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Diritto Penale

FRODE IN PUBBLICHE FORNITURE - 356cp - Cass. Pen., Sez.VI, 14 settembre 2020 n.29374

LA MASSIMA

“In tema frode in pubbliche forniture di cui all’art. 356 c.p., l’espressione “commette frode” non si riferisce alle condotte di mero consapevole inadempimento contrattuale, ma è necessario, ai fini della configurabilità del delitto, che l’autore del reato voglia perseguire un proposito fraudolento.

Il “quid pluris” rispetto al semplice inadempimento del contratto va individuato, quindi, nella malafede contrattuale, intesa come espediente malizioso o inganno, tale da far apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti.”


IL CASO

La Corte D’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’imputato, in ordine al reato a lui ascritto di cui all’art. 356 c.p, perché estinto per intervenuta prescrizione e confermava la sentenza impugnata quanto alle statuizioni civili applicate al predetto.

L’imputato, in qualità di amministratore della società appaltatrice dei lavori di realizzazione del palazzetto dello sport comunale, avrebbe commesso frode della esecuzione del contratto per aver fatto uso di materiali diversi da quelli promessi per la costruzione del tetto dell’immobile.

Con ricorso per Cassazione l’imputato ha dedotto, tra gli altri, vizio di motivazione e violazione della legge penale quanto alla configurabilità giuridica della fattispecie di cui all’art. 356 c.p.

In particolare, il ricorrente ha contestato l’orientamento giurisprudenziale adottato dai giudici di merito secondo il quale, per poter integrare il reato di frode nelle pubbliche forniture, sarebbe sufficiente il mero inadempimento contrattuale doloso.


LA QUESTIONE

La Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla possibilità che il mero inadempimento parziale doloso del programma obbligatorio possa essere sufficiente a configurare il reato di frode nelle pubbliche forniture.

Sul punto si contrappongono due differenti orientamenti giurisprudenziali.

Secondo un primo orientamento l’espressione “commette frode” si riferisce “ad ogni violazione contrattuale”, a prescindere dal proposito dell’autore di conseguire un indebito profitto o dal danno patrimoniale che possa derivare all’ente committente.

Pertanto, ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art. 356 c.p. è sufficiente il dolo generico, costituito dalla consapevolezza di consegnare cose in tutto o in parte difformi in modo significativo dalle caratteristiche convenute, o disposte con legge o con atto amministrativo, non occorrendo necessariamente la dazione di “aliud pro alio” in senso civilistico o un comportamento subdolo o artificioso.

In senso difforme, altro orientamento di legittimità ritiene che per “commettere frode” sia necessaria una “apparenza ingannatoria” ai danni della pubblica amministrazione, frutto di una condotta contraria al principio di buona fede nell’esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.).


LA SOLUZIONE

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha ribadito l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale ai fini della configurabilità giuridica del delitto di frode nelle pubbliche forniture sia necessario non soltanto il semplice inadempimento del contratto, ma anche un “quid pluris” individuabile nella malafede contrattuale, ossia la presenza di un espediente malizioso o di un inganno, tali da far apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti.

Il tema ha un suo profilo probatorio e di accertamento processuale atteso che, al fine della prova della malafede, in presenza di vizi è necessario distinguere tra vizi riconosciuti, riconoscibili ovvero in mala fede taciuti dall’appaltatore.

Nel caso di specie, veniva rilevata una obiettiva difformità della prestazione eseguita rispetto a quella pattuita a fronte di vizi riconoscibili e riconosciuti fin da subito (si erano verificate nel corso della realizzazione dell’opera infiltrazioni di acqua). A seguito dell’intervento della ditta appaltatrice per eliminare il vizio denunciato non venivano sollevate ulteriori contestazioni.

Pertanto, nessun vizio occulto e nessun espediente malizioso e ingannevole veniva posto in essere al fine di far apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti.


Segnalazione a cura di Giulia Fanelli



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