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Diritto Penale

CONCORSO MATERIALE - TORTURA PRIVATA - Cass. III Sez. 31 agosto 2021, n. 32380

LA MASSIMA

La fattispecie di cui all'art. 613-bis c.p. è un delitto "a geometria variabile" che comprende sia la tortura privata sia quella pubblica. Il delitto di tortura (reato eventualmente abituale) può concorrere materialmente con quello di maltrattamenti (reato necessariamente abituale). Infatti, per l'integrazione dell'art. 572 c.p. possono rilevare anche fatti non penalmente rilevanti; viceversa, ai fini della configurabilità dell'art. 613-bis c.p. devono necessariamente considerarsi solo fatti che costituiscano di per sé reato (a seconda dei casi, minaccia, percosse, lesioni, violenza privata) e che si caratterizzino per la loro gravità ed idoneità a produrre acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico.


IL CASO

La Corte di appello di Napoli confermava la condanna di primo grado dell’imputato per una serie di reati, avvinti dal vincolo della continuazione, commessi ai danni della fidanzata. In particolare: 1. maltrattamenti aggravati dall’aver agito per motivi abietti e futili e con crudeltà verso la persona (art. 572 c.p.), per aver maltrattato la persona offesa con una serie di atti lesivi della sua integrità fisica e morale, sottoponendola ad un regime di vita vessatorio e violento così da rendere abitualmente dolorosa e mortificante la relazione; 2. violenza sessuale aggravata dalla relazione affettiva (artt. 81 cpv. e 609-bis c.p.p., art. 609-ter c.p.p., n.5-quater), perché con violenza, anche in tempi diversi, costringeva la fidanzata a subire e compiere atti sessuali a cui la stessa non riusciva ad opporsi a causa delle continue e reiterate violenze subite, della maggior forza fisica dell’imputato e del timore di possibili ritorsioni per sé e per i figli; 3. tortura privata (art. 613-bis c.p., co. 1 e 4)., perché con violenze e minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, privava la persona offesa della sua libertà personale chiudendola a chiave in casa e portando con sé le chiavi, cagionandole acute sofferenze fisiche, un verificabile trauma psichico ed una lesione personale (ecchimosi diffuse, escoriazioni diffuse, ustione di primo grado, frattura delle costole).

La difesa del ricorrente proponeva ricorso. In particolare, viene sostenuta la non configurabilità del delitto di tortura per la supposta mancanza degli elementi costitutivi necessari per l’integrazione di tale fattispecie incriminatrice: la privazione della libertà personale o la minorata difesa.


LA QUESTIONE

Il caso in esame consente alla Corte l’approfondimento di due questioni di importante rilievo giuridico. La prima questione attiene al delitto di tortura ed alla distinzione fra tortura pubblica e privata. La seconda questione riguarda invece il concorso materiale di tale reato con il delitto di maltrattamenti di cui all’art. 572 c.p.


LA SOLUZIONE

La Corte dichiara infondato il ricorso.

In primo luogo, vengono analizzate le origini e la struttura del delitto di tortura. Il divieto di tortura è previsto espressamente dalla Convenzione contro la tortura, ratificata dall’Italia con la L. 3 novembre 1988, n. 498. La Convenzione restringe l’ambito applicativo del delitto di tortura ai casi in vi è il coinvolgimento di funzionari pubblici. Tuttavia, agli Stati è consentito prevedere una fattispecie di più ampio raggio. Nell’ordinamento giuridico italiano è stata seguita questa seconda soluzione. La legge 14 luglio 2017, n.110 ha introdotto il reato di tortura all’art. 613-bis c.p. Il legislatore ha strutturato il reato di tortura come delitto "a geometria variabile", atteso che l’ambito di operatività della norma penale ricomprende sia la tortura privata (comune o orizzontale o impropria: art. 613-bis, comma 1) sia la tortura pubblica (di Stato o verticale o propria: art. 613-bis, comma 2). Si tratta di due autonomi titoli di reato a disvalore progressivo, tenuto conto della qualifica del soggetto attivo del reato: la tortura pubblica (reato proprio) se il soggetto attivo è un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio che commetta il fatto tipico descritto nell'art. 613-bis c.p., comma 1, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio; tortura privata (reato comune) negli altri casi. La collocazione della disposizione nel Titolo XII relativo ai delitti contro la persona e, più precisamente, nel Capo III, che disciplina i reati contro la libertà individuale, consente di individuare il bene giuridico protetto nella lesione della dignità umana, che si traduce nell’asservimento della persona umana e, di conseguenza, nell’arbitraria negazione dei suoi diritti fondamentali inviolabili. Ciò detto, la Corte chiarisce che l’elemento costitutivo della privazione della libertà personale non deve necessariamente conseguire, come erroneamente sostenuto dal ricorrente, ad un provvedimento giurisdizionale. L’art. 613-bis c.p., infatti, trova applicazione anche nel caso in cui la vittima del reato sia stata illegittimamente privata della libertà personale dall'autore del reato. Peraltro, la privazione della libertà personale non deve consistere necessariamente in una forma di detenzione, ma può risolversi anche in una limitazione della libertà di movimento, in linea con il dettato di cui all'art. 13 Cost., che si riferisce, oltre che alla detenzione, anche a qualsiasi altra restrizione della libertà personale.

La Corte, dunque, ritiene sussistente il reato di tortura privata. L’imputato, infatti, aveva posto la vittima in una condizione di completo assoggettamento e sconforto attraverso una pluralità di condotte afflittive reiterate e cronologicamente consistenti che le avevano procurato acute sofferenze fisiche e psichiche.

In secondo luogo, viene affrontato il tema del concorso con il reato di maltrattamenti. I due reati (tortura, reato eventualmente abituale e maltrattamenti, reato necessariamente abituale) possono concorrere materialmente posto che, in linea astratta, per l'integrazione dell'art. 572 c.p. possono assumere rilievo anche fatti non penalmente rilevanti, mentre ai fini della configurabilità dell'art. 613-bis c.p., devono necessariamente considerarsi solo fatti che costituiscano di per sé reato e che si caratterizzino per la loro gravità e per la loro idoneità a produrre acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, il concorso è stato ritenuto sussistente anche alla luce della diversa determinazione temporale del periodo di consumazione dei rispettivi reati (dal dicembre 2017 a luglio 2018 il reato di maltrattamenti: da luglio a settembre 2018, il reato di tortura). Infatti, la reiterazione di atti di violenza e minaccia non gravi, le continue offese verbali, le imposizioni, le futili pretese, le costanti umiliazioni, le sofferenze e le privazioni inflitte alla donna, avevano assunto i connotati tipici del delitto di maltrattamenti. Peraltro, viene ribadito il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità che ritiene l'art. 572 c.p. applicabile non solo ai nuclei familiari fondati sul matrimonio, ma a qualunque relazione sentimentale che, per la consuetudine dei rapporti creati, caso di specie la circostanza di dormire insieme tre notti a settimana, implichi l'insorgenza di vincoli affettivi e aspettative di assistenza assimilabili a quelli tipici della famiglia o della convivenza abituale.


Segnalazione a cura di Elena Banchi


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