LA MASSIMA
“Il dettato dell'art. 54 c.p., che presuppone l'attualità del pericolo, richiede che, nel momento in cui l'agente agisce contra ius - al fine di evitare "un danno grave alla persona" - il pericolo sia imminente e, quindi, individuato e circoscritto nel tempo e nello spazio.”
IL CASO
Il caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte trae origine dal ricorso proposto dagli imputati avverso la sentenza di condanna, emessa dal Tribunale in primo grado e confermata dalla Corte di Appello, in ordine ai reati di invasione di terreni o edifici pubblici o destinati a uso pubblico, ex artt. 633 e 639-bis c.p.
I ricorrenti denunciavo che la Corte territoriale avesse fornito una motivazione solo apparente in relazione alla scriminante dello stato di necessità, senza soffermarsi sulle deduzioni difensive e sulla valutazione concreta della posizione degli imputati.
LA QUESTIONE
Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione conferma il mancato riconoscimento nel caso de quo della scriminante dello stato di necessità, di cui all’art. 54 c.p.
La Corte distrettuale riteneva, difatti, inesistente il pericolo di danno grave alla persona nel caso di specie. Il giudice di appello ribadiva i principi già enunciati in sede di legittimità, secondo cui l'illecita occupazione di un immobile è scriminata dallo stato di necessità solo in presenza di un pericolo imminente di danno grave alla persona.
In particolare, non riteneva sufficiente la sussistenza di una permanente difficoltà economica, qualora non fosse connotata dal predetto pericolo, ai fini del riconoscimento della scriminante.
Lo stato di necessità, ex art. 54 c.p., esige che, nel momento esatto in cui l'agente agisce contra ius, sussista un pericolo imminente, individuato e circoscritto nel tempo e nello spazio, al fine di evitare "un danno grave alla persona".
La Suprema Corte ha, pertanto, confermato il precedente orientamento giurisprudenziale, che escludeva l’attualità del pericolo in tutte quelle situazioni, come l’esigenza di una soluzione abitativa, non contingenti, caratterizzate da una sorta di permanenza, essendo destinate a protrarsi nel tempo.
Infatti, ove, nelle suddette situazioni, si ritenesse configurabile lo stato di necessità, si finirebbe per alterare il significato e la ratio della norma, operando una inammissibile sostituzione del requisito dell'attualità del pericolo con quello della permanenza.
Giova, difatti, ricordare che tale interpretazione non sarebbe, altresì, ammissibile alla luce della natura eccezionale della scriminante de quo, che impone una interpretazione in senso stretto della norma.
LA SOLUZIONE
Tutto ciò premesso, la Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso perché fondato su motivi privi di specificità.
La declaratoria di inammissibilità totale dei ricorsi ha comportato, inoltre, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento di una somma di denaro, a titolo di sanzione pecuniaria, in favore della Cassa delle Ammende.
Segnalazione a cura di Marialba Giangregorio.
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