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Diritto Penale

ISTIGAZIONE A DELINQUERE - 270 bis c.p. -Cass. I Sez., 16 febbraio 2021, n. 6138

LA MASSIMA

"Ai fini della configurabilità del reato previsto dall'art. 270 bis c.p., è necessario un rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l'interessato prende parte al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell'ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi.

Il delitto di istigazione a delinquere, previsto dall'art. 414 c.p., è reato di pericolo concreto e non presunto e richiede di conseguenza per la sua configurazione un comportamento che sia ritenuto concretamente idoneo, sulla base di un giudizio ex ante, a provocare la commissione di delitti."


IL CASO

La questione sottoposta al vaglio dei giudici di legittimità trae origine dalla doglianza del ricorrente avverso la sentenza del Tribunale che, in funzione del giudice del riesame, ha confermato l'ordinanza con cui il Giudice delle indagini preliminari ha applicato la misura cautelare della custodia in carcere.

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta l'addebito del reato di cui all'art. 302 c.p., la cui configurabilità viene desunta dalla partecipazione alla ideazione, redazione e diffusione di un documento che non rivela alcuna indicazione, neppure implicita, di finalità eversive.

Tra i motivi di ricorso, il ricorrente deduce altresì la carenza degli elementi che possano giustificare la configurabilità del delitto di cui all'art. 270 bis c.p., asserendo la mancanza di prove dell'esistenza di un'associazione avente come obiettivo il compimento di atti di terrorismo, che sia dotata di struttura, di risorse e capacità operative che concretizzino il pericolo della commissione di tale reato.

In particolare, si osserva che i che i singoli episodi ipotizzati a carico del ricorrente non risultano essere concretamente idonei a creare anche solo il pericolo di un grave danno al Paese o di intimidire e creare panico nella popolazione. In tal senso, si lamenta anche la violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di istigazione a delinquere aggravato dalla finalità terroristica o eversiva e alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, deducendo una grave sproporzione tra l'ipotizzata finalità terroristica o eversiva e le condotte in concreto contestate


LA QUESTIONE

La questione sottoposta al vaglio della Suprema Corte attiene alla configurabilità del delitto di istigazione a delinquere con finalità terroristiche ed eversive.

Nello specifico, ci si chiede quali siano le condotte materialmente idonee a configurare le fattispecie di cui agli artt. 302, 414 e 270 bis c.p. e come debba essere condotto l'accertamento di tale idoneità.


LA SOLUZIONE

La Suprema Corte annulla l'ordinanza senza rinvio relativamente ai reati di cui agli artt. 302 e 414 c.p.

Annulla l'ordinanza con rinvio, limitatamente al reato previsto dall'art. 270 bis c.p.

Anzitutto, in relazione al reato di istigazione alla commissione di delitti non colposi contro la personalità interna e internazionale dello Stato, la sentenza impugnata non sembra dar conto in motivazione di un pericolo effettivo e non meramente generico e potenziale. Per vero, è doveroso precisare che, ai fini della configurabilità del delitto de quo, occorre che il comportamento dell'agente sia tale - per il suo contenuto intrinseco, per la condizione personale dell'autore e per le circostanze di fatto in cui si esplica - da determinare il rischio, non teorico ma effettivo, della commissione di atti di terrorismo o di delitti associativi con finalità di terrorismo.

Analoghi rilievi censori sono svolti a riguardo dell'addebito cautelare costruito sulla fattispecie di cui all'art. 414 c.p. A riguardo, il Tribunale ha svolto un esame sostanzialmente generico dei vari episodi cui il ricorrente ha preso parte ed ha concluso per la loro natura istigatoria senza un'adeguata illustrazione delle ragioni capaci di sostenere e giustificare un tale asserto. In tal modo non si è tenuto conto del principio secondo cui il delitto di istigazione a delinquere è reato di pericolo concreto e non presunto e richiede di conseguenza, per la sua configurazione, un comportamento che sia ritenuto concretamente idoneo, sulla base di un giudizio ex ante, a provocare la commissione di delitti.

Per quanto attiene al reato associativo, di cui all'art. 270 bis c.p., giova osservare che il compimento di atti di violenza di matrice anarchica non consente di ritenere integrato il reato de quo, qualora sia supportato da una mera adesione individuale al programma di un'associazione ispirata a tale ideologia, essendo invece necessario che i soggetti agenti abbiano costituito una cellula della predetta associazione, o un gruppo di affinità alla stessa, alla quale risultino riconducibili le azioni delittuose poste in essere.

Nella sentenza impugnata non viene di fatto spiegato se l'attività del ricorrente possa essere considerata espressiva dell'esistenza di un rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno status di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l'interessato prende parte al fenomeno associativo. Resta, dunque, non sufficientemente delineata la condotta partecipativa ascritta al ricorrente, di cui è affermata l'adesione ideale al programma anarchico, ma non è descritto l'effettivo inserimento nella struttura organizzata, con lo svolgimento di attività preparatorie per l'esecuzione del programma e l'assunzione di un ruolo concreto nell'organigramma criminale.


Segnalazione a cura di Flavia De Grazia




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