MASSIMA
“In forza della norma di cui alla L. 19 luglio 2019, n. 69, articolo 13, comma 2, lettera a), n. 3), il fatto di violenza sessuale commesso nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni diciotto costituisce ora una specifica circostanza aggravante del delitto di cui all'articolo 609 bis, rubricata all'articolo 609 ter c.p., comma 1, n. 5”
IL CASO
La Suprema Corte, chiamata a sindacare la legittimità del procedimento di esecuzione (più specificamente, la conformità a legge del rigetto dell’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva dell’ordine di carcerazione emesso a fronte di una sentenza di condanna per il delitto di violenza sessuale, nella sua forma attenuata, consumata nei confronti di un infradiciottenne) si è discostata dalle determinazioni del giudice dell’esecuzione il quale, sulla base di argomentazioni giuridiche non pienamente aderenti al dettato normativo, aveva individuato una condizione ostativa per la concessione immediata dei benefici penitenziari.
LA QUESTIONE
Il giudice dell’esecuzione, muovendo dal combinato disposto di cui agli artt. 656 c. 9 lett. a) c.p.p. e 4 bis c. 1 quinquies l. n. 354/1975 (che impone la positiva partecipazione al programma di riabilitazione specifica di cui all’art. 13 bis l. ord. pen. ai fini della concessione dei benefici ai detenuti e internati per determinati delitti commessi in danno di persona minore) e sposando un’opzione ermeneutica fondata sull’esistenza di un rapporto di specialità della norma contenuta nel comma 1 quinquies rispetto a quella del precedente comma 1 quater ultima parte dell'articolo 4 bis ord.pen., ha ritenuto prevalente l’elemento di specificazione costituito dalla minore età della persona offesa (contenuto nel citato comma 1 quinquies) rispetto a quello della qualificazione del fatto come di minore gravità (art. 4 bis c. 1 quater l. ord. pen.), per giungere a negare - attraverso un’argomentazione errata del rapporto tra le due norme e dei rispettivi ambiti di disciplina - la concessione immediata dei benefici penitenziari al condannato.
La valutazione della positiva partecipazione del condannato al programma di riabilitazione specifica previsto dall'articolo 13 bis ord.pen., costituisce un momento di giudizio particolarmente rigoroso per la concessione dei benefici penitenziari, sicché il previo rituale del suo espletamento è incompatibile con la possibilità che il condannato possa accedere immediatamente alle misure alternative alla detenzione.
Tuttavia, come rilevato dalla difesa, l’art. 4 bis c. 1 quater l. ord. pen., idoneo a derogare al divieto di sospensione dell'esecuzione della pena sancito in via generale per il delitto di violenza sessuale (escludendo che l'ipotesi attenuata prevista dall'articolo 609 bis c.p. comma 3 possa ricondursi nel catalogo dei reati ostativi alla concessione immediata dei benefici penitenziari) dimostra la natura eccezionale di tale catalogo, non suscettibile di interpretazione estensiva. Pertanto, alcuna preclusione ai fini della concessione dei benefici penitenziari, sussisterebbe se il fatto di minore gravità di violenza sessuale sia commesso anche in danni di minori.
Nel caso de quo (condanna per il reato di cui all’art. 609 bis c.p. in forma attenuata, commesso in danno di persona offesa infradiciottenne) il giudice, nel travisare l’art. 4 bis c. 1 quinquies, l. ord. pen. così come richiamato all’art. 656 c.p.p. c. 9 lett. a) quale condizione ostativa della sospensione dell’esecuzione della pena prevista al comma 5 del medesimo articolo, contemplante, per l'accesso alle misure alternative alla detenzione in carcere, la valutazione della positiva partecipazione del condannato al programma di riabilitazione specifica previsto dall'articolo 13 bis ord.pen., avrebbe effettuato un'inammissibile interpretazione estensiva, in malam partem, del catalogo di reati ostativi, di natura eccezionale, previsti al comma 1 quater.
LA SOLUZIONE
La Corte, attraverso una ricostruzione sistematica del reticolato normativo, dopo aver ribadito il principio per cui “il divieto di sospensione dell'ordine di esecuzione della pena non si applica all'ipotesi di violenza sessuale attenuata di cui all'articolo 609 bis c.p., comma 3, per effetto della mancata inclusione - in forza del rinvio normativo operato dall'articolo 656, comma 9, lettera a) - nel novero dei reati ostativi indicati dall'articolo 4 bis, comma 1 quater ord. pen., per i quali opera la presunzione di pericolosità superabile solo all'esito del periodo di osservazione scientifica della personalità condotta in forma collegiale per la durata di almeno un anno (sez. 1 n. 20373 del 24/04/2014; sez. 1 n. 2283 del 3/12/2013)” è giunta oltre, sino a ritenere che, siffatto principio debba affermarsi anche in relazione alla vicenda giudiziaria sottoposta alla sua cognizione, in relazione cioè a quei fatti di violenza sessuale ex articolo 609 bis c.p., per i quali è stata riconosciuta dal giudice della cognizione l'attenuante oggettiva della minore gravità e commessi in danno di persona minore degli anni diciotto prima dell'entrata in vigore della L. 19 luglio 2019, n. 69.
Sicché, nel chiarire l’ambito di disciplina dell’art. 4 bis l. ord. pen., la Corte, dopo aver spiegato la diversità dei contenuti applicativi dei commi 1 quater e 1 quinquies (ritenuti avvinti da un rapporto di complementarietà piuttosto che di specialità), ha affermato che, nel caso di riconoscimento dell’attenuante della minore gravità per il delitto di violenza sessuale, l'ordine di esecuzione della pena dovrà comunque essere sospeso (ove ricorrano gli altri requisiti richiesti dall'articolo 656 c.p.p.) indipendentemente dal fatto che il reato - commesso ante legem n. 69 del 2019 - sia in danno di persona maggiore o minore di età e a prescindere dalla scelta del reo di partecipare al programma trattamentale volontario di cui all'articolo 13 bis ord.pen. Ciò perché opinando diversamente, si perverrebbe alla conclusione, illogica e contraria alla ratio normativa, di sostituire al periodo minimo obbligatorio di osservazione in carcere ex comma 1 quater una diversa forma di trattamento riabilitativo rimesso alla volontà del condannato, in tutti i casi in cui la pena da espiare sia stata inflitta per reati sessuali in danno di soggetti minorenni, e dunque per reati strutturalmente connotati da maggiore gravità rispetto a quelli commessi nei confronti di persone maggiori di età. Il Supremo Consesso, in relazione alla vicenda sottoposta alla sua cognizione, ha concluso ritenendo che “nel caso di condanna per il delitto di violenza sessuale ex articolo 609 bis c.p. l'età infradiciottenne della persona offesa comporta la possibilità per il reo di partecipare al programma di riabilitazione specifica di cui all'articolo 4 bis comma 1 quinquies e articolo 13 bis ord. pen. a prescindere dalla maggiore o minore gravità oggettiva del fatto e dunque dal riconoscimento o meno dell'attenuante di cui al comma 3 della norma incriminatrice, senza che ciò interferisca col contenuto normativo del comma 1 quater del medesimo articolo 4 bis”, precisando altresì che la legge n. 69 del 2019 (il cui articolo 13, comma 2, lett. a) n. 3 ha codificato una specifica circostanza aggravante speciale nell’art. 609 ter c. 1 n. 5 c.p. per il delitto di cui all'articolo 609 bis, in luogo della precedente aggravante comune di cui all'articolo 61 c.p., n. 11 quinquies che resta in vigore per tutti gli altri delitti non colposi contro la libertà personale), sopravvenuta dopo i fatti giudicati con la sentenza in esecuzione, avendo determinato una modifica in pejus del trattamento sanzionatorio, non può trovare applicazione ai fatti antecedenti alla sua entrata in vigore così che i reati per i quali l’imputato è stato condannato restano dei delitti di violenza sessuale ex articolo 609 bis aggravati ex articolo 61 c.p., n. 11 quinquies, e non dei delitti di violenza sessuale aggravata ex articolo 609 ter c.p., (comma 1, n. 5), “e ciò anche agli effetti della norma di diritto penitenziario di cui all'articolo 4 bis, comma 1 quater, ord.pen., che esclude dal novero dei reati ostativi, per i quali opera la presunzione di pericolosità superabile solo all'esito dell'osservazione scientifica della personalità condotta in carcere per la durata di almeno un anno, le violazioni dell'articolo 609 bis c.p. per le quali sia stata riconosciuta l'attenuante del fatto di minore gravità.”
La Corte di Cassazione, pertanto, auspicando l’applicazione dei suindicati principi di diritto per il prossimo giudizio, ha annullato con rinvio l’ordinanza impugnata.
Segnalazione a cura di Mara Scatigno
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