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Diritto Penale

LEGITTIMA DIFESA - ECCESSO COLPOSO - Cass.Pen., sez. III, 10 dicembre 2019, n. 4988

MASSIMA “In tema di legittima difesa, la Terza sezione ha affermato che la causa di non punibilità prevista dall’art. 55, secondo comma, cod. pen., come integrato dalla legge 26 aprile 2019, n. 36, per chi abbia agito in condizioni di minorata difesa o in stato di grave turbamento derivante dalla situazione di pericolo in atto, non è configurabile quando l’azione difensiva illecita, ascritta a titolo di eccesso colposo, non sia determinata dall’intento di salvaguardare la propria o altrui incolumità, ma sia esclusivamente riferibile alla difesa dei beni propri o altrui, senza che sia ipotizzabile il pericolo di aggressione personale contemplato dall’art. 52, secondo comma, lett. b), cod. pen.”.

IL CASO Il presente giudizio riguarda il caso di un soggetto condannato a titolo di omicidio per aver cagionato la morte di uomo che stava per intrufolarsi illecitamente nella sua abitazione. Nei giudizi di merito, la condotta è stata ascritta come omicidio doloso dal giudice di primo grado e poi riqualificata in omicidio colposo per eccesso di legittima difesa dal giudice d’appello. Nel dettaglio, i fatti di causa sono avvenuti in piena notte quando l’imputato, destato da rumori sospetti, si rendeva conto che un malintenzionato stava per entrare nella propria abitazione attraverso il balcone presente nella camera dei figli. Così, per prevenire qualsiasi danno, dopo aver impugnato il suo fucile da caccia, legalmente detenuto, si determinava a sparare più colpi, provocando immediatamente la morte del malintenzionato che, nel frattempo, temendo di essere scoperto, si era allontanato nel girardino antistante e ivi stava fermo per verificare se il furto era o meno sfumato

LA QUESTIONE La questione di diritto posta al vaglio della Cassazione riguarda l’operatività della scriminante della legittima difesa ovvero dell’eccesso colposo, così come riformati di recente ad opera della l. n. 36/20019, per il caso in cui un soggetto, sorprendendo dei ladri nella propria abitazione, aggredisca la loro incolumità fisica. Al fine di una migliore trattazione della pronuncia in commento, occorre svolgere un qualche cenno alla disciplina della legittima difesa e a quella dell’eccesso colposo, tenendo conto delle riforme legislative che sono intervenute in tema. La legittima difesa è prevista dall’art. 52 c.p. e rappresenta una causa di giustificazione, o scriminante. Invero, la stessa, al pari delle altre scriminanti, è idonea a far venir meno l’antigiuridicità della condotta allorquando ricorrono i requisiti di legge. L’art. 52 c.p. prevede che la legittima difesa opera come scriminante solo al ricorrere di tre elementi: in primo luogo, il pericolo attuale di un’offesa ingiusta ad un diritto proprio o altrui; in secondo luogo, la necessità di reagire a scopo difensivo; infine, il criterio della proporzionalità, ossia che la difesa sia proporzionale all’offesa, da riferirsi non già in base ai mezzi utilizzati ma con riferimento ai beni giuridici in gioco. In altri termini, la proporzionalità va valutata in base ai beni compromessi, non potendo difendere il proprio patrimonio attraverso condotte volte a ledere l’incolumità fisica dell’attentatore. Tale disciplina è stata oggetto di diverse modifiche ad opera del legislatore, dapprima ad opera della L. 13 febbraio 2006, n. 59, e ,recentemente, della già citata L. 36 del 2019 n. 36, al fine di inasprire la reazione penale verso le aggressioni perpetrate nel domicilio (si vedano gli aggravamenti di pena apportati ai reati di cui agli artt. 614, 624 bis e 628 c.p.) e, al contempo, di guardare con indulgenza alle condotte di autodifesa del cittadino. In particolare, con la L. n. 59 del 2006 si introduce al secondo comma dell’art. 52 c.p. la c.d. “presunzione di proporzionalità”, disponendo, che la reazione è da considerarsi legittima allorché “taluno, legittimamente presente in uno dei luoghi indicati dal comma 1 usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o altrui incolumità; b) i beni propri o altrui quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione”. Con tale previsione, una prima tesi ha ritenuto configurarsi una sorta di presunzione assoluta, nel senso che qualora l’aggressore si introduca nel domicilio altrui illecitamente, la reazione del soggetto legittimamente presente è da considerarsi sempre proporzionata. Tuttavia, la giurisprudenza maggioritaria, al fine di restringerne la portata applicativa, aveva fin da subito chiarito che la presunzione riguardasse solo il criterio della proporzionalità, al fine di legittimare l’uso delle armi, fermo restando che la condotta del soggetto che reagisce potrà dirsi scriminata ex art. 52 c.p. solo al ricorrere delle altre condizioni di cui al comma 1, quali l’attualità dell'offesa ad un diritto patrimoniale e il pericolo per la propria o l’altrui incolumità (Sez. 1, n. 50909 del 07/10/2014, Thekna, Rv. 261491; Sez. 1, n. 16677 del 08/03/2007, Grimoli, Rv. 236502). La riforma del 2006, inoltre, estende l’operatività della scriminante della legittima difesa anche a quelle condotte di reazione poste in essere all'interno di ogni altro luogo ove venisse esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale. Con la recente riforma del 2019, il legislatore ha ulteriormente ampliato l’operatività della scriminante de qua, inserendo un ulteriore comma con cui si statuisce che legittima difesa sussiste “sempre” quando è volta a respingere l’intrusione di terzi che operano con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica. Un’interpretazione letterale di tale novella indurrebbe a considerare sempre sussistente la scriminante ex art. 52 c.p. già al ricorrere di una mera intrusione illegittima nella proprietà, a prescindere che tale intrusione possa mettere in pericolo l’incolumità personale di taluno. Tuttavia, le prime interpretazioni giurisprudenziali mirano a mitigare l’ampiezza di tale disciplina, attribuendo all’avverbio “sempre” un mero valore rafforzativo, ritenendo che con tale disposizione si è voluto soltanto ribadire la presunzione del requisito di proporzionalità dei mezzi, nel senso che il soggetto che subisce l’intrusione ingiustificata di terzi nella propria abitazione, o nei luoghi ad essa assimilati, può difendersi utilizzando un’arma. (Sez. 1, n. 39977 del 14/05/2019, Addis, Rv. 276949). Di poi, si è chiarito anche che la presunzione riguarda solo il criterio della proporzionalità e che in ogni caso, affinchè l’intera condotta difensiva possa dirsi legittima, e quindi fungere da scriminante ex art. 52 c.p., devono pur sempre ricorrere le condizioni di cui al comma 1. Quindi, l’attualità dell’offesa ad un diritto (personale o patrimoniale) e la necessità di fare ricorso all'arma quale unico strumento per difendere l'incolumità propria o altrui, ovvero anche soltanto i beni se ricorra pur sempre un pericolo di aggressione personale. Per quanto riguarda l’eccesso colpo, la disciplina è contenuta nell’art. 55 c.p. a norma del quale opera la punibilità a titolo di colpa se l’agente eccede colposamente i limiti posti dal legislatore per la sussistenza delle scriminanti. Nel caso della legittima difesa, l’eccesso colposo ricorre quando il soggetto si difende in modo sproporzionato rispetto all’aggressione e tale reazione sproporzionata è frutto di una condotta negligente, imprudente e imperita. Secondo le tesi dottrinali, alla base dell'eccesso colposo vi sarebbe sempre, da parte dell'agente, un errore di valutazione della situazione che costituisce il presupposto delle cause di giustificazione. In materia di eccesso colposo ex art. 55 c.p., ha inciso la novella citata n. 36/2019 introducendo al comma 2 una causa di non punibilità per chi “ha commesso il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità ha agito nelle condizioni di cui all'articolo 61, primo comma, n. 5) ovvero in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto prevede la non punibilità”. Ciò posto, la sentenza in commento merita attenzione specialmente nella parte in cui delinea il campo di operatività degli istituti della legittima difesa ex art. 52 c.p. e della causa di non punibilità dell’eccesso colposo ex art. 55 comma 2 c.p. così come definiti dalla novella normativa n. 36/2019. Ebbene, per quanto riguarda la legittima difesa la Corte, aderendo alla tesi maggioritaria, ribadisce che l’espressione “la legittima difesa sussiste sempre” di cui all’ultimo comma dell’art. 52 c.p., non scrimini qualsiasi reazione compiuta all’interno della propria abitazione, ma solo quelle volte a difendere un’aggressione attuale o potenziale alla incolumità fisica. In tal senso, si chiarisce che con tale novella è stato soltanto rafforzata la presunzione di proporzionalità tra offesa e difesa, ritenendo adeguato l’uso anche delle armi purchè in ogni caso vi sia una offesa attuale o potenziale alla persona e non ai soli beni patrimoniali. In tal senso, si afferma che “non possa dirsi scriminato l'impiego offensivo di un'arma contro la persona quando questa, pur trovandosi ancora illecitamente all'interno del domicilio, delle appartenenze o dei luoghi equiparati, non stia tenendo una condotta da cui possa ravvisarsi l'attualità del pericolo di offesa alla persona o ai beni che esiga una preventiva reazione difensiva, dovendosi questa ritenere ingiustificata (prima ancora che suscettibile di valutazione in termini di proporzione) qualora difetti il carattere della necessità della difesa”. Inoltre, la Corte si sofferma anche sulla portata applicativa del criterio di cui all'art. 52 c.p., comma 2, lett. b) nella parte in cui prevede che il rapporto di proporzione tra offesa e difesa sussiste anche quando, pur in presenza di un mero danno ai soli beni patrimoniali, non vi è desistenza dell’aggressore ovvero vi sia un pericolo di aggressione. La Corte chiarisce tale presunzione di proporzionalità ricorre solo quando l’aggressore non desista dall'azione criminosa e sussista il pericolo - ancorchè non attuale, e pur tuttavia concreto - che questa possa trasmodare in un'aggressione alla persona. Sotto quest’ultimo aspetto, la Corte approfondisce il tema del “pericolo di aggressione”, precisando che lo stesso deve essere accertato attraverso un giudizio prognostico volto a verificare se in concreto il malintenzionato, entrato illecitamente nell'altrui domicilio o nei luoghi equiparati, mirando a commettere reati contro il patrimonio e non avendo (ancora) posto in essere (o minacciato) azioni aggressive nei confronti della persona, a ciò potrebbe determinarsi qualora la vittima tentasse di opporre resistenza. Per converso, qualora l’aggressione riguardi i soli beni patrimoniali e vi è desistenza ovvero manchi un pericolo di aggressione, la condotta di difesa deve ritenersi ingiustificata tout court (prima ancora che suscettibile di valutazione in termini di proporzione) . A sostegno di tale soluzione interpretativa, la Corte richiama sia precedenti della Corte costituzionale che i principi CEDU. Invero, si osserva che la Consulta ha sempre dato per scontato che l'istituto della legittima difesa postuli la reazione ad un'offesa in atto, non essendo invece configurabile quando al momento del fatto la stessa si sia esaurita e l'agente intenda soltanto reagire alla minaccia di un male futuro ed eventuale (Corte Cost., sent. n. 278 del 23/05/1990). Parimenti, in ambito Cedu, la Corte, oltre che evidenziare il carattere vincolante dei principi della Carta Edu in virtù dell'art. 117 Cost., comma 1 e a richiamare il valore imperante del diritto alla vita ed il divieto di volontariamente provocare la morte ex art. 2 CEDU, rammenta la prevante tesi della Corte Edu secondo cui la morte di taluno può ritenersi giustificata soltanto se "assolutamente necessario" per assicurare la difesa delle persone da una violenza illegale ( Corte EDU, Sez. 2, 14 giugno 2011, Trèvalec c. Belgo; Corte EDU, Sez. 4, 25/08/2009, Giuliani e Gaggio c. Italia). Facendo applicazione di tale assunto, la Corte nel caso de quo ha così escluso l’operatività della presunzione di proporzionalità e, più a monte, della scriminante della legittima difesa data l’assenza di una aggressione attuale o meramente potenziale all’incolumità fisica dell’imputato o dei suoi familiari. Del resto, il malvivente, nel momento in cui veniva colpito, si trovava nel giardino antistante, e ivi stava in attesa per verificare se davvero era stato scoperto e, quindi, decidere se allontanarsi definitivamente dal luogo, ovvero insistere nella furtiva intrusione. Soluzione, questa, obbligata al fine di garantire una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 52 c.p. ed evitare forme di compromissione del diritto alla vita, che è e resta uno dei diritti inviolabili dell’uomo e quindi comprimibile sono di fronte a beni di pari rango. In relazione all’applicabilità della causa di non punibilità dell’eccesso colposo così come introdotta dalla l.n. 36/2019, la Corte ritiene trattasi di una - del tutto nuova - causa di non punibilità che accede all'istituto dell'eccesso colposo in legittima difesa. Sul tema, la Corte si sofferma ampiamente, delineandone la natura giuridica, il contenuto e l’ambito di operatività della suddetta causa di non punibilità. Per quanto riguarda la natura giuridica, si ritiene che tale causa di non punibilità non costituisca una nuova causa di giustificazione. Ciò in quanto, mentre quest’ultime operano oggettivamente (ossia a prescindere dalla volontà dell’agente), elidendo l’antigiuridicità del fatto, la nuova causa di non punibilità incide solo sulla punibilità escludendola per quelle condotte gia tipiche, antigiuridiche e colpose, rispetto alle quali sia già stata accertata la violazione di una regola cautelare”. Per quanto riguarda il contenuto, la causa di non punibilità opera non per qualsiasi eccesso colposo ma solo per quei fatti riferibili alla legittima difesa e peraltro prendendo in considerazione solo taluni casi. Essa infatti è ulteriormente circoscritta alle sole ipotesi in cui il fatto avvenga per la salvaguardia della propria o altrui incolumità e solo se ricorrono le condizioni di cui all'articolo 61, primo comma, n. 5) ovvero si versi in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto. In relazione al campo di operatività, la Corte osserva come la causa di non punibilità si innesti in un comportamento colposo sicchè ai fini della sua applicabilità occorre in primo luogo compiere il giudizio di soggettiva rimproverabilità effettuato con riguardo all'agente modello, e, in secondo luogo, verificare se ricorra, alternativamente, una delle due, distinte, situazioni codificate dall’art. 55 ultimo comma c.p. In ogni caso, si osserva che se sussistono tutte le condizioni di operatività, l’agente è da ritenersi non punibile sul piano penale ex art. 55 c.p., ma la sua condotta avrà rilevanza sul piano civile ai sensi dell’art. 2044 c.c. che, così come modificato dalla citata novella n. 36/2019, consente al danneggiato di chiedere un indennizzo per il danno subito in costanza delle condotte di cui all'articolo 55, secondo comma, c.p. Alla luce di tali considerazioni, la Corte afferma che la suddetta causa di non punibilità è suscettibile di applicazione al caso concreto in quanto norma più favorevole e quindi retroattiva ai sensi dell'art. 2 c.p., comma 4. Tuttavia, al fine della sua operatività occorre verificare che ricorrano tutte le condizioni previste dalla legge e che la condotta dell’imputato, sia da intendersi inesigibile secondo un giudizio di prognosi postuma da compiere in relazione alla circostanze di tempo e di luogo del caso concreto. Trattandosi, dunque, di complessa valutazione di fatto trasmette gli atti al giudice di merito per nuovo giudizio sul punto.

LA SOLUZIONE: In definitiva la Corte, annulla la sentenza impugnata limitatamente alla valutazione sulla causa di non punibilità di cui all'art. 55 c.p., comma 2, come introdotto dalla L. n. 36 del 2019, e rinvia per nuovo giudizio sul punto al giudice di merito territorialmente competente.

Segnalazione a cura di Desireé Augusto.


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