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Diritto Penale

ART. 81 cpv cod.pen. - Cass. pen., sez. III, 3 dicembre 2019, n. 49026

MASSIMA «È normalmente ammissibile, salva l’esclusione sulla base di concreti elementi di fatto, la continua-zione tra il reato di costruzione senza concessione edilizia e quello di violazione dei sigilli di cui all’art. 349 c.p. e ciò sul rilievo che l’identità del disegno criminoso non consiste in una unità dell’elemento volitivo, ma in una unità di ordine intellettivo, per effetto del quale più reati sono ri-conducibili a un programma unico, rivolto al raggiungimento di un determinato fine. Pertanto è sufficiente che i singoli reati siano individuati nelle loro linee essenziali e concepiti anche in termini di eventualità, giacché il momento volitivo si pone, di volta in volta, nella concreta realizzazione di ciascuno di essi».

IL CASO Un imputato veniva condannato con due sentenze separate, entrambe divenute irrevocabili, per le contravvenzioni di cui agli artt. 20 lett. c) l. n. 163/1985 e 163 d.lgs. 490/1999, e per il delitto di cui all’art. 349 c.p. Il giudice dell’esecuzione, ravvisando la continuazione tra i reati edilizi e la viola-zione di sigilli, rideterminava la pena. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il Pubblico Ministero, deducendo con un unico motivo la violazione dell’art. 81 c.p.

LA QUESTIONE La questione affrontata dalla Suprema Corte riguarda la riconducibilità di reati eterogenei al requisito del “medesimo disegno criminoso” richiesto dall’art. 81, comma secondo, c.p. ai fini dell’integrazione dell’istituto del reato continuato. La parte pubblica escludeva che le contravvenzioni edilizie e il delitto di violazione di sigilli potessero ritenersi avvinti dalla continuazione in quanto le prime, in assenza di elementi contrari, sarebbero punite a titolo di colpa. Tale dato sarebbe stato in contrasto con il presupposto logico della configurabilità del vincolo continuativo, ovvero la preventiva progettazione di una serie di fatti di reato, ciascuno dei quali, per poter essere ritenuto attuazione del piano, deve presentare natura dolosa. Il PM dubitava inoltre della compatibilità del delitto di cui all’art. 349 c.p. con la preordinazione di un disegno unitario, atteso che la violazione di sigilli apposti sull’immobile mesi dopo l’inizio della sua costruzione, più che attuazione di un progetto criminoso, costituiva un’eventualità legata ad eventi occasionali.

LA SOLUZIONE La Corte di Cassazione ritiene il ricorso manifestamente infondato, stante la natura fattuale dell’accertamento richiesto ai fini della verifica della riconducibilità di più reati ad un unico disegno criminoso. Tuttavia i giudici di legittimità svolgono alcune osservazioni in merito all’istituto della continuazione. Quanto alla questione relativa all’ammissibilità di configurare tale vincolo tra reati eterogenei, la Corte sottolinea che l’art. 81, secondo comma, c.p. assume portata generale e, pertanto, è applicabile senza limitazioni a reati di categorie diverse e sanzionati con pene eterogenee. Sulla punibilità a titolo di colpa delle contravvenzioni, poi, i giudici di legittimità chiariscono che l’art. 42, comma quarto, c.p., a mente del quale «nelle contravvenzioni ciascuno risponde della pro-pria azione od omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa», non può essere interpretato nel senso che, in assenza di elementi contrari, l’elemento psicologico di tale tipologia di reati sia la colpa. La disposizione codicistica si limita infatti ad affermare che ai fini della punibilità delle contravvenzioni è sufficiente la colpa, non occorrendo il dolo. Ciò determina semplificazioni a li-vello probatorio, ma «non comporta, sul piano sostanziale, la trasformazione di tutte le contravvenzioni in reati colposi salvo prova contraria della natura dolosa dell’azione o dell’omissione». Natu-ralmente, però, ogniqualvolta la legge faccia discendere un effetto giuridico dalla forma di colpevo-lezza, è necessario accertare in concreto se la contravvenzione sia stata commessa con dolo o colpa. Al fine specifico dell’applicazione dell’istituto della continuazione si renderà necessario accertare la natura dolosa di tutti i reati coinvolti, compresi quelli di natura contravvenzionale. Del resto, sotto-linea la Corte con riferimento al caso di specie, appare difficile ipotizzare che l’obiettivo di realizza-re un immobile abusivo possa concretamente perseguirsi mediante condotte colpose. I giudici di legittimità operano poi ulteriori considerazioni in ordine al requisito del “medesimo di-segno criminoso”, evidenziando la distinzione tra elemento soggettivo delle singole fattispecie criminose coinvolte e scopo unitario perseguito dall’agente nella definizione del progetto criminoso. Quest’ultimo rappresenta l’obiettivo finale che il soggetto si propone con la commissione di più il-leciti, il movente dell’azione, e opera quindi su un piano distinto dal dolo, che costituisce invece elemento strutturale di ogni singolo reato posto in essere. Pertanto, l’unicità del disegno criminoso richiede che i vari fatti di reato siano concepiti e voluti sin dall’inizio nei loro termini essenziali e che non siano frutto di contingenze occasionali e determinazioni estemporanee. Nel caso di specie, tanto le contravvenzioni edilizie quanto il delitto di violazione dei sigilli sono orientati al medesimo scopo, ovvero la costruzione dell’immobile, e non può escludersi in astratto la sussistenza di un uni-co progetto criminoso. Non vi è infatti incompatibilità tra tale requisito del reato continuato e il delitto di violazione di sigilli, atteso che appare conforme alla logica ritenere che colui il quale si de-termini a erigere un manufatto in modo abusivo, preventivi di non tener conto di eventuali sequestri dell’opera e di proseguire i lavori pur di pervenire allo scopo finale.



Segnalazione a cura di Federica Torre

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