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Diritto Penale

BANCAROTTA FRAUDOLENTA DOCUMENTALE - Cass. V Sez. 15 settembre 2021, n. 34025

LA MASSIMA

“In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l'occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa - in seno all'art. 216, comma primo, lett. b), I. fall. - rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest'ultima integra un'ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi. Si parlerà, dunque, nel primo caso, di bancarotta fraudolenta documentale specifica, sorretta dal dolo specifico; nel secondo, di bancarotta fraudolenta documentale generica, sorretta dal dolo generico”


IL CASO

La Corte d’Appello confermava la sentenza con cui il giudice di prime cure aveva condannato due imputati per i reati fallimentari rispettivamente ascrittigli in relazione al fallimento di una S.r.l., ed entrambi i prevenuti, avverso tale decisione, proponevano ricorso dinanzi alla quinta sezione della Suprema Corte, deducendo i motivi che seguono.

Il primo imputato eccepiva violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’art. 216, comma 1 n. 2) L. fall., in quanto il giudice di secondo grado avrebbe attribuito rilevanza penale a delle mere difficoltà ricostruttive del patrimonio del fallito e, inoltre, non avrebbe illustrato quali fossero state le difficoltà incontrate dal curatore nella ricostruzione della prefata situazione economico-finanziaria; altresì, il prevenuto eccepiva vizio di motivazione, con riferimento alla ritenuta sussistenza del dolo specifico, giacché la corte territoriale non avrebbe adeguatamente risposto ai rilievi difensivi formulati con l’atto d’appello, e difetto di motivazione circa la censura difensiva con cui veniva invocata la configurabilità del reato bancarotta semplice.

Entrambi gli imputati eccepivano vizio di motivazione con riferimento alla violazione di cui all’art. 217 comma 1 n. 4) L. fall. , in quanto la Corte d’Appello, nel valutare la sussistenza della colpa grave, non avrebbe tenuto conto delle condotte attuate dai prevenuti nell’arco temporale circostanziato nell’atto d’impugnazione.

Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione instava per l’inammissibilità del ricorso.


LA QUESTIONE

Il giudice di legittimità, con la pronuncia in esame, è chiamato a chiarire gli elementi costitutivi del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, in particolare sotto il profilo soggettivo, tenuto conto delle doglianze prospettate dai ricorrenti circa la sussistenza o meno del dolo specifico in capo all’imputato.


LA SOLUZIONE

La Suprema Corte, preliminarmente, precisa che l’art. 216 comma 1 n. 2) L. fall. configura due autonome e alternative ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale: la prima condotta incriminata (c.d. bancarotta fraudolenta documentale specifica), consistente nell’occultamento delle scritture contabili - mediante sottrazione, distruzione o falsificazione delle stesse - è sorretta dal dolo specifico, cioè in capo al soggetto agente è richiesta l’intenzionalità di procurare, con il proprio contegno, un ingiusto profitto a sé o ad altri ovvero di recare pregiudizio ai creditori; circa la seconda fattispecie, questa si manifesta nell’irregolare tenuta delle scritture contabili e, sotto il profilo soggettivo, richiede il dolo generico, inteso come consapevolezza da parte dell’agente di arrecare pregiudizio al ceto creditorio con il proprio contegno.

Sulla scorta di quanto sopraesposto, la Suprema Corte sgombrava il campo dal primo motivo di ricorso - ritenuto generico, infondato e meramente fattuale - con cui il ricorrente eccepiva vizio di motivazione in merito alla ritenuta sussistenza del dolo specifico; precisamente, la Cassazione chiariva che il reato contestato dal ricorrente è stato correttamente qualificato dal giudice di secondo grado come bancarotta fraudolenta documentale generica, sicché per la corte territoriale è stato sufficiente dimostrare la sussistenza del dolo generico in capo all’imputato.


Segnalazione a cura di Marco Gattullo





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