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Diritto Penale

GUIDA IN STATO DI EBREZZA - RECIDIVA - Cass., sez. IV, 12.10.2020, n. 28293.

LA MASSIMA

Con il termine "recidiva" (non in senso tecnico, ma col generale significato riconducibile all'aggettivo "recidivo", nel senso di chi ricade in una situazione di colpa o comunque negativa) il legislatore del codice della strada intende riferirsi semplicemente alla situazione di chi, già condannato per la commissione di una condotta illecita, penalmente rilevante, sussumibile nella generale figura criminosa del reato di guida in stato di ebbrezza di cui all'art. 186, comma 2, C.d.S., venga nuovamente condannato (nel biennio) per lo stesso reato, ma nella sua forma più grave (quella della lett. c). Ciò che comporta, rispetto al "non recidivo", un trattamento più severo esclusivamente sul piano amministrativo, derivandone (non la sospensione ma) la revoca della patente del soggetto condannato.


IL CASO

Con sentenza del 20.11.2019 la Corte d’Appello di Milano ha confermato la pronuncia di condanna nei confronti dell’imputato per il reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c) cod. strada, disponendo la revoca della patente di guida in applicazione della disciplina sulla recidiva nel biennio prevista dalla medesima disposizione. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, lamentando, in primo luogo, che l’istituto della recidiva nel biennio sancito dall’art. 186, comma 2, lett. c) cod. strada sarebbe applicabile unicamente all’ipotesi di commissione, nell’arco dei due anni, del medesimo reato e non anche, come nel caso di specie, di una fattispecie diversa, quale quella prevista dall’art. 186, comma 2, lett. b) cod. strada. In secondo luogo, la difesa ha dedotto vizio di motivazione in merito al diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena.


LA QUESTIONE

La questione concerne la qualificazione e l’ambito applicativo della recidiva nel biennio disposta dall’art. 186, comma 2, lett. c) del codice della strada. In particolare, secondo la tesi difensiva, l’istituto in esame sarebbe applicabile alle sole ipotesi in cui entrambe le condotte, commesse nell’arco di due anni, siano riconducibili alla medesima disposizione e, quindi, alla fattispecie di cui alla lettera c) che espressamente lo prevede. Il carattere di autonomia reciproca che connota le ipotesi punite dalle lettere b) e c) dell’art. 186, comma 2, cod. strada impedirebbe, invece, che tale forma di recidiva possa produrre i propri effetti in presenza di fattispecie che, seppure commesse nel biennio, siano inquadrabili l’una nella lettera b) e l’altra nella lettera c) della disposizione in parola. In tal caso mancherebbe, secondo la ricostruzione della difesa, il carattere di identità delle condotte e non sarebbe ravvisabile una vera e propria reiterazione.


LA SOLUZIONE

La Corte ha confermato che la recidiva nel biennio, pur essendo ontologicamente diversa dall’istituto previsto dall’art. 99 c.p., presenta una parziale analogia con quest’ultimo. È orientamento consolidato che anche la previsione di cui all’art. 186, comma 2, lett. c) cod. strada, al pari della recidiva codicistica, possa trovare applicazione unicamente nel caso in cui le due condotte contestate ricadano nella medesima disposizione incriminatrice.

Ciò, tuttavia, non deve condurre a ritenere che quest’ultima debba essere individuata necessariamente, per entrambe le condotte, nella fattispecie di cui alla lettera c). Ed infatti, la collocazione normativa della previsione impone solamente di accertare che la seconda condotta presenti gli elementi costitutivi propri dell’ipotesi più grave di guida in stato di ebrezza, non anche la prima. Di conseguenza, la recidiva nel biennio non può considerarsi limitata, in assenza di un’espressa indicazione in tal senso, alle sole ipotesi in cui anche la prima contestazione, al pari della seconda, sia sussumibile nella lettera c) della norma richiamata, con esclusione di quelle punite con pena più lieve, inquadrabili nella lettera b).

A parere dei giudici di legittimità, sebbene sia orientamento pacifico che le due ipotesi di guida in stato di ebbrezza, punite ai sensi delle lettere b) e c) dell’art. 186, comma 2, cod. strada, costituiscano fattispecie autonome e incompatibili, modulate sulla base del differente tasso alcolemico rilevato, esse presentano struttura e finalità identiche. Entrambe le figure di reato sono dirette a tutelare i beni della vita e l’integrità personale piuttosto che la corretta circolazione stradale, denotando una ratio comune. Sicché la recidiva nel biennio deve essere interpretata quale misura finalizzata a inasprire le conseguenze di carattere amministrativo per chiunque, già condannato per il reato di guida in stato di ebrezza, sussumibile nella generale figura di cui all’art. 186, comma 2, cod. strada, viene nuovamente ritenuto responsabile per lo stesso reato, commesso entro due anni, ma nella sua forma più grave, ossia quella punita ai sensi della lettera c). Tale soluzione, sottolinea la Corte, è coerente con la finalità della disposizione in esame, diretta a reprimere ogni forma di progressione criminosa che ponga in pericolo il bene della vita tutelato.


Segnalazione a cura di Alessandra Manca Bitti


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