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Diritto Penale

FURTO - AGGRAVANTE - Cass. V Sez., 15 dicembre 2020, n. 35909

LA MASSIMA

“In tema di furto aggravato di cose esposte alla pubblica fede, il requisito della esposizione per "necessità" richiede che sia puntualmente accertata, in concreto, la sussistenza di una situazione determinata da impellenti e non differibili esigenze, che abbiano impedito alla persona offesa di portare con sé o custodire più adeguatamente la "res". Del pari, si è affermato come il requisito dell'esposizione per consuetudine - intendendosi per tale una pratica di fatto, generale e costante, rientrante negli usi e nelle abitudini generali di vita associata o di relazione, ancorché non imposta da un'esigenza dalla quale non si possa prescindere - non sia riconoscibile in relazione alla condotta di chi lasci la cosa incustodita per esigenze personali, quali la comodità, la dimenticanza o la fretta, mentre sussiste anche nel caso in cui la cosa si trovi in luoghi privati ma aperti al pubblico ed è soggetta a sorveglianza saltuaria, posto che la ragione dell'aggravamento consiste nella volontà di apprestare una più elevata tutela alle cose mobili lasciate dal possessore, in modo temporaneo o permanente, senza custodia continua”

“Con specifico riferimento agli impianti di videosorveglianza, è stato precisato come la circostanza aggravante dell'esposizione della cosa alla pubblica fede non possa ritenersi esclusa dall'esistenza, nel luogo in cui si consuma il delitto, di un sistema di tal genere, che non garantisce l'interruzione immediata dell'azione criminosa, mentre soltanto una sorveglianza specificamente efficace nell'impedire la sottrazione del bene consente di escludere l'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. proc. pen.”.


IL CASO

La vicenda in esame trae origine da una sentenza del Tribunale con la quale veniva dichiarata l’improcedibilità ex art. 162-ter c.p. in ordine al reato di furto, ascritto all’imputato. Invero, il giudice di merito escludeva l’aggravante dell’esposizione a pubblica fede, originariamente contestata, in quanto il furto si era consumato su beni posti a corredo di un locale adibito ad ufficio di una stazione di autolavaggio e, soprattutto, per la presenza sul luogo del reato di un impianto di videosorveglianza.

Avverso la sentenza del Tribunale, il Procuratore Generale presso la Corte d’ Appello proponeva ricorso per violazione di legge in riferimento all’aggravante di cui all’art 625 n.7, erroneamente esclusa del Giudice di merito.


LA QUESTIONE

La questione di diritto sottoposta alla Suprema Corte verteva, preliminarmente, sulla ricorrenza dell’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede nel caso di furto consumato su beni posti a corredo di un locale privato ma aperto al pubblico, attraverso la disamina dei requisiti della “necessità” e della “consuetudine”. La Corte veniva chiamata, altresì, a valutare la sussistenza di tale aggravante allorquando sul luogo del delitto vi sia la presenza di sistemi di videosorveglianza contro le indebite intromissioni.


LA SOLUZIONE

La Corte di Cassazione accoglieva il ricorso del Procuratore Generale.

Difatti, il Giudice di legittimità definiva innanzitutto il requisito di esposizione del bene a pubblica fede per “necessità”, il quale sussiste nel caso in cui, attraverso una valutazione in concreto della fattispecie, vi siano impellenti ed indifferibili esigenze atte ad impedire alla persona offesa di portare con sé o a custodire la “res” furtiva.

Del pari, in riferimento al requisito dell’esposizione a pubblica fede per “consuetudine”, la Corte affermava che questo non sussiste quando il bene è lasciato incustodito per mere esigenze personali, bensì nei casi in cui il bene si trovi in un luogo privato ma aperto al pubblico e funzionale all’assolvimento di specifiche prestazioni inerenti all’esercizio dell’attività ivi svolta.

Orbene, rilevata la presenza di tali requisiti, l’aggravante di cui l’art. 625 n.7 c.p. è riconoscibile allorché, nel luogo in cui si consuma il delitto, vi sia un sistema di videosorveglianza che non permetta ex se di interrompere assolutamente l’azione criminosa, ma, diversamente, si configuri come un mero supporto atto ad agevolare la saltuaria vigilanza, essendo inadatto a far venire meno l’aspettativa di astensione dalle indebite intromissioni nella sfera patrimoniale altrui. Di contro, la Corte ribadisce che l’aggravante in disamina va esclusa solamente allorquando il sistema di sicurezza sia idoneo, in maniera efficace, ad impedire assolutamente la sottrazione del bene.

Perciò, avendo il giudice territoriale erroneamente ritenuto il dispositivo di videosorveglianza idoneo ad impedire la consumazione del delitto di furto e avendo conseguentemente escluso la sussistenza dell’aggravante dell’esposizione a pubblica fede ex art. 625 n.7 c.p., la Suprema Corte annullava la sentenza di merito, con rinvio al Tribunale.



Segnalazione a cura di Francesco Ventura





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