LA MASSIMA
"In tema di presupposti per l'applicazione delle misure cautelari personali, il pericolo di recidiva è attuale ogni qual volta sia possibile una valutazione prognostica fondata su elementi concreti, desunti sia dall’analisi della personalità dell’indagato –valutabile anche attraverso le modalità del fatto per cui si procede, sia dall’esame delle concrete condizioni di vita di quest’ultimo. Ne consegue che il relativo giudizio non richiede la previsione di una specifica occasione per delinquere che, pertanto, esula dall’onere motivazionale del giudice".
IL CASO
Il Tribunale per i minorenni di Salerno, in funzione di Tribunale della libertà, in accoglimento dell’appello proposto dal pubblico ministero, ha sostituito nei confronti del minore indagato la misura cautelare della permanenza in casa con quella del collocamento in comunità.
In particolare al minore sono stati contestati i reati di cui all’art. 73 D.P.R. n.309/1990 per la detenzione di hashish a fine di spaccio e all’art. 4 L. 110/1975 per la detenzione di un coltello di tipo a serramanico. All’esito della perquisizione, la sostanza stupefacente di cui al capo A) è stata ritrovata in parte indosso alla persona e in parte in casa del minore. Per tale ragione il pubblico ministero, ritenendo inidonea la misura disposta, ha appellato l’ordinanza di primo grado, richiedendo l’applicazione di una diversa misura.
Il tribunale per i minorenni, sulla base dell’argomentazione addotta dalla parte pubblica, ha sostenuto che l’abitazione sarebbe stata la “base logistica” dell’attività di spaccio; di conseguenza ha disposto la sostituzione della misura cautelare, ritenendo che l’inserimento del minore in una comunità potesse indurlo a comportamenti più adeguati al rispetto delle regole.
LA QUESTIONE
Avverso tale decisione hanno proposto ricorso per cassazione i genitori dell’indagato, rilevando, in primo luogo, la contraddittorietà della motivazione nella parte in cui ha omesso di constatare che la sostanza trovata in casa non era suddivisa e che all’esito della perquisizione non erano stati trovati oggetti idonei a confezionare o pesare la droga, tali da far ipotizzare un’ avviata attività di spaccio.
Inoltre, secondo la prospettazione difensiva, la condotta contestata al minore ben potrebbe inquadrarsi nell’ambito della più lieve ipotesi prevista dal comma V della disposizione de qua, anche alla luce di quanto puntualizzato dalle Sezioni Unite n. 51063 del 27.09.2018 in merito alla diversità delle sostanze stupefacenti.
Infine, a parere dei ricorrenti, il Tribunale non avrebbe considerato il tempo trascorso tra il fatto per cui si procede e l’applicazione della misura (quattro mesi e undici giorni), durante i quali l’indagato non si è reso responsabile di alcunchè, sicché nei suoi riguardi non può dirsi dimostrato il requisito dell’attualità delle esigenze cautelari. A sostegno di tale doglianza, il ricorrente ha evocato un noto precedente giurisprudenziale secondo cui “in tema di esigenze cautelari, l’art. 274 lett. c richiede che il pericolo che l’imputato commetta altri delitti deve essere non soltanto concreto, ma anche attuale, da cui deriva la necessità di dimostrare che all’imputato si sia presentata effettivamente un’occasione per compiere ulteriori delitti” (Cass. sez. VI, sentenza n. 24475 del 4.5.2016)
LA SOLUZIONE
La Corte di Cassazione, pronunciandosi sul ricorso presentato dall’indagato, ha affermato, quanto al primo motivo di impugnazione, che il ragionamento seguito dal Tribunale del Riesame, per quanto stringato, non può dirsi manifestamente illogico in considerazione anche dell’assoluta genericità della censura mossa dalla difesa.
Con riferimento, invece, al secondo motivo, la Suprema Corte si è limitata a rinviare quanto già dedotto in sede di merito dal Tribunale dei minorenni, a parere del quale la quantità complessiva delle dosi ricavabili è sufficiente ad escludere la riconducibilità del fatto nell’ipotesi di cui al comma V dell’art. 73 d.p.r. n.309/1990.
Con riguardo, infine, al tema dell’attualità delle esigenze cautelari per decorso del tempo, è stato osservato che la distanza temporale (quattro mesi circa) non è idonea a far ritenere non attuale il rischio della recidiva. Sul punto, peraltro, i giudici di legittimità hanno preferito discostarsi dal precedente giurisprudenziale richiamato dal ricorrente, in virtù del nuovo orientamento consolidatosi a riguardo secondo cui “il requisito dell’attualità del pericolo non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di una analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio ambientale”(ex multis Cass. sez. V, sentenza n. 11250 del 19.11.2018)
Alla luce di tale principio, pertanto, la motivazione fornita dal Tribunale di Salerno, congruamente e logicamente, ha dato atto di una serie di elementi indicativi dell’effettività del pericolo che la stessa misura cautelare è chiamata a neutralizzare, sicché il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
Segnalazione a cura di Giovanna Bellomo
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