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Diritto Penale

INCENDIO E DANNEGGIAMENTO - Cass. pen., Sez. I, 9 aprile 2021, n. 13421

LA MASSIMA

“Il reato di danneggiamento seguito da incendio richiede, come elemento costitutivo, il sorgere di un pericolo di incendio, sicché non è ravvisabile qualora il fuoco appiccato abbia caratteristiche tali che da esso non possa sorgere detto pericolo per cui, in questa eventualità o in quella nella quale chi, nell'appiccare il fuoco alla cosa altrui al solo scopo di danneggiarla, raggiunge l'intento senza cagionare né un incendio né il pericolo di un incendio, è configurabile il reato di danneggiamento, mentre se detto pericolo sorge o se segue l'incendio, il delitto contro il patrimonio diventa più propriamente un delitto contro la pubblica incolumità e trovano applicazione, rispettivamente, gli articoli 423 e 424 cod. pen”.


IL CASO

Con ordinanza di custodia cautelare, confermata dal Tribunale del riesame, il Giudice per le indagini preliminari ha contestato all’indagato il reato di cui all’art. 423 c.p.. In particolare, si è ritenuto che l’indagato abbia provocato un incendio di significative proporzioni; incendio che ha causato la distruzione integrale di un’autovettura e il danneggiamento parziale di altri due veicoli posteggiati in un parcheggio condominiale. Si è rilevato, altresì, che detto incendio non si sia ulteriormente sviluppato solo grazie al tempestivo intervento dei Vigili del Fuoco, giunti sul posto dopo essere stati telefonicamente allertati. Avverso questa ordinanza, l’indagato ha proposto ricorso per cassazione deducendo, tra gli altri, violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, per la mancanza di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto della configurazione del reato contestato, e della sussistenza dell’elemento soggettivo richiesto dalla fattispecie in questione. Pertanto, è stata invocata, dal difensore dell’indagato, la riqualificazione del reato ai sensi dell’art. 424 c.p..


LA QUESTIONE

La sentenza, se pur ai fini del gravame cautelare, si occupa del corretto inquadramento del delitto di cui all’art. 423 c.p. e, in particolare, del rapporto intercorrente con le fattispecie di danneggiamento e danneggiamento seguito da incendio, di cui rispettivamente agli artt. 635 e 424 c.p..


LA SOLUZIONE

La prima Sezione, nel richiamare gli orientamenti consolidati della stessa Corte, e nel ritenere corretta la qualificazione giuridica operata prima dal Giudice per le Indagini Preliminari e poi dal Tribunale del Riesame, non accoglie la richiesta di riqualificazione della fattispecie di incendio (art. 423 c.p.) nel meno grave danneggiamento seguito da incendio (art. 424 c.p.). Il giudice di legittimità ha ribadito che, ai fini dell’integrazione della seconda ipotesi delittuosa, in base alla previsione di cui al primo comma dell'art. 424 c.p., è necessario che dalla condotta di appiccamento del fuoco a una cosa derivi causalmente quanto meno un pericolo di incendio. Secondo l’interpretazione della dottrina più accreditata, la fattispecie è configurata secondo lo schema tipico dei reati di pericolo indiretto: la condotta tipica, l’appiccamento del fuoco, è punita se e in quanto genera il pericolo di una fattispecie empirica, l’incendio, che a sua volta mette a repentaglio l'incolumità pubblica. Pertanto, può così ritenersi che la soglia di tutela penale sia definita a uno stadio prodromico ed anteriore rispetto alla messa in pericolo dell'ultimo bene giuridico tutelato. La fattispecie descritta dal primo comma dell'art. 424 c.p. costituisce, pertanto, un reato di pericolo concreto, dato che il pericolo di incendio integra un requisito necessario, che deve essere accertato in concreto dal giudicante. Più precisamente, la componente del pericolo di incendio ha natura, secondo la costante giurisprudenza della Corte, di condizione obiettiva di punibilità. La Cassazione delinea dunque la differenza tra il reato di incendio e quello di danneggiamento seguito da incendio. Tale elemento differenziale è da individuarsi, secondo la Corte, nella volontà del soggetto attivo del reato: nella prima fattispecie, questi agisce per provocare un incendio; nella seconda soltanto per danneggiare, senza la previsione ed anzi escludendo che deriverà un incendio, che quindi costituisce una conseguenza non voluta, casualmente riferibile, per colpa, alla sua azione o omissione. Ne consegue che quando l'agente abbia compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare un incendio, e cioè un fuoco con caratteristiche di intensità e di diffusività tali da porre in pericolo la pubblica incolumità, dovrà rispondere del delitto di incendio doloso. L' art. 424 c.p. prevede quindi l'incendio come fenomeno empirico che esula dall’intenzione dell'agente; pertanto, il pericolo di incendio integra condizione oggettiva di punibilità e, come tale, estranea al dolo. È alla luce di questi principi che la Corte ha ritenuto che, nel caso di specie, l’indagato ha provocato un incendio di significative proporzioni, che ha assunto connotazioni di diffusività contenute e neutralizzate solo con l’intervento dei Vigili del Fuoco, considerato peraltro che l’incendio ha coinvolto varie autovetture. Tali elementi non consentono, secondo la Corte, di nutrire dubbi sulla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 423 c.p. contestato all’indagato, e non permettono, altresì, la riqualificazione invocata, ai sensi dell'art. 424 c.p., né sul piano oggettivo né sul piano soggettivo, con conseguente rigetto del ricorso e condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Segnalazione a cura dell’Avv. Corina Torraco


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