MASSIMA
“In tema di reati contro la pubblica amministrazione, va esclusa la ricorrenza della scriminante del libero esercizio del diritto di critica nei confronti del magistrato requirente che, in occasione della lettura del dispositivo della sentenza che aveva condannato l’imputato, venga da questi applaudito sarcasticamente accompagnando il gesto con la frase “adesso è contento PM ?”, ciò in quanto il dissenso deve ritenersi espresso con modalità offensive e non invece realizzando un "mero sfogo difensivo" rivolto a disapprovare l'attività del Pubblico Ministero”.
IL CASO
La vicenda trae origine da un episodio accaduto al termine di una udienza penale svolta dinanzi la Quarta Sezione del Tribunale di Palermo per il delitto di tentato omicidio in danno di due cittadini extracomunitari per il quale veniva emessa pronuncia di condanna alla pena di anni 19 di reclusione a carico di C.V.
In quella sede si verificava un episodio di insulti e intolleranza nei confronti del P.M. di udienza, per il quale, per la rilevanza penale, si è proceduto a carico del predetto C..
Si era verificato, infatti, che alla lettura del dispositivo, il C. rivolgeva espressioni ironiche nei confronti del Pubblico Ministero esorbitando i limiti del legittimo dissenso ("adesso è contento Pubblico Ministero?", accompagnato da un applauso). Contro la sentenza proponeva ricorso per Cassazione l’imputato, in particolare sostenendo di aver voluto manifestare il proprio dissenso circa la prospettazione accusatoria che aveva consentito all'Accusa di vedere affermata la responsabilità penale dell'imputato.
LA QUESTIONE
I Supremi Giudici ricostruiscono il quadro giurisprudenziale ricordando come più volte (ex plurimis Cass. pen. 20085/2011) sia stato affermato che ai fini della configurabilità del delitto di oltraggio ad un magistrato in udienza, non rientrano nell'ambito del legittimo esercizio del diritto di critica le espressioni o gli apprezzamenti rivolte alla persona del magistrato, bensì solo quelle che investono la legittimità o l'opportunità del provvedimento in sè considerato.
La Suprema Corte ricorda come la ratio dell'art. 343 c.p. è la tutela dello Stato nell'esercizio della funzione giudiziaria ed il reato sussiste quando tale interesse viene leso con espressioni di scherno o di minaccia nei confronti di chi in quel momento esercita la funzione di magistrato (a titolo paradigmatico Cass. pen. 37383/2003).
L'applicabilità della scriminante di cui all'art. 598 c.p., co. 1 c.p., presuppone per la Cassazione che le espressioni offensive concernano, in modo diretto ed immediato, l'oggetto della controversia e non siano adoperate contro la persona che rappresenta l'autorità giudiziaria.
La Corte di appello aveva escluso la ricorrenza della scriminante del libero esercizio del diritto di critica nei confronti del magistrato requirente in occasione della lettura del dispositivo della sentenza che aveva condannato l’imputato, poichè il dissenso era stato espresso con modalità offensive e non invece realizzando un "mero sfogo difensivo" rivolto a disapprovare l'attività del Pubblico Ministero.
Nel caso di specie, l'espressione indirizzata al P.M. aveva assunto una evidente e obbiettiva natura oltraggiosa per le modalità irriguardose e perentorie con cui era stata proferita, proprio alla stregua del contegno irrispettoso dell'imputato, accompagnato da eloquente gestualità dell'ironico applauso.
LA SOLUZIONE
La Suprema Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Segnalazione a cura di Mattia Di Florio
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