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Diritto Penale

Le condotte di autoriciclaggio: limiti alla punibilità del riutilizzo di proventi illeciti

Svolgimento a cura di: Davide VAIRA


Il reato di autoriciclaggio è disciplinato, nell’ordinamento italiano, dall’art. 648-ter 1 del codice penale.

La sua introduzione è avvenuta tramite una novella legislativa del 2014 derivante da richieste poste in essere a livello internazionale, infatti la figura di autoriciclaggio è prevista dalla Convenzione di Strasburgo sulla corruzione, dalla Convenzione ONU contro i crimini transnazionali e dall’OCSE.

Si è sentita pertanto la necessità di colmare in Italia una lacuna rimasta aperta anche dopo l’introduzione dei reati di riciclaggio ex art. 648-bis cod. pen. e reimpiego ex art. 648-ter cod. pen. e che portava a considerare la condotta come un post-factum non punibile quando realizzata dall’autore del reato presupposto o da un concorrente, in quanto si riteneva il disvalore come già ricompreso in esso.

Con l’introduzione dell’autoriciclaggio, invece, si è sancita la punibilità del soggetto che, dopo aver realizzato o concorso a realizzare un delitto non colposo, impieghi, trasferisca o sostituisca il denaro o gli altri beni provenienti da tale delitto al fine di ostacolare l’individuazione della loro provenienza illecita.

La condotta di autoriciclaggio richiede quindi il rispetto di numerosi requisiti per essere configurata, in assenza dei quali si rientrerà nella diversa categoria del post-factum non punibile.

L’individuazione di tali requisiti risponde all’esigenza di tutelare al meglio i beni giuridici lesi da tale reato. Se infatti l’art. 648-ter 1 cod. pen. ha una collocazione topografica tra i reati contro il patrimonio, in realtà ad essere tutelati sono anche l’amministrazione della giustizia e l’ordine pubblico, in special modo quello economico.

Proprio il riferimento alla tutela dell’ordine pubblico economico permette di configurare la condotta di autoriciclaggio come reato di pericolo concreto, in quanto idonea a turbare l’economia e il mercato tramite l’introduzione di proventi della cui origine illecita si perde successivamente traccia.

Il soggetto attivo del reato di autoriciclaggio può, come esplicitato nella disposizione, essere solo l’autore del reato presupposto o un concorrente in esso.

Questa previsione ha permesso sia di colmare in modo chiaro la lacuna presente prima del 2014 sia di distinguere l’autoriciclaggio dal reato di riciclaggio, prevedendone anche una pena più mite in virtù del fatto che il disvalore complessivo delle condotte è in gran parte già presente nel reato presupposto e, di conseguenza, punito con esso, configurando la condotta dissimulatoria una semplice evoluzione dello stesso, pur rimanendone separata nettamente.

L’individuazione del soggetto attivo ha portato dottrina e giurisprudenza a discutere su due diverse problematiche.

In primo luogo si è discusso se un soggetto terzo che abbia concorso nella condotta di autoriciclaggio, pur non avendo concorso nel reato presupposto, possa rispondere di concorso in autoriciclaggio o debba rispondere del più grave reato di riciclaggio ex art. 648-bis cod. pen.

La soluzione adottata si è orientata in quest’ultimo senso in quanto si è ritenuto che, come sopra detto, il trattamento sanzionatorio più favorevole previsto per l’autoriciclaggio deriva dal fatto che il disvalore della condotta complessiva viene già prevalentemente inglobato nella sanzione del reato presupposto, cosa che evidentemente non può essere fatta per il terzo che non ha concorso nello stesso.

Inoltre ci si è chiesti se, posto che per essere punita a titolo di autoriciclaggio la condotta debba essere stata realizzata dopo l’introduzione della novella legislativa del 2014 in virtù del principio di irretroattività sfavorevole ex art. 2 cod. pen, anche il reato presupposto debba essere stato commesso dopo la novella o possa essere stato commesso anche prima.

Dottrina e giurisprudenza anche in questo caso hanno optato per la seconda opzione sulla scorta del fatto che, pur richiedendo l’autoriciclaggio il compimento di un delitto non colposo come reato presupposto, ne è totalmente indipendente.

La giurisprudenza ha poi specificato che l’autoriciclaggio può perfezionarsi anche quando il reato presupposto non sia coperto da giudicato, essendoci autonomia strutturale tra i due.

Quanto invece alla condotta integratrice del reato di autoriciclaggio, la stessa consiste nell’impiego, trasferimento o sostituzione del denaro, beni o altre utilità provenienti dal reato presupposto in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, con finalità di dissimulare la provenienza illecita degli stessi.

Con riferimento all’elemento soggettivo si è ritenuto che il reato sia configurabile tramite dolo generico, consistente nella coscienza della illecita provenienza dei beni e nella volontà, tramite le attività di trasferimento, sostituzione e impiego sopra viste, di ostacolare concretamente l’identificazione di tale provenienza delittuosa.

Dottrina e giurisprudenza hanno analizzato al riguardo il primo comma dell’art. 648-ter 1 cod. pen. sotto più profili.

In primis si è precisato che il reato di autoriciclaggio è un reato istantaneo e, pertanto, nel caso in cui siano realizzate più condotte di impiego, sostituzione o trasferimento e ciascuna di esse abbia capacità dissimulatoria autonoma, si avrà il perfezionamento di più reati di autoriciclaggio in concorso tra loro.

Si è precisato che le attività, per essere punibili, devono avere una caratterizzazione economica, facendo rientrare nella figura delle attività speculative espressamente previste anche le scommesse, che pertanto sono considerate idonee ad integrare la fattispecie.

Diversamente, il comma 4 dell’art. 648-ter 1 cod. pen. considera non punibili le condotte di mero utilizzo o godimento dei proventi illeciti del reato presupposto.

Questa volontà di non punire il mero utilizzo o godimento trova la propria ratio in diverse scelte di politica criminale.

In primo luogo l’attività di mero utilizzo e godimento non presenta alcuna finalità dissimulatoria in quanto i beni rimangono nella titolarità del soggetto agente e quindi non vi è alcuna maggiore difficoltà nella individuazione della loro provenienza illecita. Lo stesso può dirsi se i beni sono utilizzati da parte dei familiari o congiunti dell’autore.

In secondo luogo l’utilizzo e il godimento non vengono considerati attività strettamente economiche e, pertanto, non sono idonee a ledere o porre in pericolo l’ordine pubblico economico che, come specificato, è il bene giuridico principalmente tutelato dalla fattispecie in esame.

Infine il mero godimento o la mera utilizzazione vengono considerati come la naturale prosecuzione della condotta propria del reato presupposto e, pertanto, non aggiungono alcun disvalore ulteriore che richieda autonoma punibilità rispetto a quello già punito nel reato presupposto.

In tal senso si è orientata la cassazione allorché ad esempio ha ritenuto quale post-factum non punibile la condotta dell’autore del delitto di furto che, dopo aver prelevato denaro tramite una carta bancomat rubata, lo ha depositato su una carta prepagata intestata a sé stesso: il comportamento di per sé non è stato ritenuto integrante né la dissimulazione né il reimpiego del denaro nel circuito economico, essendo stato depositato sul conto del soggetto agente per fini di godimento.

Diversamente la Corte di Cassazione ha di recente ritenuto non applicabile il comma 4 dell’art. 648-ter 1 cod. pen. alla condotta di chi abbia versato i proventi della propria attività delittuosa sui conti correnti dei propri dipendenti, ritenendo la stessa punibile.

La giurisprudenza ha inoltre di ritenuto che l’attività di scommessa sia idonea a configurare l’autoriciclaggio in quanto, pur presentando il rischio di un “non ritorno” economico, essa non può essere considerata mera utilizzazione o godimento del denaro, essendo lo scopo ultimo dell’agente quello di avere tale ritorno nonché, in determinati casi, di rendere più complessa la tracciabilità del denaro, senza contare la possibilità di ricorrere a meccanismi matematici che riducano l’alea e avvicinino tale attività al concetto più tradizionale di attività finanziaria.

La Corte ha chiarito che la clausola di non punibilità relativa al mero godimento o alla mera utilizzazione dei beni vale solo nel caso in cui ciò avvenga in via diretta, laddove invece il soggettò resterà punibile ex art. 648-ter 1 se il godimento o la utilizzazione siano avvenuti dopo che abbia comunque posto attività atte a dissimulare la provenienza illecita dei beni.

È stato inoltre affermato che il trasferimento di denaro, beni o altre utilità, per integrare la condotta dissimulatoria, deve essere posto nei confronti di altri soggetti, siano essi persone fisiche o giuridiche.

Per questo motivo si è ritenuto idoneo ad integrare il reato il trasferimento di denaro da una persona fisica ad un'altra o da una società ad un’altra, mentre non è stato ritenuto integrante condotta dissimulatoria il trasferimento da un conto ad un altro, entrambi facenti capo ad uno stesso soggetto, in quanto concretamente questa attività non è stata considerata idonea a creare maggiori difficoltà nella identificazione della provenienza delittuosa.

La Corte di Cassazione ha altresì chiarito che non integra il reato di autoriciclaggio il trasferimento di beni da una società in fallimento ad altre società, in quanto si rischierebbe di punire più volte la medesima condotta, già integrante il reato di bancarotta fraudolenta, violando il divieto di bis in idem, considerando altresì che i creditori della società in fallimento sono comunque tutelati tramite altri strumenti.

La giurisprudenza ha poi precisato che l’analisi della idoneità della condotta a ostacolare o meno l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni deve essere fatta ex ante in astratto.

Ciò è dovuto al fatto che trattandosi di reato di pericolo concreto occorre valutare se la condotta di autoriciclaggio sia di per sé idonea a dissimulare la provenienza dei beni, denaro o alte utilità, ponendo così in essere un pericolo per il bene giuridico dell’ordine pubblico economico, indipendentemente dal fatto che ciò sia poi concretamente avvenuto o che sia stato impedito grazie ad un’efficace conduzione delle indagini.


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