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Diritto Penale

MISURE DI SICUREZZA - CONFISCA PER EQUIVALENTE - Cass. Sez. VI, 9 settembre 2020, n. 25609

LA MASSIMA


Nel caso in cui, nel patrimonio dell'autore del reato ovvero di taluno dei concorrenti, siano individuabili denaro o beni fungibili costituenti profitto del reato, prima di poter disporre la confisca per equivalente in sentenza (anche di applicazione della pena su richiesta) è necessario disporre previamente, o quantomeno tentare, l’ablazione diretta dei valori costituenti provento di reato; pertanto la confisca di valore è possibile solo quando il tentativo di aggressione diretta del profitto si sia rivelato infruttuoso per l'indisponibilità materiale di beni da apprendere.


IL CASO


Con sentenza di patteggiamento, il G.U.P. presso il Tribunale di Pistoia disponeva su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p. (c.d. patteggiamento) nei confronti della ricorrente, imputata in ordine al reato di cui all’art. 648 bis cod. pen., la confisca per equivalente, ai sensi degli art. 240, 322 ter e 323 comma 3 cod. proc. pen., nei limiti delle somme di rapporti bancari e/o i beni mobili e immobili appartenenti all’imputata.

Avverso la sentenza del G.U.P. toscano, l’imputata, tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione di legge, in quanto il giudice di prime cure aveva disposto, nonostante non rientrasse nell’accordo ex art. 444 c.p.p., la confisca per equivalente ai sensi dell'art. 322 ter cod. pen. e non quella prevista dall’art. 648 quater cod. pen., norma specifica in relazione al reato ascritto all’imputata. Inoltre la difesa chiarisce che il profitto del reato ascritto alla ricorrente era stato impiegato esclusivamente per acquistare un immobile, già oggetto di sequestro preventivo.


LA QUESTIONE


In primo luogo, stanti i limiti indicati all’art. 448 comma 2 bis cod. proc. pen., all’impugnabilità delle sentenze di patteggiamento, la Sesta Sezione penale della Corte di Cassazione, richiamando la sentenza delle Sezioni Unite, n. 21369 del 26/09/2019, sostiene che è ammissibile il ricorso per cassazione riguardante le misure di sicurezza, personali o patrimoniali, nel caso in cui esse non abbiano formato oggetto dell’accordo delle parti.

Quanto alle questioni sollevate dalla ricorrente, innanzitutto, la Sesta Sezione penale della Corte di Cassazione riconosce che, alla luce del reato ascritto alla ricorrente, doveva essere disposta la confisca ai sensi dell’art. 648 quater cod. pen. e non quella prevista all’art. 322 ter cod. pen.; tuttavia, l’inesatta indicazione formale della disposizione applicata non determinava alcun vizio rispetto al quale poter ravvisare un concreto interesse della ricorrente all'impugnazione, atteso che l’art. 648 quater cod. pen., nel prevedere la confisca obbligatoria, anche per equivalente, del prodotto e del profitto dei reati presupposto ivi previsti, in caso di sentenza di condanna e di patteggiamento, ricalca quasi pedissequamente la disciplina dell’art. 322 ter cod. pen.

Successivamente, la Sesta Sezione penale della Corte di Cassazione passa ad analizzare la questione riguardante la confisca per equivalente, osservando, in primo luogo, che l’art. 648 quater comma 2 cod. pen. stabilisce che la confisca per equivalente può essere disposta solo quando non è possibile procedere alla confisca del prodotto o del profitto dei reati presupposto.

In ossequio al dato testuale della norma, la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione sostiene che la confisca per equivalente del compendio delittuoso possa essere legittimamente disposta solo se, per una qualsivoglia ragione, i proventi dell'attività illecita, di cui pure sia certa l’esistenza, non siano rinvenuti nella sfera giuridico-patrimoniale dell’agente (Sez. 5, n. 46500 del 19/09/2011, Rv. 251205).

L’ablazione per equivalente, o di valore, è prevista per il solo caso in cui non sia possibile agire direttamente sui beni costituenti il profitto o il prezzo del reato, a causa del mancato loro reperimento, e consente di apprendere utilità patrimoniali di valore corrispondente, di cui l’imputato abbia la disponibilità: in tale caso, l’ablazione per equivalente può riguardare un qualunque bene di cui l’imputato abbia la disponibilità, anche in modo legittimo e, comunque, indipendentemente dalla commissione dell’illecito penale a lui contestato, a condizione che nella sfera giuridico-patrimoniale del soggetto attivo non sia rinvenuto, per una qualsivoglia ragione, il prezzo o profitto del reato per cui si proceda, ma di cui sia ovviamente certa l'esistenza (Sez. 1, n. 28999 dell'01/04/2010, Rv. 248474; Sez. 5, n. 15445 del 16/01/2004, Rv. 228750 nonché Sez. U., n. 41936 del 25/10/2005, Rv. 232164).

Peraltro, nel caso in cui il profitto sia costituito da una somma di denaro, bene fungibile per eccellenza, essa non è assoggettabile a confisca per equivalente, in quanto il denaro è sempre oggetto di confisca diretta, e la sua trasformazione in beni di altra natura, fungibili o infungibili, non è di ostacolo al sequestro preventivo, che può avere ad oggetto il bene di investimento così acquisito (Sez. U, n. 10280 del 25/10/2007, Rv. 238700; Sez. U n. 10561 del 30/1/2014; Sez. 2, n. 14600 del 12/03/2014, Rv. 260145; Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Rv. 264437).

La Sesta Sezione penale della Corte di Cassazione precisa che sono considerati profitto del reato anche l’impiego redditizio del denaro di provenienza delittuosa e i beni in cui questo è trasformato, in quanto tali attività di impiego di trasformazione non possono impedire che venga sottoposto ad ablazione ciò che rappresenta l’obiettivo del reato posto in essere (Sez. 6, n. 11918 del 14/11/2013, Rv. 262613).

Invero, nel sistema penale, non costituiscono ostacolo alla confisca (e, quindi, nella fase delle indagini, al sequestro) le trasformazioni o modifiche che il prodotto del reato ha subito, cosicché, ove le cose da sequestrare siano per loro natura fungibili, originariamente o a seguito di trasformazione, l’eventuale commistione tra cose lecite e cose illecite, appartenenti allo stesso genere, costituisce una forma di trasformazione dell’originario prodotto del reato in cose comunque separabili con operazioni di peso, misurazione o numerazione. Il tutto in conformità alla regola civilistica che prevede, per le obbligazioni che hanno ad oggetto denaro o altre cose fungibili, l’obbligo di restituire "altrettante cose della stessa specie e qualità", regola generale applicabile anche in sede penale, in considerazione della natura patrimoniale della misura di sicurezza (Sez. 6, n. 1041 del 14/04/1993, Rv. 195683).

LA SOLUZIONE


La Sesta Sezione penale della Corte di Cassazione, richiamando gli orientamenti giurisprudenziali anzidetti, stabilisce, quindi, che bisogna disporre, in via prioritaria, o almeno tentare, la confisca diretta del profitto del reato, potendo ordinare la confisca per equivalente dei beni mobili e immobili solo in caso di impossibilità di procedere all’ablazione in forma specifica.

La Corte, quindi, conclude per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla disposta confisca.

Segnalazione a cura di Mariele Divincenzo





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