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Diritto Penale

FRODE INFORMATICA - Cass., sez. II, sent. 17 marzo 2020, n. 10354

MASSIMA “La frode informatica (art. 640 ter cod. pen.) ha la medesima struttura e quindi i medesimi elementi costitutivi della truffa, dalla quale si differenzia solamente perché l’attività fraudolenta dell’agente investe non la persona (soggetto passivo), di cui difetta l’induzione in errore, bensì il sistema informatico di pertinenza della medesima, attraverso la manipolazione di detto sistema. Anche la frode informatica si consuma, pertanto, nel momento in cui l’agente consegue l’ingiusto profitto con correlativo danno patrimoniale altrui”.

IL CASO La questione in esame trae origine dal ricorso presentato dall’imputato, giudicato colpevole del reato di frode informatica ex art. 640ter c.p. Avverso la decisione della Corte d’Appello di Torino, veniva proposto ricorso dinnanzi alla Corte di Cassazione, mediante la formulazione di due motivi. Innanzitutto, si lamentava la violazione di legge in ragione dell’incompetenza per territorio del giudice adito, essendosi proceduto dinnanzi all’Autorità del luogo ove era stato conseguito l’ingiusto profitto. Per converso, ad avviso del ricorrente, la controversia doveva essere giudicata dinnanzi al giudice del luogo ove aveva sede il sistema informatico, ovvero nel luogo in cui si era consumato il depauperamento. In secondo luogo, lamentava la violazione di legge e il vizio di motivazione, in ragione del mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità, ai sensi dell’art. 131bis c.p.

LA QUESTIONE Il primo motivo di ricorso ripropone la controversia giurisprudenziale in ordine al tempus commissi delicti e alla competenza territoriale nel reato di frode informatica. In particolare, con la sentenza in commento, i giudici di legittimità ribadiscono l’opinione ormai consolidata, che ha definitivamente superato la tesi contraria. Ad avviso del ricorrente, infatti, il luogo di commissione del reato dovrebbe coincidere con quello in cui è avvenuta l’attività manipolatoria del sistema informatico. Orientamento che era stato seguito in passato da una parte dei giudici della Corte di Cassazione. Tuttavia, ad oggi risulta consolidato l’orientamento di segno contrario, che valorizza gli elementi comuni tra la truffa e la frode informatica. Quest’ultima costituisce, infatti, una modalità speciale e tipizzata rispetto alla truffa semplice, richiedendo la manipolazione del sistema informatico.

LA SOLUZIONE Riconosciute le similitudini con la fattispecie di truffa, i giudici di legittimità hanno ribadito la tesi prevalente, secondo la quale il reato deve considerarsi consumato nel momento in cui l’autore consegue l’ingiusto profitto. Infatti, ai sensi dell’art. 640ter c.p., la frode informatica si realizza con l’alterazione del funzionamento del sistema informatico o telematico, ovvero con l’intervento senza averne diritto sui dati, sulle informazioni o sui programmi informatici o telematici, così da trarne un ingiusto profitto con altrui danno. Dalla lettura della disposizione, pertanto, si rendono evidenti i rapporti con il delitto di cui all’art. 640 c.p., dal quale si distingue per la diversità delle condotte fraudolente, che consistono nell’attività intrusiva o alterativa del sistema. Infatti, tra le due fattispecie sussiste un rapporto di specialità, con il prevalere del delitto di truffa, laddove agli elementi in comune si aggiunga l’induzione in errore. Di conseguenza, la frode informatica consta della stessa struttura e degli stessi elementi costitutivi della truffa, ad eccezione dell’inganno alla persona offesa; condividendo anche il momento consumativo. Pertanto, questo deve valutarsi con riferimento al reato di cui all’art. 640 c.p. Fattispecie che si ritiene consumata nel momento in cui vengono integrati tutti i suoi elementi, fra i quali si annovera anche l’ingiusto profitto con altrui danno. Da tale considerazione è conseguita la conferma della competenza territoriale della giudice del luogo in cui si è consumato quest’ultimo elemento, comune ai due reati. Allo stesso modo, la Corte ha escluso l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, poiché il ricorrente era gravato da precedenti ostativi alla concessione di tale beneficio. In ragione di ciò, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Segnalazione a cura di Erik Giachello


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