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Diritto Penale

DEBITI TRIBUTARI - CONCORDATO PREV. - Cass. Pen., Sez. III, sentenza del 20.02.2020, n. 13628

MASSIMA

“La mera presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo, anche con riserva, non impedisce il pagamento dei debiti tributari che vengano a scadere successivamente alla sua presentazione e, pertanto, la stessa domanda non assume rilievo, né sul piano dell’elemento soggettivo, né su quello della esigibilità della condotta, salvo che, in data antecedente alla scadenza del debito, sia intervenuto un provvedimento del tribunale che abbia vietato il pagamento di crediti anteriori».


IL CASO

Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione ha affrontato la questione relativa al rapporto tra la procedura di concordato preventivo del soggetto tenuto al versamento delle imposte e le conseguenze in termini di impossibilità o meno di adempiere all’obbligo di versamento imposto della legge tributaria, oltre alla successiva rilevanza di tale omissione sul piano penale.

Nel caso di specie, la Procura della Repubblica aveva presentato ricorso avverso l’ordinanza emessa ex art. 322-bis c.p.p. con cui era stato confermato il rigetto della richiesta di sequestro preventivo per equivalente di una somma di denaro nei confronti del legale rappresentante di una società per azioni indagato per omesso versamento delle ritenute di imposta. Secondo i giudici di merito, al momento della consumazione del reato, l’indagato, avendo chiesto l’ammissione alla procedura di concordato preventivo in bianco, ma non avendo ancora ottenuto il decreto di ammissione alla stessa, non avrebbe potuto esercitare i poteri di amministrazione in forza dell’art. 167 L. fall..

Secondo la Procura, invece, solo la presentazione del piano concordatario, costituirebbe il discrimine, in quanto da quel momento l'imprenditore sarebbe impegnato a garantire il soddisfacimento dei crediti in base al piano non potendo essere obbligato a pagamenti parziali diversi da quelli previsti nel piano stesso. La causa di giustificazione prevista dall'articolo 51 c.p. (adempimento del dovere) potrebbe configurarsi solo in presenza di provvedimenti che impongono di non adempiere all'obbligo tributario come l'ammissione al concordato ovvero, in alternativa, il provvedimento del tribunale di divieto dei pagamenti di crediti anteriori.


LA QUESTIONE

I giudici di legittimità hanno in primo luogo precisato che la procedura di concordato preventivo, a differenza della procedura fallimentare, non determini la privazione, per l’imprenditore in crisi, dell’amministrazione dei beni, consentendogli il compimento di alcuni atti gestori.

Di conseguenza, l’imprenditore che ha presentato una domanda di concordato conserva l’amministrazione del patrimonio e la gestione dell’impresa, potendo compiere gli atti di amministrazione ordinaria, mentre è prevista l’autorizzazione del tribunale per gli atti di straordinaria amministrazione.

Quanto alle condotte di omesso versamento, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che imprescindibile presupposto sia l’anteriorità del provvedimento di ammissione al concordato rispetto alla scadenza del termine di legge che segna anche il momento consumativo del reato di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10-bis. Ove l’obbligazione tributaria scadesse precedentemente alla domanda di concordato, non vi sarebbero dubbi sulla rilevanza penale dell’omissione.

LA SOLUZIONE

La corte, dunque, giunge alla conclusione che l’imprenditore in crisi, consapevole di avere un debito fiscale di prossima scadenza, sia tenuto a ponderare la miglior soluzione della crisi d’impresa e valutare in tale ambito anche le conseguenze penali dell’eventuale omissione del pagamento del debito, essendogli inibita la facoltà di opporre, per escludere la sua responsabilità, unicamente l’aver dato corso alla procedura negoziale di risoluzione della crisi d’impresa.

La causa di giustificazione di cui all’51 c.p. può essere, infatti, invocata esclusivamente nell’ipotesi in cui l’imputato sia stato destinatario di un ordine legittimo del tribunale civile con cui gli sia stato imposto il divieto di pagamento dei crediti anteriori alla proposta di concordato, o di una mancata autorizzazione al pagamento degli stessi, non potendo la stessa essere individuata nel provvedimento di ammissione, ai sensi della l. fall., art. 163, nei confronti di debito scaduto nelle more tra la presentazione del ricorso con riserva e la sua ammissione: non è possibile, infatti, accordare, ai fini penali, valore di scriminante all'ammissione al concordato rispetto a una condotta di reato già perfezionatasi.

La Corte ha dunque annullato il provvedimento impugnato ed ha rinviato il caso al Tribunale per un nuovo esame.


Segnalazione a cura di Francesca Miccoli




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