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Diritto Penale

MANCATA FORMAZIONE DEL LAVORATORE - d.lgs. 231/2001 - Cass. pen., sez. IV, 3 agosto 2021, n. 30231


LA MASSIMA

“In tema di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, l’attività di formazione del lavoratore non è esclusa dal personale bagaglio di conoscenze del lavoratore, formatosi per effetto di pregresse esperienze lavorative o per il trasferimento di conoscenze che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori. Questo tipo di apprendimento non può avere un valore surrogatorio delle attività di informazione e di formazione legislativamente previste.”


IL CASO

La Corte d'Appello contestava all’imputato, in qualità di amministratore di una società, di aver cagionato lesioni personali ad uno dei propri dipendenti, violando le norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro.

Il lavoratore, infatti, intento a tagliare un pannello di polistirene estruso, con l'uso di una sega circolare, sprovvista di spingitoi, entrava in contatto con la lama, riportando una "lesione complessa pollice e indice della mano sinistra" che comportava una malattia superiore a quaranta giorni.

La Corte di merito individuava nella violazione dell'art. 37 d.lgs. 81/2008 il profilo di colpa specifica da addebitarsi all'imputato.

Avverso la sentenza predetta proponeva ricorso l'imputato, tramite il proprio difensore, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione e lamentando una erronea individuazione del responsabile del fatto, in quanto, nella sua qualità di amministratore, non avrebbe dovuto essere chiamato a rispondere delle violazioni ipotizzate.

Il ricorso veniva rigettato per le ragioni di seguito esposte.


LA QUESTIONE

Il tema attiene alla possibilità di configurare la mancanza di adeguata formazione professionale del dipendente da cui derivano lesioni gravi o gravissime come un vantaggio per l’ente ai sensi dell’art. 5 D.Lgs. 231/2001 idoneo a configurare l’omonima responsabilità.


LA SOLUZIONE

Con la sentenza in esame la Suprema Corte si è pronunciata in merito all’importanza della formazione tra gli obblighi che ricadono in capo al datore di lavoro in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro.

Invero, secondo quanto stabilito dall'art. 37 D.lgs. 81/08, la prevenzione del rischio è strettamente correlata all'obbligo di formare e informare il lavoratore, nonché di vigilare affinché siano attuate le misure previste ai fini della tutela della sua incolumità.

Sul punto, la Suprema Corte ha precisato che la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione non sia equiparabile ad una delega di funzioni. Di conseguenza, ove si concretizzi un rischio prevedibile non considerato ed ove l'evento sia causalmente collegato all'omessa o incompleta formazione del lavoratore, dell'infortunio dovrà comunque rispondere il datore di lavoro.

I giudici di legittimità hanno chiarito, altresì, che l’attività di formazione del lavoratore non è esclusa dal personale bagaglio di conoscenze del lavoratore, formatosi per effetto di pregresse esperienze lavorative o per il trasferimento di conoscenze che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori. Questo tipo di apprendimento non può avere un valore surrogatorio delle attività di informazione e di formazione legislativamente previste.

Pertanto, nel caso di specie, l’infortunio dell’operaio, il quale aveva solo beneficiato di un corso di formazione di otto ore sulle mansioni da svolgere, non può che addebitarsi alla lacunosa formazione professionale ricevuta.

Affermata la responsabilità del datore di lavoro, gli ermellini concordano con la Corte di merito anche in materia di responsabilità amministrativa ai sensi del D.lgs. 231/2001.

Invero, ai sensi dell’art. 5, comma 1 D. Lgs 231/2001, l'ente e' responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:

a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonche' da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;

b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a). L'ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi.

Sul punto, la Suprema Corte ha ritenuto integrato il requisito del vantaggio per la società in termini di risparmio per l’ente, sia economici sia per le risorse impegnate, per non aver sostenuto costi aggiuntivi per i corsi e per le relative giornate di lavoro perse, con la conseguenza di immettere nell’attività produttiva lavoratori non adeguatamente formati e allertati delle possibili insidie che il luogo di lavoro può sempre presentare.


Segnalazione a cura di Giulia Fanelli


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