LA MASSIMA
È da escludere che il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte rimanga assorbito nel delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale. Infatti, alla conclusione del concorso apparente non può pervenirsi all'esito di un confronto strutturale tra le fattispecie, ma soltanto attraverso la considerazione che, stando all'id quod plerumque accidit, la sottrazione al pagamento delle imposte può essere il momento di una complessa strategia distrattiva, volta consapevolmente a danneggiare chi sui beni sottratti avrebbe titolo per soddisfarsi. (…) Dalla comparazione strutturale delle fattispecie emerge invece una chiara diversità nella soggettività dell'illecito fallimentare rispetto a quello tributario e una altrettanto chiara diversità dell'elemento psicologico nell'uno e nell'altro reato. Elementi che dimostrano il porsi le due norme in rapporto di specialità reciproca tra loro: speciale è infatti tanto l'oggetto del dolo della norma tributaria rispetto a quella fallimentare, quanto lo spettro dei destinatari di quest'ultima rispetto alla prima.
IL CASO
Tizio veniva condannato in primo grado per il delitto di bancarotta fraudolenta, commesso in qualità di amministratore della società X, dichiarata fallita.
Il giudice di seconde cure, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, aveva ritenuto che una delle condotte oggetto di contestazione non integrasse il reato di bancarotta fraudolenta e pertanto aveva assolto Tizio dalla corrispondente imputazione, riducendo l'entità della pena.
Avverso tale decisione, il prevenuto proponeva ricorso adducendo i seguenti motivi: violazione di legge e carenza di motivazione in ordine alla qualificazione del fatto come bancarotta fraudolenta per distrazione piuttosto che come violazione dell'art. 11 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74; carenza di motivazione in ordine alla infondatezza degli argomenti contenuti nella relazione di consulenza prodotta dalla difesa. Secondo il ricorrente, la sentenza non avrebbe chiarito perché la responsabilità dell'imputato sarebbe certa nonostante le produzioni documentali della difesa e non avrebbe indicato il percorso logico-giuridico posto a base della condanna, limitandosi a considerare l'intervenuto fallimento e ad applicare mere presunzioni per attribuire valore a circostanze indiziarie.
LA QUESTIONE
Nella sentenza in esame, la Corte di Cassazione si sofferma principalmente sui rapporti tra il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione e quello di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, previsto dall’art. 11 del d.lgs. n. 74/2000.
In particolare, la questione dell’ammissibilità del concorso tra i due reati è stata oggetto di contrasto giurisprudenziale. Secondo un primo orientamento, il concorso sarebbe ammissibile, alla luce della non sovrapponibilità delle due fattispecie e, di conseguenza, alla non applicabilità della clausola di sussidiarietà né del criterio di specialità.
Secondo altro orientamento, invece, la sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, è una condotta che può inserirsi in una più ampia strategia distrattiva, volta a danneggiare colui che sui beni sottratti abbia titolo per soddisfarsi, sicché, ove tale condotta sia finalizzata al fallimento o comunque attuata in vista del fallimento o da questo seguita, la distrazione operata a danno del fisco non dovrebbe essere punita due volte. Non potrebbe, dunque, parlarsi di concorso formale tra i due reati, essendo medesima la condotta e la sua finalità, ossia quella di danneggiare i creditori.
Tale contrasto era stato risolto dalla Cassazione la quale, aderendo al primo orientamento, aveva evidenziato come le due fattispecie fossero caratterizzate da una specialità bilaterale, non disciplinando le stesse materie e non tutelando il medesimo bene giuridico.
LA SOLUZIONE
La Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha richiamato un proprio orientamento giurisprudenziale, risolutivo della questione, favorevole all’ammissibilità del concorso formale tra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale ed il delitto previsto dall'art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000.
Secondo i giudici di legittimità, nel decidere tra concorso apparente di norme o concorso formale (o materiale) di reati non operano criteri valutativi diversi da quello di specialità previsto dall'art. 15 c.p., il quale è unicamente incentrato sulla comparazione della struttura astratta delle fattispecie al fine di apprezzare l'implicita valutazione di correlazione tra norme effettuata dal legislatore. Ne discende non solo l'estromissione dei criteri valoriali della sussidiarietà e della consunzione da quelli legittimamente impiegabili, ma anche del criterio della c.d. specialità in concreto, che ammette il concorso apparente di norme laddove queste concorrano a sanzionare il medesimo fatto o gruppo di fatti storici.
Non rileva, dunque, né la omogeneità dei beni giuridici tutelati dalle diverse fattispecie incriminatrici né il loro contingente convergere sul medesimo avvenimento concreto. È invece ess decisiva la sussistenza tra di esse un rapporto di specialità in astratto, tale per cui, dal loro confronto strutturale, emerga che l'una contiene gli stessi elementi dell'altra ad eccezione di alcuni, presenti in una soltanto e perciò definiti "specializzanti".
Occorre, dunque, escludere che il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte rimanga assorbito nel delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale. Infatti, alla conclusione del concorso apparente non può pervenirsi all'esito di un confronto strutturale tra le fattispecie, ma soltanto attraverso la considerazione che, stando all'id quod plerumque accidit, la sottrazione al pagamento delle imposte può essere il momento di una complessa strategia distrattiva, volta consapevolmente a danneggiare chi sui beni sottratti avrebbe titolo per soddisfarsi. Tuttavia, il carattere «eventuale» che contrassegna tale situazione è già indicativo del fatto che un simile indirizzo ricorre in realtà al criterio della c.d. specialità in concreto, facendo dipendere dalla convergenza delle due norme sul medesimo fatto storico l'instaurarsi di un nesso di specialità tra esse. Dalla comparazione strutturale delle fattispecie emerge invece una chiara diversità dell'illecito fallimentare rispetto a quello tributario, dal punto di vista della soggettività (dal primo possono infatti essere raggiunti soltanto gli imprenditori falliti, dal secondo invece tutti i contribuenti) e dell’elemento psicologico (il dolo è infatti generico nella bancarotta fraudolenta per distrazione, specifico nella sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte). Tali elementi dimostrano il porsi le due norme in rapporto di specialità reciproca tra loro.
Sulla base dei principi richiamati, la Corte dichiara inammissibili i motivi di ricorso addotti da Tizio il quale, erroneamente, al fine di sostenere l'assorbimento del delitto di bancarotta fraudolenta nel reato di cui al citato art. 11, aveva fatto ricorso al criterio della c.d. specialità in concreto, facendo dipendere dalla convergenza delle due norme sul medesimo fatto storico l'instaurarsi di un nesso di specialità tra esse.
Segnalazione a cura di Gaya Carbone
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