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Diritto Penale

FALSO MEDICO - Cass. pen. Sez V, 10 marzo 2020, n. 9393

MASSIMA L'attività infermieristica, nel momento in cui è svolta a diretto contatto del malato, è sempre attività di rilevanza pubblica, in quanto assicura il diritto alla salute costituzionalmente garantito. E a nulla rileva che sia svolta in strutture private non convenzionate col sistema sanitario nazionale. IL CASO La Corte d’Appello di Salerno confermava la sentenza del giudice di primo grado di condanna dei due imputati per i reati di cui agli artt. 81, co. 2, 476 e 479 per aver entrambi, quali infermieri di una clinica privata, attestato falsamente nelle schede infermieristiche valori e verifiche eseguite su alcuni pazienti, nonché apponendo sempre su tali schede firme false. LA QUESTIONE Con ricorso, gli imputati lamentavano l’erronea applicazione della legge penale. In particolare, affermavano di non essere investiti di funzioni pubblicistiche rilevanti ex art. 357 c.p. e che le cartelle redatte dal personale di strutture non accreditate con il servizio sanitario nazionale fossero assimilabili a mere scritture private. Da ciò ne sarebbe conseguita l’insussistenza del reato contestato, potendosi al più parlare del reato di cui all’art. 485 c.p., oramai depenalizzato. LA SOLUZIONE La Suprema Corte ha, invero, disatteso le doglianze dei ricorrenti sulla scorta della circostanza per cui l’infermiere, in ragione dell’attività espletata, riveste la qualità di incaricato di pubblico servizio, posto che tale attività persegue finalità pubbliche di rilievo costituzionale, garantendo il diritto alla salute, ai sensi dell’art. 32 Cost. che si inscrive, appunto, in un’attività diretta alla prevenzione, alla cura e salla alvaguardia della salute individuale e collettiva. La qualifica di incaricati di un pubblico servizio va riconosciuta, dunque, ad infermieri ed operatori tecnici addetti all’assistenza del malato, con rapporto diretto e personale, a prescindere che l’espletamento di detta attività sanitaria avvenga in strutture private accreditate ovvero che per essa si sia fatto ricorso a strumenti interamente privatistici, o che comunque la disciplina del rapporto di lavoro sia retta dalle norme del codice civile. La rilevanza pubblica dell’attività svolta non risulta elisa, risultando prevalenti le oggettive finalità di tutela e il rapporto diretto e personale dell’infermiere con il malato. Del resto, nel momento in cui l’infermiere redige la cartella infermieristica esercita anche un’attività amministrativa con poteri certificativi assimilabili a quelli del pubblico ufficiale. Pertanto, proprio perchè incaricato di un pubblico servizio, nel momento in cui compila la cartella infermieristica o le schede che la compongono (atti pubblici destinati a confluire nella cartella clinica) esercita poteri certificativi connessi alla sua attività, che si esplicano attraverso il rilascio di documenti aventi efficacia probatoria. Peraltro, deve precisarsi che la disposizione dell’art. 493 c.p. non dilata l'area degli atti pubblici (sono tali solo quelli formati nell'esercizio di una pubblica funzione), ma equipara quelli redatti dagli incaricati di un pubblico servizio agli atti pubblici, estendendo ai primi la tutela penale predisposta per i secondi. Ciò posto, la cartella infermieristica e le schede che la compongono contengono la registrazione dei dati, dei rilievi effettuati, delle informazioni raccolte, e l'insieme dei documenti di pertinenza infermieristica in relazione ad un determinato paziente, che contribuiscono ad assicurare il piano di assistenza personalizzato dello stesso. La cartella infermieristica e le schede che di essa fanno parte sono parte integrante della cartella clinica, in quanto completano la documentazione sanitaria del paziente. Costituendo, dunque, parte integrante della cartella clinica ne condivide la natura di atto pubblico munito di fede privilegiata con riferimento alla sua provenienza e ai fatti da questi attestati come avvenuti in presenza dell'autore. Le false attestazioni circa i valori e le verifiche dei pazienti apposte nelle schede infermieristiche devono dunque ritenersi ideologicamente false, ai sensi degli artt. 476-479 c.p.

Segnalazione a cura di Emanuela Condello.


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