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Diritto Penale

319 quater c.p. - CONSUMAZIONE - QUALIFICAZIONE - Cass. pen., Sez. VI, 10 luglio 2020 n. 20707


MASSIMA


“Nel delitto di induzione indebita, previsto dall'art. 319-quater c.p.. la condotta si configura come persuasione, suggestione, inganno, pressione morale con più tenue valore condizionante - rispetto all'abuso costrittivo tipico del delitto di concussione di cui all'art. 317 c.p. - della libertà di autodeterminazione del destinatario, il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché motivato dalla prospettiva di conseguire un tornaconto personale, che giustifica la previsione di una sanzione a suo carico nello schema descrittivo della fattispecie incriminatrice.”


IL CASO

Condannato a tre anni e sei mesi di reclusione per il reato di cui all’art. 319-quater, l’imputato ricorreva per la cassazione della sentenza impugnata. In particolare, il ricorrente, istruttore presso la Polizia Municipale, induceva la persona offesa a promettergli indebitamente la somma di 3.000 euro per accelerare una pratica di cambio di residenza presso un immobile comunale ed altri 3.000 euro da corrispondere ad altre persone che dovevano essere coinvolte per “sistemare” la pratica stessa.


LA QUESTIONE

Due le questioni affrontate nella sentenza in commento.

La prima concerne il tempus commissi delicti del reato di cui all’art. 319-quater c.p. Invero, in relazione alla fattispecie di induzione indebita, possono trovare applicazione i principi, elaborati in materia di corruzione, secondo i quali, in caso di commissione del reato mediante promessa il delitto può ritenersi consumato al momento della promessa e che successive pressioni o gli incontri preparatori in vista dell'adempimento, a meno che non sopraggiunga una novazione ovvero una sostanziale modifica della promessa, ovvero la dazione, non incidono sul perfezionamento del reato e sulla individuazione del momento di consumazione. Sulla individuazione del momento di perfezionamento e consumazione del reato non incide la natura bilaterale ovvero la struttura, a concorso necessario, del reato di corruzione.

Il reato di cui all'art. 317 cod. pen. costituisce una fattispecie a duplice schema, nel senso che si perfeziona alternativamente con la promessa o con la dazione indebita per effetto dell'attività di costrizione o di induzione del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, di modo che, se tali atti si susseguono, il momento consumativo si cristallizza nell'ultimo, venendo così a perdere di autonomia l'atto anteriore della promessa e concretizzandosi l'attività illecita con l'effettiva dazione, secondo un fenomeno assimilabile al reato progressivo. Pertanto, il reato di induzione indebita di cui all'art. 319 quater cod. pen. si perfeziona alternativamente con la promessa e/o con la dazione indebita per effetto della condotta induttiva e, del resto, con la sola promessa il delitto è da considerarsi già consumato.

La seconda questione, invece, attiene alla corretta qualificazione giuridica del fatto e al suo inquadramento nel delitto di induzione indebita piuttosto che nella fattispecie di truffa aggravata (artt. 640 e 61, n. 9 c.p.), oppure in quella di tentativo di induzione indebita.

Sul punto deve precisarsi che i reati di induzione indebita e di truffa aggravata, commessa da pubblico ufficiale, pur avendo in comune l'abuso da parte del pubblico ufficiale della pubblica funzione al fine di conseguire un indebito profitto, si differenziano per il fatto che nel primo colui che dà o promette non è vittima di errore e conclude volontariamente un negozio giuridico illecito in danno della P.A. per conseguire un indebito vantaggio; invece, nella truffa, il pubblico ufficiale si procura un ingiusto profitto sorprendendo la buona fede del soggetto passivo mediante artifici o raggiri ai quali la qualità di pubblico ufficiale conferisce maggiore efficacia. L’elemento costitutivo del delitto di induzione indebita rispetto alla truffa risiede pertanto nel fatto che nella prima fattispecie il privato è pienamente consapevole che la prestazione promessa o data non è dovuta ed egli accetta la pattuizione illecita per evitare il pregiudizio paventato dal pubblico agente.

LA SOLUZIONE

Nel caso in esame, non può parlarsi di sorpresa della buona fede della persona offesa, la quale, lungi dall’essere sopraffatta a causa di artifici o raggiri, consapevole sia del ruolo dell’imputato sia della criticità della propria posizione (posta la sua occupazione abusiva dell’immobile da cui intendeva trasferirsi) aveva dunque accettato di pagare la somma all’imputato. Scoperto poi che la sua pratica fosse stata evasa senza alcun tipo di “aiuto” dell’agente, lo aveva denunciato.

Rientrando dunque il fatto nella qualificazione di cui all’art. 319-quater c.p. e ritenendosi lo stesso consumato con la promessa della dazione di denaro, il reato è stato dichiarato estinto per prescrizione.

Segnalazione a cura di Emanuela Condello






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