ufficiale? Secondo i giudici del Tribunale e della Corte d’Appello sì, poiché l’uomo “ha, in luogo pubblico e alla presenza di più persone, proferito all'indirizzo di due agenti della Polizia municipale, nell'esercizio ed a causa delle loro funzioni istituzionali, parole evidentemente offensive”.

LA QUESTIONE Così replicano i difensori dell’uomo nel giudizio innanzi alla Corte di Cassazione: illogico parlare di “oltraggio a pubblico ufficiale” dal momento che la condotta incriminata non si è risolta in un’offesa alle qualità morali delle persone esercenti l'ufficio pubblico, non ledendone l'onore. Le parole spese dall’uomo non rivestono quindi una valenza obiettivamente denigratoria della funzione svolta dagli agenti, e quindi non ne compromettono in alcun modo il prestigio. Peraltro, continuano i difensori dell’uomo, “non v'è prova dell'avvenuta percezione” delle parole offensive “da più di due persone”, ossia da altri soggetti oltre ai due vigili urbani destinatari delle medesime.

LA SOLUZIONE Secondo i giudici della Cassazione, però, le frasi pronunciate dall'uomo sono obiettivamente lesive dell'altrui onore, quali incontestabili manifestazioni di disprezzo verso la persona dei destinatarii, indipendentemente dal ruolo sociale da questi ricoperto. Del resto, appare evidente che le offese rivolte ai due agenti si giustificano proprio in relazione alla funzione da questi esercitata e al ruolo da questi ricoperto, quali responsabili dell’ordine pubblico dotati di poteri autoritativi. Quanto poi al rilievo per cui l'offesa non sarebbe stata percepita da altre persone, oltre ai destinatari, la Suprema Corte precisa che per la sussistenza del reato in esame è sufficiente che le espressioni offensive possano essere udite dai presenti, poiché già questa potenzialità costituisce un aggravio psicologico che può compromettere l'attività del pubblico ufficiale. Basta quindi la prova della percepibilità dell’offesa da parte di più persone, la cui presenza, quindi, è sufficiente a far ritenere integrato il reato di oltraggio a pubblico ufficiale.

Segnalazione a cura di Caterina F.C. Pietris





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