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Diritto Penale

CONFISCA - LOTTIZZAZIONE ABUSIVA - Cass. pen., Sez. III, 22 aprile 2020, n.12640


MASSIMA

“in tema di lottizzazione abusiva, la effettiva ed integrale eliminazione di tutte le opere eseguite in attuazione dell’intento lottizzatorio, nonché dei pregressi frazionamenti, con conseguente ricomposizione fondiaria e catastale nello stato preesistente ed in assenza di definitive trasformazioni, se dimostrato in giudizio ed accertata in fatto dal giudice del merito con congrua motivazione, rende superflua la confisca perché misura sproporzionata alla luce dei parametri di valutazione del principio di protezione della proprietà di cui all’art. 1 del Prot. n. 1, come interpretato dalla sentenza della Corte EDU del 28 giugno 2018, G.I.E.M. S.r.l. contro Italia.”


IL CASO

La vicenda trae origine dal ricorso dell’imputato avverso la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Salerno che aveva accertato la sussistenza del reato di lottizzazione abusiva e disposto la confisca delle aree abusivamente lottizzate e degli immobili ricadenti sulle stesse.

In particolare, con un unico motivo di ricorso il predetto deduceva violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla questione della legittimità della confisca in presenza dell’integrale ripristino della situazione antecedente all’intervento lottizzatorio abusivo, effettuato attraverso la demolizione di tutte le opere realizzate, la stipula di atti notarili finalizzati alla eliminazione delle conseguenze delle pregresse alienazioni, nonché la completa ricomposizione fondiaria e catastale tale da far venire meno le conseguenze del precedente frazionamento.


LA QUESTIONE

Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso fondato sulla base di quanto statuito dalla nota sentenza 28 giugno 2018 della Corte EDU – Grande Camera nella causa G.I.E.M. s.r.l. ed altri c/ Italia.

Con la pronuncia appena richiamata la Corte EDU, per quanto in questa sede rileva, ha preso in considerazione il problema della proporzionalità della confisca, riconoscendo, nei casi sottoposti alla sua attenzione ed assimilabili alla questione prospettata dal ricorrente, la violazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1 in ragione del carattere sproporzionato della misura ablativa.

La Grande Camera evidenziava che, ai fini della valutazione della proporzionalità della confisca, devono essere presi in considerazione diversi parametri quali la possibilità di adottare misure meno restrittive, come la demolizione di opere non conformi alle disposizioni pertinenti o l’annullamento del progetto di lottizzazione; la natura illimitata della sanzione derivante dal fatto che può comprendere indifferentemente aree edificate e non edificate e anche aree appartenenti a terzi; il grado di colpa o di imprudenza dei ricorrenti o, quanto meno, il rapporto tra la loro condotta e il reato in questione, aggiungendo che deve essere offerta la possibilità, alla persona interessata, di esporre adeguatamente le sue ragioni alle autorità competenti al fine di contestare efficacemente le misure che violano i diritto garantiti dall’art. 1 del Protocollo n. 1.

Date tali premesse, la Corte EDU affermava che l’applicazione automatica della confisca in caso di lottizzazione abusiva prevista, salvo che per i terzi in buona fede, dalla legge italiana è in contrasto con i principi richiamati, perché non consente al giudice di valutare quali siano gli strumenti più adatti alle circostanze specifiche del caso concreto e, più in generale, di bilanciare lo scopo legittimo soggiacente e i diritti degli interessati colpiti dalla sanzione.

Emerge, quindi, che secondo la Corte di Strasburgo deve sussistere un ragionevole rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito e che ad essa spetta valutare se sia stato mantenuto un giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale e l’interesse della parte in causa, lasciando allo Stato un ampio margine di apprezzamento sia per scegliere i mezzi da utilizzare che per giudicare se le loro conseguenze siano legittimate, nell’interesse generale, dalla preoccupazione di conseguire lo scopo perseguito, attribuendo particolare rilevanza alla possibilità di perseguire il medesimo fine attraverso l’adozione di misure alternative alla confisca, in modo tale da incidere meno pesantemente sul diritto di proprietà, rispettando, anche attraverso il ricorso agli altri parametri indicati, il rapporto di proporzionalità richiamato.

Ciò posto la Corte di Cassazione si è domandata se la integrale demolizione di tutte le opere eseguite in attuazione di un’attività di illecita lottizzazione, unitamente alla eliminazione dei pregressi frazionamenti e delle loro conseguenze, rispondano ai criteri di proporzionalità indicati dalla Corte EDU e rappresentino una valida alternativa alla confisca.


LA SOLUZIONE

Nel rispondere a tale quesito in modo affermativo per via di una interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata della vigente disciplina, i giudici di legittimità hanno precisato, in primo luogo, che se lo scopo è quello di ripristinare la conformità urbanistica dell’area interessata dall’intervento lottizzatorio abusivo, la riconduzione della stessa alle originarie condizioni deve essere effettiva ed integrale, non assumendo quindi rilievo interventi ripristinatori fittizi o soltanto parziali, dovendosi intendere come tali non soltanto quelli attuati mantenendo anche soltanto alcuni degli interventi realizzati, ma anche quelli resi impossibili dalle trasformazioni effettuate.

In secondo luogo, hanno poi rilevato che, in ogni caso, l’ambito di operatività di eventuali legittimazioni postume rimane confinato entro quello delineato dalla giurisprudenza di questa Corte la quale distingue tra provvedimenti emanati prima del passaggio in giudicato della sentenza -i quali comportano quale conseguenza, se legittimamente emanati, l’impossibilità per il giudice di disporre la confisca perché l’autorità amministrativa competente, riconoscendo ex post la conformità della lottizzazione agli strumenti urbanistici generali vigenti sul territorio ha inteso lasciare il terreno lottizzato alla disponibilità dei proprietari, rinunciando implicitamente ad acquisirlo al patrimonio indisponibile del Comune- e quelli emanati dopo il passaggio in giudicato della sentenza -rilevando che l’amministrazione comunale conserva la piena e incondizionata potestà di programmazione e di gestione del territorio, dovendosi però escludere che il successivo adeguamento degli immobili acquisiti agli standard urbanistici già vigenti ovvero l’adozione di nuovi strumenti urbanistici integri una fonte di retro-trasferimento della proprietà in favore dei privati già destinatari dell’ordine di confisca- che già rendono impossibile al giudice di ordinare la confisca, fermo restando poi, che in presenza di una lottizzazione abusiva deve escludersi la possibilità di sanatoria, disciplinata dall’art. 36 del D.P.R. 380/2001, delle opere realizzate in assenza di titolo abilitativo conseguente ad accertamento di conformità, dal momento che dette opere sono senz’altro non conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della loro realizzazione, sicché le stesse non sono sanabili.

Infine, l’intervenuto ripristino dovrà essere inconfutabilmente dimostrato da chi ha interesse a giovarsene, mentre al giudice del merito è richiesto un rigoroso ed effettivo accertamento in fatto che non può limitarsi ad una mera presa d’atto.


Segnalazione a cura di Ludovica Catena


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