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Diritto Penale

CORRUZIONE - CONDOTTA Cass. Pen., Sez. VI, Sent. 6/11/2019 n. 45184

Aggiornamento: 23 dic 2019

LA MASSIMA In tema di corruzione, lo stabile asservimento del pubblico ufficiale ad interessi personali di terzi realizzato attraverso l’impegno permanente a compiere od omettere una serie indeterminata di atti ricollegabili alla funzione esercitata, integra il reato di cui all’art. 318 c.p. e non il più grave reato di corruzione propria d cui all’art. 319 c.p., salvo che la messa a disposizione della funzione abbia prodotto il compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio.


IL CASO La sesta Sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza in questione, ribadisce e conferma il principio giuridico tale per cui in tema di corruzione, viene integrato il reato di corruzione impropria ex art. 318 c.p. e non quello di corruzione propria di cui all’art. 319 c.p., allorché un pubblico ufficiale si ponga stabilmente al servizio di terzi per il perseguimento dei loro personali interessi, attraverso la permanente omissione o esecuzione di atti ricollegabili alla propria funzione, salvo il caso in cui la messa a disposizione della funzione abbia determinato il compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio. Nel caso in esame, durante le indagini preliminari, il GIP del Tribunale di Castrovillari emetteva ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti dell’indagato in qualità di Dirigente Responsabile dell’Area Tecnica edilizia del Comune di Cariati (CS) per corruzione propria continuata, ex artt. 81 e 319 c.p. Successivamente, il Tribunale del Riesame di Catanzaro, riformava l’ordinanza riqualificando l’operato del pubblico ufficiale in termini di corruzione per l’esercizio della funzione di cui all’art. 318 c.p. poiché non caratterizzata dall’adozione di atti contrari ai doveri d’ufficio. Di conseguenza il Tribunale del Riesame sostituiva la misura coercitiva degli arresti domiciliari con quella di cui all’art. 289 c.p.p. (sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio), per la durata di un anno. Contro tale ordinanza proponeva ricorso per Cassazione il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Castrovillari, basando i propri motivi di ricorso, tra gli altri, sull’erronea e falsa applicazione della legge penale in relazione agli artt. 318 e 319 c.p. con riferimento alla ritenuta sussistenza di un generico asservimento della funzione anziché di un asservimento caratterizzato dal compimento di atti formalmente legittimi che però erano finalizzati alla realizzazione di interessi privati in una logica volta a perseguire fini diversi da quelli istituzionali. Il P. M. corredava il proprio ricorso esponendo un asserito consolidato, pacifico e recente orientamento della giurisprudenza di legittimità.


LA QUESTIONE In virtù del ricorso con cui il P. M. chiedeva che fosse cassata l’ordinanza del Tribunale del riesame di Catanzaro, la Corte di Cassazione rilevava preliminarmente una mancanza di logicità nello stesso, poiché il ricorrente asseriva una falsa applicazione della legge penale in tema di corruzione, confermando però che l’indagato non aveva compiuto atti contrari ai doveri del proprio ufficio ma, al contrario, rispettando i parametri di legittimità avrebbe asservito la propria funzione a scopi privati di terzi. Inoltre, la Corte, rilevava che l’orientamento riportato dal P. M., non si configurava né come pacifico e consolidato né come più recente. Il Supremo Consesso infatti, dà conto di un più recente prospetto interpretativo in base al quale in tema di corruzione, lo stabile asservimento del pubblico ufficiale alla realizzazione di interessi personali di terzi, mediante il compimento o l’omissione di atti conformi ai doveri d’ufficio, non configura il reato di corruzione propria ex art. 319 c.p. ma quello più lieve di corruzione impropria ex art. 318 c.p.


LA SOLUZIONE La Corte pertanto, aderendo a tale ultimo orientamento, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal Pubblico ministero, ribadendo che commette corruzione impropria ex art. 318 c.p. il pubblico ufficiale che, tramite la stabile esecuzione di atti del proprio ufficio, persegua interessi privati altrui.



Segnalazione a cura di Lucia Marchegiani.

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