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Diritto Penale

ATTENUANTE 116 cp - DIVIETO DI PREVALENZA - Corte Cost. 31 marzo 2021, n. 55

IL DISPOSITIVO

“La Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, del codice penale, come sostituito dall’art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 116, secondo comma, cod. pen., sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen.”


IL CASO

La questione trae origine da un’ordinanza del Tribunale ordinario di Firenze che ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, c.p., come sostituito dall’art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 116, secondo comma, c.p. sulla circostanza aggravante della recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, c.p., nonché, in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, Cost., questioni di legittimità costituzionale della medesima disposizione, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza di più circostanze attenuanti sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, c.p.

Più nello specifico, il caso riguardava due persone imputate del reato di cui agli artt. 110, 116 e 628, secondo comma, c.p., perchè, in concorso tra loro e, comunque, previo concerto, avevano sottratto, dagli scaffali di un supermercato, alcuni generi alimentari di modico valore. Una volta giunti alle casse, al fine di assicurarsi il possesso della merce sottratta e procurarsi così l’impunità, uno dei due imputati aveva usato violenza contro la direttrice del negozio che, intervenuta per bloccarlo, veniva spintonata violentemente. Gli imputati, fuggiti all’esterno dell’esercizio commerciale, venivano poi bloccati dal personale della Polizia di Stato che li trovava in possesso della merce appena sottratta.

Valutate in concreto tutte le circostanze del fatto commesso, il giudice rimettente ritiene concedibili plurime circostanze attenuanti e ritiene, altresì, che le stesse debbano essere considerate prevalenti sulla recidiva reiterata, contestata ad uno degli imputati.

Tuttavia, il divieto posto dall’art. 69, quarto comma, c.p. osta al predetto giudizio di prevalenza.

Da qui la necessità, per il giudice rimettente, di sollevare le predette questioni di legittimità costituzionale.


LE QUESTIONI

La prima questione attiene all’irragionevolezza che il divieto assoluto di cui all’art. 69, comma 4, c.p., con riferimento alla circostanza attenuante di cui all’art. 116, secondo comma, c.p., determina in punto di pena.

In particolare, secondo il Giudice rimettente, la circostanza prevista dall’art. 116, secondo comma, c.p., anche se ad effetto comune, risulta meritevole di una considerazione peculiare, “in quanto necessaria ad assicurare la tenuta costituzionale dell’istituto del concorso anomalo” e, pertanto, non può essere automaticamente esclusa per effetto di un mero automatismo sanzionatorio.

Invero, la diminuente in esame risponde ai principi di proporzionalità, adeguatezza e prevedibilità della pena che concorrono a definire la sua portata rieducativa.

Di conseguenza, il divieto di prevalenza dell’attenuante in esame sulla recidiva reiterata vanificherebbe, ad avviso del rimettente, proprio tale funzione, imponendo al concorrente anomalo l’applicazione automatica della pena prevista per il reato più grave, senza alcun adeguamento sanzionatorio rispetto alle specificità del fatto voluto.

Da qui la violazione degli artt. 3, 25 e 27, comma 3, della Cost.

La seconda questione, da ritenersi subordinata e consequenziale alla prima, riguarda l’irragionevole divaricazione che si verrebbe a creare nel caso in cui vi siano più circostanze attenuanti, tutte concedibili in concreto.

In particolare, poiché nel caso in esame risulterebbero applicabili, nella loro portata massima, tutte le circostanze attenuanti prospettate dalla difesa - oltre a quella prevista dall’art. 116, secondo comma, c.p., anche la circostanza di cui all’art. 62, numero 4, c.p., nonché plurime attenuanti generiche di cui all’art. 62-bis c.p. - si configurerebbe una irragionevole divaricazione tra la pena da applicare in assenza del divieto di prevalenza ( 1 anno e mesi sei di reclusione) e la pena che invece andrebbe irrogata in presenza dello stesso (5 anni di reclusione).

Ciò determinerebbe, a detta del giudice rimettente, una palese violazione degli artt. 3, 25 e 27, comma 3, della Cost.


LA SOLUZIONE

La soluzione che la Corte Costituzionale fornisce si inserisce a pieno titolo in quell’opera di riscrittura che la stessa ha determinato in materia di effetti indiretti della recidiva e, in particolare, dei limiti imposti al giudizio di bilanciamento delle circostanze.

Invero, la Corte, richiamando i suoi precedenti in materia, conferma l’impostazione logico-giuridica seguita dal Giudice rimettente, e conferma l’illegittimità del divieto assoluto di prevalenza della circostanza in esame sulla recidiva reiterata.

Partendo proprio dall’evoluzione costituzionale che la stessa norma sulla recidiva ha subito, la Corte ribadisce la possibilità, per il giudice, di ritenere, nell’ambito dell’obbligatorio giudizio di bilanciamento delle circostanze eterogenee, la prevalenza, rispetto alla circostanza aggravante della recidiva reiterata, di singole circostanze attenuanti.

Ed invero, come più volte affermato dallo stesso Giudice delle Leggi, le deroghe legislative al regime ordinario del bilanciamento tra circostanze sono costituzionalmente ammissibili, purchè non “trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell’arbitrio”.

Ammessa la deroga, dunque, la Corte passa ad analizzare il caso specifico e rileva come il divieto di prevalenza dell’attenuante di cui al secondo comma dell’art. 116 c.p., rispetto alla recidiva reiterata qualificata, si rivela in contrasto proprio con i parametri costituzionali evocati dal giudice rimettente, ossia con i principi di cui agli artt. 3, 25 e 27 della Cost..

In merito, viene richiamata l’interpretazione adeguatrice e costituzionalmente orientata dell’art. 116 c.p., in virtù della quale il reato diverso da quello voluto dal concorrente richiede la sussistenza, non soltanto del rapporto di causalità materiale, ma anche di un ulteriore coefficiente di colpevolezza ( o nesso psicologico).

Ed è proprio in ragione del predetto nesso che il reato diverso si rappresenta al soggetto agente come lo sviluppo logicamente prevedibile (in concreto) di quello concordato e ne giustifica la responsabilità a titolo di concorso.

Tuttavia, al fine di adeguare e riequilibrare il trattamento sanzionatorio, il legislatore prevede l’attenuante di cui al secondo comma, consentendo così al giudice di applicare una pena proporzionata e adeguata al singolo fatto e garantendo la piena esplicazione della funzione rieducativa della pena.

Proprio l’esigenza di adeguare il trattamento sanzionatorio alle specificità del caso concreto verrebbe altrimenti frustrata se si applicasse in modo assoluto il divieto di cui al quarto comma dell’art. 69 c.p. che, pertanto, non risulta compatibile con il principio costituzionale di determinazione di una pena proporzionata e, di conseguenza, con la funzione rieducativa della stessa, con conseguente violazione degli artt. 25 e 27 della Cost.

L’illegittimità del divieto viene rilevata anche con riferimento alla seconda questione prospettata, ossia quella riguardante la violazione dell’art. 3 Cost.

In sintesi, e alla luce di tutte le considerazioni sopra esposte, il divieto censurato, vanificando la funzione cui assurge la diminuente di cui all’art. 116, secondo comma, c.p., ossia quella di riequilibrare il trattamento sanzionatorio in relazione alle specificità del fatto e, quindi, di sanzionare in modo diverso situazioni profondamente distinte sul piano dell’elemento soggettivo, si pone in contrasto con il principio di uguaglianza.

In conclusione, “deve dichiararsi l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, cod. pen., come sostituito dall’art. 3 della legge n. 251 del 2005, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 116, secondo comma, cod. pen., sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen.

“Dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale, consegue che la questione del medesimo art. 69, quarto comma, cod. pen., sollevata, in via subordinata, resta assorbita.”


Segnalazione a cura di Federica Colantonio


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