LA MASSIMA
“Assume il ruolo di "concorrente esterno" il soggetto che, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell'associazione e privo dell'affectio societatis, fornisce un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, sempre che questo esplichi un'effettiva rilevanza causale e quindi si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative dell'associazione e sia diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso della medesima.”
IL CASO
Il caso sottoposto al vaglio della Corte di Cassazione trae origine dall’ordinanza impugnata con cui il Tribunale del Riesame sostituiva la misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari nei confronti dell’indagato, previa riqualificazione del reato di partecipazione in associazione mafiosa, nonché di estorsione aggravata anche dal metodo mafioso, in quello di concorso esterno alla predetta associazione, di cui all’art. 416-bis c.p.
Il ricorrente, in particolare, lamentava violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
LA QUESTIONE
Il Tribunale del riesame, adito ai sensi dell’art. 309 c.p.p., riteneva configurabile il concorso esterno in associazione mafiosa nei confronti dell’indagato. Quest’ultimo “chiedeva e faceva favori”, come riscuotere crediti e fornire il proprio aiuto nell’eludere le investigazioni, ma agiva come un “cane sciolto”, intrattenendo buoni rapporti con tutti. La condotta dell’agente, imprenditore colluso, seppur avvenuta in un periodo antecedente a quello in rilievo, ossia nel marzo 2013, forniva elementi indiziari circa le condotte future. Egli, inoltre, nel giugno 2016, passava informazioni all’avvocato, difensore di numerosi sodali e, a sua volta, concorrente esterno, circa attività in corso e, nel dicembre del medesimo anno, aiutava quest’ultimo a rimuovere una microspia dalla sua autovettura. Emergeva, infine, da dichiarazioni, nonché da intercettazioni telefoniche, la partecipazione del predetto a condotte di tipo estorsivo.
Il Tribunale del Riesame ha ritenuto, pertanto, che il ricorrente avesse apportato un rilevante contributo causale alla associazione mafiosa, in particolare, tramite condotte estorsive, nonché neutralizzando l’attività di monitoraggio sull’autovettura del predetto avvocato.
LA SOLUZIONE
Tutto ciò premesso, la Corte di Cassazione ribadisce il ruolo del “concorrente esterno” in associazione mafiosa. La Suprema Corte evidenzia, in particolare, che non è stato soddisfatto il requisito di cui all’art. 273, commi 1 e 1-bis, c.p.p., in relazione agli elementi costitutivi del delitto di concorso esterno in associazione mafiosa.
Invero, i fatti venivano esposti in maniera frammentaria e posti in correlazione tra loro, valorizzando elementi di contorno o di dubbia valenza, ovvero creando connessioni tra vicende verificatesi ad anni di distanza. Tali elementi potrebbero essere utilizzati al fine di confermare un quadro indiziario già delineato, mentre non potrebbero costituirne le fondamenta.
La Suprema Corte, pertanto, nel ritenere non sussistenti i gravi indizi di colpevolezza nei confronti dell’odierno ricorrente ribadisce che il concorrente esterno è colui che, seppur non inserito stabilmente nella struttura associativa, fornisce un concreto e consapevole contributo all’associazione mafiosa. Seppure nella prospettiva cautelare, difatti, “l’efficienza causale in merito alla concreta realizzazione del fatto criminoso collettivo costituisce un elemento essenziale e tipizzante della condotta concorsuale e deve essere verificata ex post, alla stregua della reale efficacia condizionante della condotta atipica del concorrente.”
Per le considerazioni sin qui esposte e ritenuti fondati gli altri motivi di ricorso, la Corte di Cassazione annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale.
Segnalazione a cura di Marialba Giangregorio.
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