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Diritto Penale

ASSOCIAZIONE DI STAMPO MAFIOSO - Cass., Sez. V, 2 settembre 2021, n. 32767


LA MASSIMA

“Nel caso di procedimento per il delitto di cui all'art. 416-bis cod. pen., al fine di escludere la medesimezza del fatto, non rilevano né, dal punto di vista del soggetto partecipe, eventuali mutamenti nelle modalità di partecipazione (attività e ruoli), né, dal punto di vista dell'organizzazione criminale, eventuali mutamenti in ordine ai suoi equilibri interni in relazione al numero dei componenti, ma è necessario accertare o che le condotte sono successive all'archiviazione o che il soggetto sia passato ad una diversa organizzazione criminale ovvero che si sia verificata una successione nelle attività criminali tra organismi diversi, sia pure con lo stesso nome ed operanti nello stesso territorio.”


IL CASO

L’indagato per il reato di cui all’art. 416bis c.p. ha proposto ricorso avverso la decisione del Tribunale del Riesame, che aveva rigettato l’appello sulle istanze di revoca o di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere disposta dal G.I.P. In particolare, il ricorrente ha evidenziato che, in passato, era già stato emesso un provvedimento di archiviazione nei suoi confronti, relativo ai medesimi fatti, e che il nuovo procedimento si differenzierebbe soltanto per gli elementi di prova raccolti. Pertanto, egli ha chiesto che fosse dichiarata l’improcedibilità dell’azione penale, per non essere stata richiesta la riapertura delle indagini ai sensi dell’art. 414 c.p.p., con conseguente violazione del ne bis in idem.


LA QUESTIONE

Il problema di fondo involge l’effettiva portata della nozione di “medesimo fatto”, con riferimento al delitto di associazione di stampo mafioso di cui all’art. 416bis c.p. Infatti, soltanto dopo aver chiarito quali siano le condotte tipiche di tale fattispecie, la Corte di Cassazione ha potuto risolvere la questione processuale, legata all’utilizzabilità delle risultanze investigative in assenza di una riapertura delle indagini.


LA SOLUZIONE

Nel fornire soluzione all’interrogativo, i giudici di legittimità chiariscono fin da subito che l’esclusione della medesimezza del fatto non dipende da mutamenti nelle modalità di partecipazione, né da eventuali mutamenti degli equilibri interni dell’organizzazione criminale. Piuttosto, è necessario accertare che il soggetto sia passato ad un diverso sodalizio, ovvero che si sia verificata una successione nelle attività criminali tra organismi diversi, seppur con lo stesso nome e operanti nel medesimo territorio.

Allo stesso modo, il ne bis in idem è rispettato quando il nuovo reato di associazione mafiosa viene a configurarsi in relazione ad un periodo successivo rispetto a quello esaminato, quand’anche le condotte poste in essere siano identiche a quelle già giudicate. In questo caso, infatti, si tratta di fatti che si differenziano sotto il profilo storico-naturalistico e che integrano una nuova condotta delittuosa.

Per converso, la diversità non può ricavarsi dagli indizi, dalle prove e dalle manifestazioni della partecipazione al sodalizio, poiché tali elementi rimangono espressioni del medesimo fatto.

Risulta allora fondamentale il fattore cronologico, mentre non rilevano le variazioni nelle modalità di partecipazione, poiché si tratta pur sempre di affiliazione alla stessa associazione mafiosa. Infatti, nell’indagine in ordine alla medesimezza del fatto, occorrerà valutare la condotta tenuta dall’autore del delitto, con particolare attenzione al momento in cui essa si consuma, poiché questo elemento consente di ritenere integrata una nuova fattispecie. Viceversa, il semplice ricorso a modalità diverse, ma pur sempre finalizzate alla realizzazione del delitto di cui all’art. 416bis c.p. non sarà sufficiente per ritenere che i fatti siano diversi.

In ragione di ciò, i giudici hanno concluso la propria disamina con un’individuazione puntuale delle ipotesi in cui la medesimezza del fatto può essere esclusa. Ciò avverrà qualora la condotta sia realizzata dopo l’archiviazione dell’indagine, ovvero qualora il soggetto sia passato ad una nuova organizzazione o si sia verificata una successione di attività criminali tra organismi diversi. Viceversa, non rileveranno i mutamenti nelle modalità di partecipazione e i mutamenti degli equilibri interni dell’associazione, in relazione al numero dei componenti.

Tali considerazioni si ripercuotono sul regime processuale dei reati permanenti. In presenza di un'archiviazione, gli atti raccolti in precedenza e riguardanti il medesimo fatto saranno inutilizzabili ai sensi dell’art. 414 c.p.p., laddove non siano stati preceduti da un provvedimento di riapertura delle indagini. Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha disposto l’annullamento del provvedimento impugnato limitatamente alle condotte realizzate nel medesimo arco temporale.


Segnalazione a cura di Erik Giachello





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